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di Elisa Di Agostino del 26/12/2016

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Dopo la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo nel 476, ci fu il crollo definitivo dell'impero romano d'occidente e si ebbe un periodo di recessione dal punto di vista sociale ma anche artistico e culturale.
Diverse popolazioni in ondate susseguenti, si stanziarono nella nostra penisola: una tra le più importanti fu quella dei Longobardi che si insediarono in Italia nel 568, guidati dal loro re Alboino. La loro lenta migrazione era iniziata due secoli prima, e dall'Elba, erano giunti fino allo Stivale.
Il loro insediamento interessò quasi tutta la penisola: nell'Italia settentrionale fondarono una Langobardia Maior con capitale Pavia e al centro sud una Langobardia Minor con i ducati di Spoleto e Benevento. I prodotti artistici dei nuovi conquistatori, erano costituiti soprattutto da arti minori, in particolare manufatti di oreficeria con intrecci e figure geometriche, arricchiti da pietre e paste vitree colorate. Questa popolazione nomade infatti, non era abituata a costruire edifici in pietra o grandi sculture proprio perché in continuo spostamento.
A Pavia nel VII secolo fu costruita la chiesa di Sant'Eusebio ma dell'originale oggi resta solo una spoglia cripta. L'arte romana influenzò notevolmente i nuovi conquistatori che si cimentarono nella costruzione di edifici complessi: nel nostro caso però ci fu una commistione di influenze artistiche che ben rappresenta questo periodo di transizione.
In piazza Leonardo da Vinci a Pavia (PV) è situata la cripta dell'ex Chiesa - oggi distrutta - di S. Eusebio. E' protetta da una pensilina di copertura.
Paolo Diacono, da cui provengono buona parte delle notizie che abbiamo sui Longobardi, racconta che la chiesa fu dapprima eretta da re Rotari (636-652) come cattedrale ariana, religione ufficiale della popolazione longobarda.
Tuttavia il processo di conversione al cattolicesimo iniziato da Teodolinda, si concluse proprio quando il Vescovo Anastasio la rese la sua sede e cambiò il nome in Sant'Eusebio, che era stato un accanito persecutore di ariani. La scelta del nome rappresenta proprio il passaggio al cattolicesimo e l'abbandono della vecchia dottrina considerata eretica dal Papa, rendendo questo edificio, ancora una volta, l'emblema di un periodo di passaggio e cambiamento.
Oggi la cripta si presenta come una struttura seminterrata semicircolare a cinque navatelle, divise da file di sottili colonne. Nella parte concava, per rendere lo spazio più facilmente fruibile, si sono eliminate due colonnine. Cicli di affreschi del XII-XII secolo, ancora parzialmente leggibili, la decoravano probabilmente in modo integrale.
La cripta di Sant'Eusebio fu rimaneggiata nel XI secolo, epoca a cui appartengono probabilmente anche le volte a crociera. Sicuramente originali sono i capitelli, uno dei rari esempi di scultura longobarda pervenuto sino a noi.
Probabilmente questi capitelli di forma tronco-piramidale erano decorati con pietre, come le fibule alveolate, in modo da sembrare preziosi monili. La commistione di due arti con scopi diversi, l'oreficeria cloisonné e la scultura/architettura, rende questi capitelli fondamentali per capire l'influsso che ebbe la cultura classica su una popolazione “barbarica”.
In un periodo di grande cambiamento l'assimilazione e l'incontro di due culture diverse, rese possibile la creazione di capolavori originali ed inusuali. La stilizzazione delle forme, che vorrebbero somigliare forse a delle foglie e riprendere la tradizione dei capitelli corinzi, raggiunge esiti estremi e diventa quasi decorazione geometrica.
Come scrisse Angiola Maria Romanini :
In altre parole la forma del capitello viene ricreata ex novo, in modo del tutto indipendente dagli esempi greci e in genere cosi antichi come tardo-antichi o bizantini; il che è affatto nuovo, inaudito, nell'area dell'antico impero. Servendosi delle forme dell'oreficeria “colorata”, l'autore di questi capitelli reinventa il concetto di capitello come “stretta di nodo” o “momento di passaggio” tra struttura “portante” ad elemento “portato”.
La struttura fu risistemata e studiata negli anni '60 del secolo scorso: gli scavi portarono alla luce tombe di epoca longobarda addossate alla struttura absidata assieme a porzioni di muratura di epoche e tecniche diverse. Sul muro absidale esterno si possono rinvenire laterizi sesquipedali manubriati, nella parete occidentale della cripta si distinguono laterizi frammentari di dimensioni diverse mentre le volte sono costituite da mattoni quadrati. Le differenze della muratura sono da leggersi come rifacimenti successivi o interventi di restauro ed integrazione dall'epoca longobarda sino al periodo protoromanico.
I capitelli oggi spogli - i rifacimenti successivi - gli affreschi sbiaditi e l'assenza di una struttura architettonica ben visibile rendono questo edificio difficilmente leggibile ed inscrivibile nel periodo in cui fu concepito e costruito. Resta però intatto il suo fascino di antica cattedrale, di punto di incontro di culture, religioni e tradizioni artistiche.
 
 
Per approfondimenti:
_Angiola Maria Romanini, L’arte medievale in Italia, Sansoni
_Pierluigi De Vecchi, L’arte nel tempo, Bompiani
_Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, libro IV, 42
_Adriano Peroni, La cripta di Sant'Eusebio, problemi e prospettive di un restauro in corso, in “Pavia”, 1966
 
© L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata

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di Elisa Di Agostino del 09/12/2016

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Corre il III secolo d.C. quando inizia il declino dell’Impero romano. L’instabilità politica, economica e sociale si aggrava con le invasioni barbariche. In questo momento di profonda crisi, si diffonde il cristianesimo, grazie soprattutto all’editto di Flavio Valerio Aurelio Costantino, l’imperatore romano (274/ 337 d.C.) che nel 313 d.C. riconosce la libertà di culto, con la capitale imperiale traslata a Costantinopoli, antica Bisanzio – oggi Istanbul. Le tipologie architettoniche romane, come la basilica e gli edifici a pianta centrale, vengono adattate alle nuove esigenze del culto cristiano. Anche i soggetti delle figurazioni sono ripresi dalla mitologia greco-romana, ma acquistano nuovi significati legati al messaggio cristiano.
[caption id="attachment_7068" align="aligncenter" width="1000"] A sinistra, cartina politica dell'Impero romano dopo la morte di Costantino. A destra l'Imperatore Costantino in un mosaico.[/caption]
Alla morte dell’imperatore il secolare Impero romano si dividerà in due porzioni principali: quella occidentale con capitale Roma e quella orientale con capitale Costantinopoli. Dunque, soffermandoci sugli edifici di culto, la prima architettura cristiana prende il nome di architettura Paleocristiana, la quale comprendeva manufatti a forte influenza classica. Le Basiliche sono grandi sale dove si potevano riunire i fedeli per la celebrazione dei riti e riprendono proprio il nome delle Basiliche romane. Gli interni sono similari, ma la struttura spaziale è molto diversa e risponde a funzioni diverse.
Oggi possiamo classificare due tipologie di Basiliche, quella romana e quella cristiana. La prima presenta due absidi ed aveva una funzione civile, diversamente la seconda solitamente era provvista di un solo abside, possedeva un altare ed era riservata al rito. L’ingresso delle basiliche cristiane aveva un asse preferenziale che va dall’ingresso all’altare: percorso obbligato che stava a simboleggiare l’avvicinamento a Dio. Altro simbolo divino era dato dalla luce, che significava proprio lo sguardo della divinità filtrante dalle finestre. Alle volte la struttura era preceduta dal quadriportico: un cortile porticato destinato ai non battezzati.
Nella città eterna di Roma – di forte rilievo – il mausoleo di Santa Costanza è un edificio a pianta centrale, di forma circolare situato, sulla via Nomentana, nei pressi della basilica di Sant'Agnese. Il mausoleo è costruito tra il 337 e il 361 e nel VII secolo, sorta S. Agnese, ne diviene il battistero.
In questo mausoleo fu sepolta Costanza, figlia del già citato Costantino. La struttura e la decorazione risalgono all'incirca al 350 d.C., ma questa struttura presenta delle particolarità che la rendono unica ed importantissima dal punto di vista storico artistico.
[caption id="attachment_7071" align="aligncenter" width="1000"] Il Mausoleo di Santa Costanza[/caption]
L'impero romano – dopo l’editto di libertà religiosa - era ancora a maggioranza pagana. Per promuovere la nuova religione - scelta dall’imperatore - anche per avere appoggi politici, era necessario progettare un edificio che potesse ospitare la celebrazione delle cerimonie in una modalità artistica che potesse trasmettere, in maniera originale, i nuovi contenuti sacri.
Quasi come in una campagna pubblicitaria si decise di utilizzare la basilica, date le caratteristiche di ampiezza e perfezione che le permettevano di ospitare il culto cristiano. L'entrata, che di solito avveniva sui lati lunghi, venne spostata su uno dei lati corti, con la conseguenza della perdita di un abside. In questo modo l'attenzione del visitatore venne concentrata sull'altare, ospitato nell'abside in fondo alla basilica.
L'organismo è formato da un'aula centrale e circolare, coperta a cupola, inscritta in un deambulatorio voltato a botte. Aula e deambulatorio sono ritmati da 12 coppie di colonne di granito disposte in senso radiale, a sostegno di altrettanti archi a tutto sesto su pulvini e architravi convergenti verso il centro dell'aula. Gli intercolumni (spazio che intercorre fra le colonne) corrispondenti agli assi sono più larghi e più alti degli altri. La serie degli archi è sovrastata, al livello del tamburo, da altrettanti finestroni centinati.
La struttura è in laterizio, e la cupola - dal diametro di 22,5 metri - è alleggerita (come per il Tempio di Minerva) da nervature e archi tra concrezioni più leggere di tufo e pomice. In origine, l'interno era rivestito con marmi disposti a tarsia, con volte e cupola decorate da mosaici.
[caption id="attachment_7072" align="aligncenter" width="1000"] Vista interna e disegni tecnici in planimetria e sezione.[/caption]
onstantino dispose prudentemente la costruzione delle prime enormi basiliche al di fuori delle mura della città, sulle tombe dei martiri a cui erano dedicate (San Pietro, San Lorenzo, Sant'Agnese). In questo modo il Senato non poteva rimproverargli di riempire di edifici cristiani il centro della città e allo stesso tempo le basiliche divennero i primi edifici monumentali che si incontravano lungo le vie più importanti, prima di entrare in città.
Queste enormi manufatti erano oggetto di grande venerazione tra i fedeli, che iniziarono a pagare cifre sempre più alte pur di essere sepolti accanto ai santi più importanti: fu in questo contesto che sorse il mausoleo di Costantina, addossato all'antica basilica di Sant'Agnese di cui oggi non rimangono che i resti di alcuni muri.
All'interno del mausoleo si possono ancora ammirare i bellissimi mosaici che corrono lungo l'anello esterno e nelle due piccole nicchie. Per i romani non era usuale utilizzare i mosaici per decorare i soffitti: l'arte era solitamente riservata ai pavimenti.
Fu proprio sotto Costantino, che si iniziò ad utilizzare il mosaico per rivestire catini absidali e porzioni di parete. Forse un tempo anche la cupola del mausoleo era ricoperta da un mosaico, ma oggi ci rimangono solo quelli della volta.
Proprio in questo mausoleo vi è uno dei primi passaggi dall'arte “classica” all'arte “bizantina”. Proprio l’Impero romano d’oriente fu denominato in epoca medievale “Bizantino o greculo” – denominazione fondamentale per permettere un distinguo temporale fra l’età tardo-antica e l’età medievale. L'arte cosiddetta “bizantina” difatti subì nei secoli un progressivo distaccamento dalla riproduzione della realtà perché il suo ruolo era di rappresentare santi e sante di un mondo che non è terreno. Per questo le figure medievali divennero sempre più statiche, ieratiche, immateriali e bidimensionali, schiacciate un fondo d'oro, simboleggiante l’immortalità e il divino.
Sulle volte del mausoleo di Santa Costanza vi sono mosaici con motivi geometrici e tipici del repertorio classico: frutta e fiori, piccole girali e scene di vendemmia. Queste ultime sono però state interpretate come allegoria del sacrificio di Cristo il cui sangue (vino) fu versato per l'umanità. Nelle nicchie invece troviamo le scene della consegna della legge in cui si vede Gesù tra i santi Pietro e Paolo e la scena della traditio clavium, in cui il Salvatore consegna le chiavi a San Pietro. Le scene sono costruite in modo molto semplice se paragonate ad altri mosaici romani sia per come sono rappresentati i personaggi, che per come sono inseriti nello spazio e nel paesaggio, che risulta appena accennato da qualche elemento vegetale.
In un solo monumento troviamo a confronto due correnti artistiche, due obiettivi diversi, che testimoniano un periodo di passaggio delicato e fondamentale non solo per la storia dell'arte, ma per la storia dell'Europa intera.
[caption id="attachment_7073" align="aligncenter" width="1000"] Il Mausoleo in una pubblicazione del 1820[/caption]
Nel 1254 è trasformato in chiesa (di S. Costanza) e successivamente nel 1620 i mosaici della cupola sono sostituiti da affreschi. Dal 1600 al 1720 il tempio diviene il luogo di convegno di artisti fiamminghi; per la dedizione a piaceri, baccanali e riti pagani non confacenti alla "città santa", il gruppo è ricordato come i Bentvogels, ossia, la "banda di uccelli".
Arrivando ai giorni nostri l’architetto Valter Vannelli nel suo rinomato saggio “Architettura e psiche” citando il mausoleo riporterà:
“Sontuosità e cromatismo lasciano ora spazio al fascino di una struttura potente e luminosa, sobria e raccolta, discreta anche per l'isolamento dal tessuto edilizio più immediato. L'immagine dominante è quella irriducibile della centralità, della circolarità, della riduzione del tutto al suo centro: il luogo assoluto che, all'origine delle cose, appaga lo spirito. Il carattere, anch'esso dominante, è quello della razionalità della riflessione; ossia, di questa proprietà della coscienza che la psiche esercita quando è vissuta in armonia ai giudizi di valore sul senso della memoria (delle sue permanenze, delle sue ricorrenze), e in accordo sia alle potenzialità dell'intuizione destate dalle suggestioni della bellezza, sia al piacere dei sensi quando sono impregnati da tanta evidenza e verità (anche storica) dei materiali”.
 
Per approfondimenti:
_Angola Maria Romanini, L'arte medievale in Italia, Sansoni
_Pierluigi De Vecchi, L'arte nel tempo, Bompiani
_Richard Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, Penguin Books
 
© L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata

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John Ruskin non è storico dell’arte, poeta, economista, scrittore, naturalista, architetto, ecologo, filosofo, sociologo, economista, ma forse una loro fusione, poiché riuscì nel lontano 1848 a comprendere le autentiche motivazioni culturali e sociali della conservazione del patrimonio architettonico a vantaggio della vita umana enunciando una vera e propria idea di culto per le rovine romantiche. Il londinese Ruskin, di ricca famiglia borghese, trascorre una infanzia ovattata dalle cure materne che lo renderanno geniale nelle intuizioni ma anche dubbioso e spesso depresso.

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di Giuseppe Baiocchi del 16/07/2016

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Per noi, che stiamo vivendo dentro gli effetti di un processo di globalizzazione più complesso e contraddittorio di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il tema che questo architetto porta con se è di particolare interesse.
Dimitris Pikionis (1887/1968) opera e indaga il fenomeno urbano nelle sue più profonde dinamiche, in anni in cui si afferma il primato della sociologia, del funzionalismo e della standardizzazione. Per questo è inizialmente considerato anacronistico.

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di Giuseppe Baiocchi del 10/07/2016

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Da una esclamazione del grande Louis Kahn si può capire o per lo meno percepire l’essenza della professione di architetto: “La cosa fondamentale dell'architetto non è rispondere alle domande, ma farsi delle domande” e di conseguenza per capirla appieno dobbiamo immergerci nella sua profondità.

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La parola è un involucro che permette ad un contenuto di viaggiare.
I nostri contenuti, sono delle immagini e in realtà hanno bisogno degli involucri, delle lettere per poter attraversare un certo spazio e arrivare a noi. Le parole sono dei veicoli: hanno un involucro esterno e un contenuto, ma se noi non posizioniamo queste parole su un certo sfondo, quello della cultura nella quale noi siamo educati, le parole non dicono nulla, poiché i contenuti cambiano moltissimo. Oggi l’idea di architettura non è quella di Vitruvio Pollione, ma usiamo la stessa parola.
Le parole, dunque, hanno sempre la stessa duplicità che dovrebbe essere messa sempre in relazione: il loro involucro, rispetto al loro contenuto.
La parola con cui inizia la storia occidentale è una caverna e con la parola architettura noi pensiamo che sia un termine universale, ma non è vero poiché oggi l’architettura bisognerebbe cancellarla e lasciare solo il termine “tettura”.

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di Giuseppe Baiocchi del 06/07/2016

[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470840790718{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
L’architettura è fondamentalmente filosofia. L’uomo si muove in essa da uno spazio all’altro, da un punto filosofico all’altro. Contemporaneamente l’architettura stessa cambia con lo spostamento della prospettiva: c’è un modo nuovo e diverso di fare esperienza della terra, del cielo e della vita. Con un approccio di questo tipo è possibile assumere un atteggiamento simile nei confronti del passato, che allora ci appare come una struttura dotata di vita, sempre nuova e differente ogni volta che la si guarda da un punto di vista filosofico diverso. Il significato dell’attività creativa sta proprio nel trovare il passato e coglierne i diversi aspetti e le diverse sfumature”.

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di Giuseppe Baiocchi del 04/07/2016

[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1701107807065{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
L’eclissi della memoria incombe su tutti noi, minaccia la convivialità civile, insidia il futuro, toglie respiro al presente. La città è la forma ideale e tipica delle comunità umane, l’Italia oggi deve esserne il simbolo supremo, ma se oggi il nostro paese dovesse venire meno bisogna cercare solo in noi stessi: nei politici, nei cittadini e nei tecnici, poiché oggi stiamo perdendo (lentamente, ma inesorabilmente) la memoria della nostra cultura, diventando ostili a noi stessi.  

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di Giuseppe Baiocchi del 1/07/2016

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di Giuseppe Baiocchi del 27/05/2016

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Oggi vi parlerò di un architetto che è considerato un grande erede dell’esperienza classica, un uomo che si è sempre battuto contro ogni cedimento alle nuove forme di naturalismo dello Jugendstil e riprende con forza la direzione della conoscenza dell’identità delle cose e della costruzione come rappresentazione di tale identità. Adolf Loos, personaggio in merito al quale questa associazione, attraverso la sua rivista Das Andere, è stata fondata.