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di Arturo Verna  del 01/07/2016

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La politica è l’arte di “condurre“ la polis; nell’immagine tradizionale il politico è il nocchiero (il pilota) che guida la nave per mari tempestosi e ne garantisce l’arrivo a destinazione, l’attracco al porto sicuro. In quanto tale, la politica è l’arte di salvaguardare la polis a fronte del rischio cioè della minaccia cui questa nel suo essere è sottoposta: la polis, infatti, è per sua natura a rischio perché non sussiste di per sé e può venire meno. Politico è appunto chi è chiamato a fronteggiare tale rischio. Con che non lo è indifferentemente chiunque ma solo chi è capace di esercitare la sua arte, cioè di mettere in sicurezza la polis. E, poiché è politico solo se riesce a difendere la polis, lo è a parte post, perché solo quando ha effettivamente esercitato (o tentato di esercitare) la sua arte si sa se colui al quale è affidata la conduzione della polis è veramente un politico e non un millantatore. Invece, è possibile sapere prima quali requisiti un politico debba possedere, perché all’uopo si può fare riferimento all’essenza della polis.
Che cos’è la polis? Innanzi tutto, è una comunità in cui ciascuno si relaziona all’altro. La sua radice è economica: senza soddisfare i bisogni non si è ma nessuno è in grado di soddisfare i propri bisogni da sé, perché i bisogni sono infinitamente correlati l’uno all’altro per cui per poterne soddisfare uno occorre che ne sia già stato soddisfatto un altro. Quindi, ogni bisogno è mezzo per la soddisfazione di un altro. Sicché nessuno può esistere da solo perché ciascuno abbisogna che altri predispongano per lui i mezzi di cui ha bisogno per soddisfare il suo bisogno: diversamente, non riesce a soddisfarlo, perché è costretto a procedere infinitamente a ritroso per predisporre i mezzi atti allo scopo.

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di Arturo Verna del 01/07/2016

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Bello è ciò che attrae, ciò verso cui ci si dirige per il suo solo essere: il bello quindi non coarta perché fa essere il movimento gravitazionale verso di sé (l’eros), quindi è buono, ma senza necessitarlo, lasciando libero di seguire la sua chiamata colui al quale si rivolge.
Ma, in quanto attrae, anche distrae: essendo il desiderabile (ciò che suscita il desiderio di sé), fa, per ciò stesso, fuggire l’opposto, che appunto è quel che non si desidera ossia quel che si desidera che non ci sia: il bello è indice di se stesso e del brutto.
Il desiderio del bello è desiderio di possederlo e, come tale, implica mancanza: si desidera possederlo perché non lo si ha e senza di esso non si è interamente (non si è quel che si deve).
Sicché lo si desidera per essere: solo possedendolo si riesce ad essere come si desidera. Per ciò stesso, ci si affanna per possederlo nulla tralasciando per raggiungere lo scopo: il bello inquieta.
Ma, eo ipso, desiderare di possedere il bello non significa pretendere di ridurlo a proprietà, a ciò di cui si può disporre a piacimento, perché appunto si è in virtù del bello sicché lo si possiede come si desidera se ci si immerge in esso perdendovisi. Pertanto, è giusto dire che “bello è ciò che piace” perché nel bello sta il piacere (il sentimento di soddisfazione di sé) cioè perché il bello produce godimento ed è per questo che ci attrae: noi, appunto, lo desideriamo per il piacere che procura.

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3° incontro DAS ANDERE

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Si è felicemente svolto il terzo incontro dell'Associazione Culturale DAS ANDERE. Ospite il filosofo Arturo Verna il quale ha tenuto una lectio Magistralis "Politica e Verità" ovvero i fondamenti dell'arte politica e la loro rilevanza nella storia. Tema centrale dell'incontro è stato un appassionato e appassionante discorso intorno alla crisi e al senso della politica classica, moderna e odierna.