[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1483443871979{padding-bottom: 15px !important;}"]L'irresistibile Onegin[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marzia Casillidel 10/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470940779100{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Ho trascorso un giorno intero dentro casa, con le finestre serrate, le tende chiuse, la tv spenta. Ho alzato il riscaldamento al massimo, girato per casa a piedi nudi, con addosso solo una lunga maglia a mezza manica, fumando, bevendo, ascoltando passaggi da Dylan a Vedder.
Ho letto e analizzato l’Onegin di Aleksandr Sergeevič Puškin (Mosca 1799 - S.Pietroburgo 1837) dalla traduzione di Giudici fino a tarda notte.