Diceva Hegel che l’ovvio, proprio perché tale, resta sempre non conosciuto poiché assunto come mero dato senza pensarlo. Se nelle cose della filosofia quasi sempre ciò che è ovvio è anche fragwürdig, ossia «degno di essere domandato»; nei suoiarcana, questo stesso ovvio diventa das Fragwürdigste, «la cosa fra tutte che è più degna di domanda». E cosa c’è di più ovvio sul piano storico di affermare che l’uscita da un conflitto qual è stato la Seconda Guerra Mondiale sia stata un’uscita con conseguenze profonde per tutta l’Europa e non certo solo per la Germania? Quindi, proprio perché cosa ovvia e proprio perché prendiamo sul serio Hegel, c’è da chiedersi se siamo davvero sicuri di aver già meditato a sufficienza cosa è stato per l’Europa lo scontro tra le tre ideologie più potenti della storia: il liberalismo-democratico, il comunismo e il fascismo-nazionalsocialismo. Tre ideologie legate a doppio filo al senso stesso della filosofia occidentale la quale si pone nei loro confronti come madre.
Nelle prime pagine della Lettera sull’«umanismo», Heidegger affronta la questione relativa al compito del pensiero, un compito che risiede nel portare a compimento «il riferimento (Bezug) dell’essere all’essenza dell’uomo» . Questa tensione del “portare a compimento” non indica un produrre o un generare. Il pensiero non produce e non genera nulla. Il pensiero porta piuttosto a compimento: «Portare a compimento significa: dispiegare qualcosa nella pienezza della sua essenza, condurre-fuori a questa pienezza, producere» . Dunque, seguendo questo significato, solo ciò che già è, può essere dispiegato e portato a compimento: «Ma ciò che prima di tutto “è” è l’essere» . Il portare a compimento indica allora un far “av-venire”, un portare alla luce e al linguaggio ciò che già è, ciò che è da pensare. Il pensiero offre il riferimento (Bezug), porta a compimento la manifestatività dell’essere. Nel pensiero, scrive Heidegger, «l’essere perviene al linguaggio» , ossia a quel linguaggio che è la casa dell’essere nella cui dimora abita l’uomo e che ha nei pensatori e nei poeti i suoi autentici custodi. Essi, infatti, portano, più di ogni altro, a compimento la manifestatività dell’essere e, «mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono» . Il pensiero, in quanto porta a compimento, agisce. E lo fa in maniera particolare, ossia rammemorando, ringraziando e custodendo.