20 Giu L’appressamento della morte nel romanzo di Iginio Ugo Tarchetti
[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470947909803{padding-bottom: 15px !important;}"]L'appressamento della morte nel romanzo di Iginio Ugo Tarchetti[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Primo De Vecchis del 01/07/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470948124948{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]Esistenza tormentosa e agitata fu quella di Iginio Ugo Tarchetti, scrittore nato a San Salvatore Monferrato nel 1839 e morto prematuramente di tifo a Milano nel 1869. Una vita segnata dalla malattia, la tisi o tubercolosi polmonare, ma anche dalla passione romantica: decise infatti di aggiungere al suo nome quello di Ugo in onore del Foscolo. Nella sua breve vita ci ha lasciato una manciata di racconti, per lo più postumi, e una serie di romanzi, dei quali il più famoso rimane Fosca, pubblicato nel 1869 dall’amico Salvatore Farina, che scrisse anche il capitolo XLVIII, seguendo le indicazioni fornite a voce dallo scrittore ormai morente.