18 Giu Le tracce e i segni di Osvaldo Licini
[vc_row css_animation="" row_type="row" use_row_as_full_screen_section="no" type="full_width" angled_section="no" text_align="left" background_image_as_pattern="without_pattern" css=".vc_custom_1470497656693{padding-right: 8px !important;}"][vc_column css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_separator type="normal" color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text]di Stefano Papetti del 20/06/2016
[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1701874136508{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]Licini si è servito di ogni supporto possibile per i suoi disegni, pagine di libro, carta da lettere, piccoli lacerti strappati, tutto era buon per fissare all’istante una idea balenata nella mente del pittore e molto spesso a questi disegni non corrisponde poi una realizzazione pittorica compiuta. Soltanto pochi schizzi di paesaggio, realizzati negli anni Venti in Francia, appaiono più direttamente destinati alla stesura di un dipinto e sono brani ripresi dal vero sulle spiagge della Costa Azzurra o su quelle adriatiche, appunti più compiuti nei quali Licini registra anche delle indicazioni relative ai colori che sarebbero poi stati usati nella stesura definitiva.