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di Gabriele Rèpaci del 13/07/2016

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Il kemalismo è un fenomeno storicamente legittimo, e la sua legittimità è data dalla volontà annientatrice delle potenze occidentali dopo il 1918, che intendevano dissolvere oltre al’Impero ottomano anche la nazione turca.
È bene che questa ammissione venga fatta, prima di condannare (per altro giustamente) le modalità dispotiche con cui il kemalismo fu realizzato.
La violenza kemalista fu all’inizio una violenza difensiva contro una violenza maggiore, il banditismo spartitorio delle potenze vincitrici di Versailes e Sèvres.
La modernizzazione dispotica kemalista trova la sua legittimità storica originaria in una situazione di emergenza, di cui sono colpevoli al 100% le potenze occidentali vincitrici (Inghilterra, Francia, Italia, eccetera), cioè per l’appunto i peggiori fra i due contendenti della Prima Guerra Mondiale.

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di Francesco Di Turi del 30/06/2016

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Quando si parla di “storicità” un termine che riprendiamo da Heidegger, intendiamo nient’altro che la concentrazione attiva e sempre operante di tutte le esperienze che forgiano un determinato popolo, uno specifico individuo nella sua irripetibile unicità, o una particolare comunità religiosa. Essa è cosa diversa dalla mera «storia» di ognuno di essi. É per questo che nei contributi pubblicati si usa questo termine in alcuni contesti. Lo «storia di un popolo», infatti, così come il suo studio, è solo un passato messo a disposizione di ognuno, o per intrattenere la curiosità di qualche studioso, o perché si accresca qualche nozione e conoscenza astratta sulle vicende di quel determinato popolo. La «storicità di un popolo», al contrario, non è mai declinabile come «studio», non è qualcosa che possiamo maneggiare con le nostre mani e le nostre menti; essa è carne viva, agisce al di là di ogni volontà di manipolazione e non ha nulla a che vedere con la conoscenza, la cultura o il sapere; è, semmai, un fenomeno che sempre accompagna le individualità e le comunità. Verso di essa ciò che conta non si valuta sul piano della conoscenza bensì su quello dell’adesione o meno al senso di questa «storicità».