12 Giu L’uomo di Pascal. Tra miserie e grandezze
[vc_row css_animation="" row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_separator type="normal" css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Danilo Serra del 12/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470862794747{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]La dignità dell’uomo, tutto il suo merito, tutto il suo dovere consiste in questo: l’uomo deve pensare. Lo scriveva con chiarezza l’elegante Pascal, specie nell’ultimo anno della sua vita. La malattia lo aveva trasformato, piegandolo e costringendolo al dolore ed alla sofferenza. Fu probabilmente un tumore allo stomaco a condurlo alla morte il 19 agosto del 1662, a soli 39 anni. «Che Dio non mi abbandoni mai!», sarebbero state le sue ultime parole. Fino alla fine, fino all’ultimo battito, Pascal cercava di spronare sé e gli altri, senza mai cadere in esitazioni o perplessità: l’uomo è chiaramente fatto per pensare. La via del pensiero è l’unica in grado di innalzarlo verso cime sempre più estasianti. Il principio che muove la morale consiste nell’impegno arduo a ben pensare. Ma a cosa pensa la gente? Pensa mai alla propria condizione? Pensa la gente alla propria vita?