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di Danilo Serra del 07/07/2016

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Nelle prime pagine della Lettera sull’«umanismo», Heidegger affronta la questione relativa al compito del pensiero, un compito che risiede nel portare a compimento «il riferimento (Bezug) dell’essere all’essenza dell’uomo» . Questa tensione del “portare a compimento” non indica un produrre o un generare. Il pensiero non produce e non genera nulla. Il pensiero porta piuttosto a compimento: «Portare a compimento significa: dispiegare qualcosa nella pienezza della sua essenza, condurre-fuori a questa pienezza, producere» . Dunque, seguendo questo significato, solo ciò che già è, può essere dispiegato e portato a compimento: «Ma ciò che prima di tutto “è” è l’essere» . Il portare a compimento indica allora un far “av-venire”, un portare alla luce e al linguaggio ciò che già è, ciò che è da pensare. Il pensiero offre il riferimento (Bezug), porta a compimento la manifestatività dell’essere. Nel pensiero, scrive Heidegger, «l’essere perviene al linguaggio» , ossia a quel linguaggio che è la casa dell’essere nella cui dimora abita l’uomo e che ha nei pensatori e nei poeti i suoi autentici custodi. Essi, infatti, portano, più di ogni altro, a compimento la manifestatività dell’essere e, «mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono» . Il pensiero, in quanto porta a compimento, agisce. E lo fa in maniera particolare, ossia rammemorando, ringraziando e custodendo.