[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471014367657{padding-bottom: 15px !important;}"]2° luogo dell'arte Das Andere[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]"Arte sì, Tag no, marguttiana anti-degrado" di Dante Fazzini[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471093956347{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]Domenica scorsa, rua delle Stelle da luogo di degrado si è trasformata in luogo di arti: pittura, musica e scultura si sono incontrate con la storia della città di travertino, in uno splendido tracciato che va tutelato e preservato dalle imbrattature di pochi ignoranti.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471005058380{padding-bottom: 15px !important;}"]Eurogendfor, l’arma privata della Commissione Europea[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Liliane Jessica Tami del 17/03/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471007223140{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
L’eurogendfor è una superpolizia sovranazionale nata nel 2007 grazie al Trattato di Valsen. Firmato da Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Romania e Polonia, tale accordo ha come scopo di reprimere i moti indipendentisti ed anti-austerity che sempre di più stanno scuotendo l’europa.
In Italia, per il momento, ha solo una sede a Vicenza.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471005574160{padding-bottom: 15px !important;}"]In Europa vince chi resta, o forse no[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Lucia Ambrosio del 16/03/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471005591629{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Chi ha fatto degli studi classici la pietra angolare della propria cultura personale, scolastica o accademica, certamente ricorderà il mito di Europa, figlia del re fenicio Agenore e prima regina di Creta, consacrata al mito greco per la sua liaison con Zeus, se così può definirsi la violenza di cui essa fu oggetto per mano del Dio degli Dei.
Dalla privilegiata, seppur sfortunata, fanciulla ha tratto il nome il nostro Vecchio Continente, e da questo a sua volta l’Unione Europea, che ad oggi costituisce, se non altro in via formale, il più completo e realizzato esempio di organizzazione politica ed economica, fondata sugli insindacabili valori enunciati nei primi articoli del suo statuto[1]: libertà, dignità, democrazia, stato di diritto e rispetto dei diritti umani. Una grande vittoria, se teniamo a mente gli infelici trascorsi della principessa greca[2]. O forse no.
La crisi del debito sovrano che negli ultimi sei anni si è diffusa a macchia d’olio in tutta l’Unione Europea ci ha abituati a riconoscere ed accettare situazioni che prima d’ora erano considerate a dir poco fantascientifiche: per esempio, il fatto che stati tradizionalmente inseriti in contesti democratici di integrazione politica ed economica potessero rischiare di fallire come aziende insolventi, oppure che il circolo vizioso “austerità imposta dall’alto – piani di salvataggio” potesse imporsi come uno standard sempre valido e giustificato, senza alcuna considerazione del particolarismo politico e delle specifiche prerogative dei diversi stati. La situazione in Grecia è inarrestabilmente degenerata di anno in anno, tra il crollo progressivo degli indicatori economici e alcune modeste illusioni di ripresa, tra recessione e stasi.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470948918085{padding-bottom: 15px !important;}"]Perché Charles Bukowski[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marco Squarcia del 15/03/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470999715187{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Sarebbe ancora di moda? Se andiamo a cimentarci nel magico mondo di Bukowsky, in molti direbbero che stiamo parlando di un mondo fatto di alcool e sesso, di donne e brutture.
Siamo sicuri? Lo scrittore di origine tedesche, ma nato e cresciuto negli Stati Uniti,è vissuto nel pieno del 19° secolo, morto negli anni 90’ e l’analisi che qui vorremmo tentare di fare, è semplicemente prendere di peso il suo stile e poggiarlo nella nostra quiete quotidiana: nel famoso 20° secolo.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470999406732{padding-bottom: 15px !important;}"]Jonathan Coe, un inglese a casa nostra[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marco Squarcia del 14/03/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470999440939{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Potrebbe sembrare assurdo, ma Coe è uno scrittore inglese che ha superato negli anni, molti suoi colleghi proprio qui, nel Bel paese. L’affermazione è vera quanto scontata, se si leggono alcuni dei suoi libri. Coe è un uomo inglese di cinquataquattro anni, vive nel sud dell’Inghilterra e nei suoi scritti, ci fa capire com’era la sua terra prima e com’è oggi. E’ uno scrittore di quelli di un tempo, vecchio stampo, timido, riservato, che non alza la voce o che mentre firma autografi non ti dice nulla, ma sa leggerti negli occhi.
Ogni suo libro, dieci finora scritti, non ha una consecutio narrativa ma vedi subito la penna che li hanno scritto cosa vuole dire. Con satira, anche ironia, Coe parla della sua Inghilterra ma lo fa’ con un amore letterario evolutivo, ride di sé stesso e del suo paese.
Nella Banda dei Brocchi del Duemiladue, ho intravisto visioni adolescenziali, che varrebbero oro anche in Italia, con questo titolo ripreso dall’album di una band Rock semisconosciuta britannica, cosi potente, che devi almeno osservarne la copertina passandoci davanti in una libreria o una biblioteca.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471015925599{padding-bottom: 15px !important;}"]1° Luogo dell'arte DAS ANDERE[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]"Il mistero dei sogni" di Luigino Guarini[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471016042649{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]Sabato 12 marzo ha avuto luogo, nell’amena cornice della Palazzina Azzurra di S. Benedetto del Tronto, l’inaugurazione della prima mostra di pittura organizzata dall’associazione, in cui sono esposte le opere dell’artista Luigino Guarini.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471016453895{padding-bottom: 15px !important;}"]12° incontro DAS ANDERE[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]"Vie Traverse" di Luca Steinmann[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471094013483{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]Come da programma, si è svolto il secondo evento culturale del tema Costruire Abitare Pensare, proposto per l'anno 2016.

[vc_row css=".vc_custom_1470495202139{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1485957076404{padding-bottom: 15px !important;}"]Joseph Joachim, quando la perfezione si fa spirito[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Carlotta Travaglini 02/02/2017[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1485975172644{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
Joseph Joachim fu un violinista, didatta, direttore d’orchestra e compositore ungherese, vissuto tra la prima metà dell'ottocento e gli inizi del novecento. A seguito del trasferimento con la famiglia nella città di Pest, iniziò gli studi col primo violino del teatro dell’opera della sua città, Serwaczynski (più tardi anche maestro di Wieniavski), il miglior violinista della città. Nonostante i suoi genitori non fossero esperti nel settore, furono istruiti nella scelta di un maestro “non ordinario”. All'età di otto anni fa la sua prima esecuzione pubblica, a seguito della quale si sposterà a Vienna, dove seguiterà gli studi al locale Conservatorio sotto la guida di M. Hauser, uno dei violinisti di maggior virtuosismo dell'epoca e George Hellmesberger.
In seguito ebbe modo di perfezionarsi più a fondo con Joseph Bohm, fondatore della moderna scuola violinistica ungherese. Allievo dell'insigne Pierre Rode a Budapest, fu particolarmente impegnato come camerista; faceva parte di un quartetto che collaborò anche con Ludwig Van Beethoven, del quale eseguì la prima del Quartetto d'archi op.12. Di lui Joachim ricorda in particolare ed elogia l'innata capacità nell'arte del fraseggio: aveva infatti una straordinaria ed immediata comprensione dell'idea musicale che gli si proponeva, ed era perfettamente in grado di rendere le intenzioni di qualunque autore, il suo violino aggirava qualunque impedimento tecnico o lacuna interpretativa.
[caption id="attachment_7699" align="aligncenter" width="1024"] Adolph von Menzel, Clara Schumann e Josep Joachim in concerto - 1854[/caption]
Sua cugina, Fanny Figdor, lo ospita a Lipsia: qui Felix Mendelssohn è direttore della Gewandhausorchester Lepzig, orchestra tra le più antiche e prestigiose del mondo. Il maestro, che ne nota le precocissime doti e ne rimane strabiliato, sceglie di seguirlo personalmente, rendendolo un suo protetto. Joseph Joachim si esibirà così svariate volte sotto la direzione del maestro, come insigne solista. La sua prima esecuzione è quella del Concerto per violino di Heinrich Wilhelm Ernst, ma sarà quella del Concerto per violino - op. 61 in re maggiore - di Beethoven a Londra nel 1844, che gli consegnerà gloria imperitura.
Negli anni in cui si distinse nell'attività orchestrale, come primo violino di spalla, iniziò a dedicarsi anche alla composizione, in particolare di brani virtuosistici per violino: i primi brani risalgono al 1848 ed arrivano fino agli ultimi anni della sua vita. Dopo la morte di Mendelssohn è al primo leggio della Gewandhausorchester Leipzig assieme al violinista Ferdinand David. In seguito, a Weimar, ha modo di suonare anche nell’orchestra di Franz Liszt, con la cui musica avrà esperienze contrastanti. Liszt infatti è attualmente uno degli esponenti più agguerriti della “Nuova Scuola Tedesca”, assieme ad Hector Berlioz e Richard Wagner, la quale, in sostanza, si faceva promotrice e sostenitrice dell'estetica del contenuto, della volontà di subordinare, in ambito musicale, la forma al contenuto. Ciò consisteva nel prediligere il carattere descrittivo della musica, la sua capacità di rappresentare elementi di varia natura, da aspetti del concreto a concetti elevati oggetto di altre arti. La conseguenza di questo rivoluzionario modo di pensare sarebbe stato un rinnovamento totale e subitaneo dell'intero sistema musicale, nella modifica radicale del lascito delle tradizioni e nell'abbandono di musiche ormai considerate obsolete perché troppo rigide per rispondere a questo imperativo morale. Una forma statica non avrebbe potuto rappresentare nulla: le strutture portanti del passato si sgretolano - in nome della fusione delle arti - dei generi, dei tempi all'interno di un singolo brano, ed il futuro della musica sembra non essere altro se non quello di una “corrente impetuosa e continua”, caratterizzata dalla perenne generazione e rigenerazione.
[caption id="attachment_7700" align="aligncenter" width="1503"] Nella immagine, tre particolari di dipinto rappresentanti: Franz Liszt, Hector Berlioz, Richard Wagner.[/caption]
Joachim dapprima sembrerà apprezzarne le nuove idee musicali: ne è la prova - ad esempio - un Concerto per violino in un movimento, in sol minore, da lui composto nel 1851 e dedicato a Franz Liszt. In seguito - tuttavia - si schiera dalla parte opposta, assolutamente a favore della cosiddetta “musica del passato”. In una lettera al maestro dell'agosto 1857  troviamo scritto: «Non mi è assolutamente simpatica la tua musica; contraddice tutto ciò che dalla prima giovinezza ho appreso come nutrimento per la mente dallo spirito dei nostri grandi maestri».
Assieme al compositore Johannes Brahms e ad altri redige un manifesto, nel 1860, portavoce del loro pensiero contro le nuove tendenze progressive. Ad Hannover, nel 1853, avviene uno degli incontri più significativi della sua vita: quello con Johannes Brahms, impegnato in una tournée europea con il violinista Eduard Reméniy. Con il maestro, già noto pianista ed astro nascente della composizione, nasce subito un’intesa, destinata a consolidarsi negli anni.
In questo periodo riceve numerosi stimoli alla composizione: tipologie di brani e numerose Cadenze scritte per i più famosi concerti; celebre è quella del Concerto per violino e orchestra di Johannes Brahms, da lui eseguita per la prima volta nel 1879 ed ora frequentemente ripresa dai moderni esecutori. Si distingue anche come camerista: nel 1869 fonda il celebre Quartetto Joachim, che ottiene una risonanza a livelli europei.
Fu il primo violinista a registrare brani per una casa discografica; nel 1903 incise due lati per la Grammophone Company, lascito utilissimo per avere un’idea concreta della maniera di suonare il violino ottocentesca.
Si dedicò, fin da giovane, anche alla didattica violinistica: fu insegnante al Conservatorio di Lipsia e fondatore della Royal Academy of Music a Berlino (1866). È infatti una delle figure centrali della moderna scuola violinistica tedesca insieme a Ludwig Spohr, che ne è il fondatore.
[caption id="attachment_7701" align="aligncenter" width="1746"]quartetto-joachim Quartetto Joachim: Joseph Joachim, Heinrich de Ahna, Emanuel Wirth, Robert Hausmann[/caption]
È autore di un’apprezzatissima Violinschule, compilata con Arthur Moser, insegnante di violino particolarmente interessato ai problemi dei bambini. L’opera rappresenta il primo tentativo di fornire all’allievo un metodo “globale”, dove tecnica pura ed arte del fraseggio vengono insegnati ed appresi di pari passo come facenti parte di un unico meccanismo, e non separatamente ed in contesti differenti. Musica e prassi rigorosa fanno parte insieme del dialogo tra maestro ed allievo, che va necessariamente costruito in modo sequenziale e progressivo. Ludwig Spohr, nel suo metodo, considerando tutti gli aspetti necessari ad una ‘buona’ esecuzione musicale, esigeva dal violinista una perfetta intonazione, un rispetto rigoroso del tempo e del valore  delle note, la resa dei piano e dei forti; qualora si volesse eccellere in una “bella” esecuzione, allora la si doveva arricchire di un suono gradevole e corposo senza cedimenti, di frasi ben caratterizzate e variegate in ciascuna minuta sfumatura e nella maestria nell'esplorazione degli infiniti timbri dello strumento; un lavoro complesso, al quale lo studente-virtuoso poteva arrivare con zelo e con una spiccata capacità creativa, importantissima nel Romanticismo.
Queste indicazioni risultano utili per comprendere come si suonasse il violino ai tempi di Joachim. Il maestro assimila ed amplia considerevolmente la lezione del predecessore: educa infatti fin da subito l’allievo all’interpretazione del pezzo, insegnandogli non una serie di regole obbligate, ma una gradualità che lo elevi dalla meccanica alla musica.
Dettagliatamente troviamo il percorso da seguirsi del giovane musicista, espletato da esempi ed immagini. La prassi musicale viene spiegata nei primi due volumi. Leopold Auer, violinista ed importante didatta ungherese, ricorda le massime del maestro come spesso “caotiche”, ed il suo metodo di insegnamento “sempre con il violino in mano”. Da una lettura del suo volume non si notano però tali incongruenze; d'altronde, tra i violinisti che si sono formati nella sua scuola, si parla di un numero maggiore di 400 elementi. Lo stesso Auer non poté non ricordare il maestro con i massimi elogi.
Nel secondo volume, in particolare, vengono trattate anche problematiche specifiche dell'intonazione, per definire i quali Joachim stesso si impegnò in studi di acustica applicata con il fisico J. Helmholtz. Vi sono, poi, descrizioni di aspetti dell'esecuzione tipici della musica romantica, come ad esempio i portamenti, piccoli glissati usati a fini espressivi, a cui dedica particolare attenzione, ed il vibrato, che distingue in tipologie diverse a seconda dell'intenzione e della dinamica musicale richiesta allo specifico suono. 
Johannes Brahms, nel suo "Album Letterario o Lo scrigno del giovane Kreisler", scrisse testualmente: "metti per iscritto tutto ciò che senti essere divenuto vero in te, foss’anche solo una reminiscenza".
Joachim dedica il terzo volume interamente all’interpretazione: segno tangibile dell'importanza di questo aspetto nella formazione del musicista. I suoi saggi si incentrano su svariati autori; a partire da Bach, proseguono fin nell’analisi minuta dei più grandi concerti romantici per violino e orchestra, fornendo all’esecutore una delle più sicure fonti sulle originarie intenzioni degli autori dell’epoca.
Riporto alcuni estratti dal saggio sul Concerto in mi minore op.64 di Felix Mendelssohn:
"All'età di sedici anni ho avuto molte volte il privilegio di eseguire molte volte questo concerto accompagnato dall'autore: conosco quindi bene le sue intenzioni, poiché quando se ne presentava l'occasione egli non risparmiava la critica. Il 1° tema è un tenero lamento, deve essere reso con emozione, ma piano. Si eviteranno accenti troppo marcati, pur disegnando le linee ondulate e le sfumature di colore della melodia. Se volessimo precisare queste linee per mezzo di segni, subito diverrebbero troppo evidenti. […] Si dovrà anche evitare un ritardo troppo pronunciato dove la melodia termina […] (si arriva all'abuso di esagerare la sospensione del tempo, e di opporre subito un allegro ad un adagio!) [...]
In un estratto dal saggio sul Concerto in re maggiore op.77 di Johannes Brahms:
"Il violinista solista fa il suo ingresso con un audace passo ascendente in minore che prosegue con fervore. Gli accordi in ottavi che iniziano alla 9a misura del solo, devono essere realizzati con un suono pieno, ma breve ed energico; il passaggio in quintina si esegue con estrema vivacità ma diminuendo fino alle semicrome con dinamica “piano” che, in una sonorità sempre più eterea, devono giungere al “pianissimo”. Si dovrà tener ben presente l’accompagnamento ricco di temi, ed unirvisi il più strettamente possibile. Dalle terzine dove Brahms scrive “espressivo” è concessa una maggiore libertà interpretativa, senza che per questo il “ritardando” che precede il trillo degeneri in un adagio. […] appare un nuovo episodio, colmo di fascino, che deve essere reso con uno stato d'animo intimo e raffinato, anche nelle decime, pur difficili che siano. Per l'interpretazione di queste ultime è illuminante l'indicazione “lusingando”. [...]
Dalle analisi del repertorio romantico emerge come la creatività del musicista abbia un ruolo fondamentale nell’esecuzione e nella lettura del pezzo, e come si suonasse in un clima di “libertà” individuale, del cui dispiegamento una maggiore chiarezza dell’architettura del pezzo e una padronanza tecnica senza pari non possono che essere soltanto le basi. Anche il musicista fa parte del processo creativo, al pari del compositore.
Ad Hannover, dove il maestro conosce Johannes Brahms, ha a più riprese l’occasione di suonare lui e con Clara Schumann, in occasioni pubbliche e private. Significativo sarà il legame artistico che si salderà in questi anni in casa Schumann, culla di uno dei più pittoreschi e fruttiferi prodotti della convivialità romantica ottocentesca: Robert Schumann è uno dei più grandi compositori dell'epoca romantica; pianista, si dedica anche all'attività giornalistica ed alla critica musicale, fondando una propria rivista, la Neue Zeitschrift für Musik (Nuova Rivista di Musica); sua moglie, Clara Wieck Schumann, è una delle più importanti e talentuose pianiste dell'epoca, impegnata in tournée internazionali. A questa dimora sono legati vari aneddoti, tra i quali la stesura della celebre Sonata F.A.E. In occasione di una visita di Joseph Joachim, Robert Schumann, Albet Dietrich e Johannes Brahms decidono di comporre una sonata per violino e pianoforte in suo onore: di ognuno dei tempi il violinista dovrà riconoscere l’esecutore, e per farlo gliene sarà portata una copia, per non avere indizi dall'originale manoscritta. Schumann si dedica al II ed al IV movimento, Dietrich al I e Brahms al III (il celebre Scherzo).
Il titolo richiamerebbe la sequenza di note fa-la-mi (F, A, E, in notazione alfabetica), utilizzate più o meno direttamente dai compositori, ma fa in realtà riferimento, in sigla, al motto di Joachim «Frei aber einsam», “Libero ma solo”.
Nuovamente troviamo questa sigla nel taccuino personale di Brahms (Album letterario o Lo scrigno del giovane Kreisler), prestato per un periodo all’amico Joachim.
Al suo interno, tra le citazioni di autori e filosofi noti, il violinista inserisce delle proprie riflessioni ed osservazioni scrivendo, ai piedi di ciascuna, il suo f.a.e. a mo’ di firma, o esprimendolo in lettere o con la corrispettiva sigla musicale:
"Quando avvertiamo in noi un embrione di idea, sovente ci sforziamo solo, e con troppa ansia, di farlo venire al mondo il più velocemente possibile, e così si atrofizza prima che si sia riusciti a farlo crescere robusto in noi al punto che da solo, squarciando il nostro petto, come canto aneli verso il cielo".  L’unione artistica, dapprima concretizzatasi nella stesura a quattro mani del manifesto contro la musica “progressista” della Nuova Scuola Tedesca, confluisce in una fedele amicizia.
Joachim segue sempre più da vicino l’attività e la ricerca musicale del compositore, e ne incentiva e valuta il processo creativo. Significative saranno le nozioni di tecnica violinistica nel repertorio strumentale. Da questo sodalizio nascerà il celebre Concerto per violino op.77 in re maggiore (1878) del quale Joachim stesso fornirà un utile saggio di estetica e di stile nel III volume della sua Violinschule.
Nel 1884 Joachim divorzia dalla moglie Amalie, convinto di una sua presunta relazione con Fritz Simrok, l’editore di Brahms; quest’ultimo interviene con una lettera amichevole scritta a lei, ma i rapporti tra i due si raffreddano ugualmente. Verrà ripristinata solo in seguito, quando Brahms scriverà il Concerto per violino e violoncello op.102 come “offerta di pace” a Joachim.
Ogni artista è un Edipo: se si ferma, senza risolverli, dinnanzi agli enigmi del tempo: la Sfinge lo getta nell’abisso dell’oblio ed egli non le transita innanzi verso il futuro dell’immortalità.
Joseph Joachim muore nel 1907 a Berlino, dopo una gloriosa carriera di interprete, didatta ed acuto studioso, consacratosi per sempre come leggendario virtuoso del violino. Da fonte di ispirazione e sostegno all’amico Brahms si fece straordinario dispensatore di consigli per tutti gli altri interpreti e compositori a venire, affermandosi come uno dei protagonisti indiscussi del secolo scorso: un musicista a tutto tondo, il cui lascito è destinato ad essere in ogni tempo oggetto di confronto ed arricchimento. "Non elogiate, non ammirate: amate, imitate!"
 
 Per approfondimenti:
_Johannes Brahms, Album Letterario o Lo scrigno del giovane Kreisler, EDT, 2007
_Enciclopedia della musica Garzanti
_Enzo Porta, Il violino nella storia: maestri, tecniche, scuole, EDT, 2000
_Renato di Benedetto, Storia della musica: L’Ottocento I, EDT, 1985
Christian Schmidt, Brahms, EDT, 1990
 
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[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471016662643{padding-bottom: 15px !important;}"]11° incontro DAS ANDERE[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]"Leo Longanesi, il borghese Conservatore" di Francesco Giubilei[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471094053844{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]Si è svolto, con la consueta passione, il primo evento culturale del tema Costruire Abitare Pensare, proposto per l'anno 2016.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471016960061{padding-bottom: 15px !important;}"]10° Incontro DAS ANDERE[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]Costruire Abitare Pensare di Alessandro Poli, Stefano Tamburrini[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471094080057{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]Come da programma si è svolta la presentazione del programma culturale Das Andere "Costruire Abitare Pensare" all'interno dell'accogliente libreria Prosperi che l'associazione ringrazia per la disponibilità.