[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1483443871979{padding-bottom: 15px !important;}"]L'irresistibile Onegin[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marzia Casillidel 10/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470940779100{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Ho trascorso un giorno intero dentro casa, con le finestre serrate, le tende chiuse, la tv spenta. Ho alzato il riscaldamento al massimo, girato per casa a piedi nudi, con addosso solo una lunga maglia a mezza manica, fumando, bevendo, ascoltando passaggi da Dylan a Vedder.
Ho letto e analizzato l’Onegin di Aleksandr Sergeevič Puškin (Mosca 1799 - S.Pietroburgo 1837) dalla traduzione di Giudici fino a tarda notte.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470929712390{padding-bottom: 15px !important;}"]Il Mussolini privato e il reato pederasta. Le ragioni di una sconfitta (2)[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 09/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470929796572{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]Benito Mussolini è un uomo spregiudicato, nella sua carriera politica come nella vita privata non si è mai fatto troppi scrupoli: sa bene come gestire il potere per ottenere danaro e come utilizzare il danaro per ottenere il potere, mantenendolo.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470763193572{padding-bottom: 15px !important;}"]La follia odierna in un quadro del 1490[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 08/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470933619205{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
La follia non è soltanto confusione, come oggi è il mondo politico e informativo, ma è anche nobile, la follia è bella e mi sono chiesto quanto la follia sia fondamentale per esprimere bellezza.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470767556489{padding-bottom: 15px !important;}"]Michelangelo Merisi l’inventore dello scatto istantaneo[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 06/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470933757951{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]3

Si tratta di un autore, che ha rappresentato nel modo più immediato e più potente i temi della religione cristiana. E a tal punto l’ha fatto seppure con una consapevolezza che tardi si è avuta della sua grandezza assoluta, che oggi risulta tra i pittori definiti “classici” il più amato dal pubblico, superato Michelangelo Buonarroti che fino all’ottocento era considerato l’indiscusso maestro della “maniera” classica.  Oggi Caravaggio lo sopravanza. Perchè Caravaggio oggi è più amato di Michelangelo? Perchè c’è un desiderio più morboso, c’è una fascinazione più forte perchè il Caravaggio (nome di battesimo Michelangelo Merisi) si occupa di realtà e non di idee come il celebre Michelangelo. Ma non basta. Uno è il pittore di sempre (Michelangelo): è stato amato nel cinquecento, nel seicento, nel settecento, nell’ottocento ed è stato amato ed è amato nel novecento e oggi. Caravaggio no. Come sostengono i maggiori critici d’arte come Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi ed altri, egli è un pittore del 900, per la percezione che noi ne abbiamo che è maturata in modo molto lento.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471002658223{padding-bottom: 15px !important;}"]Poeti: tra gloria e condanna[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marzia Casilli del 05/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471002701890{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Ho passato un intero pomeriggio a parlare di Petrarca a un gruppo di sedicenni rimandati in italiano.
 
E mentre parlavo loro, del suo animo spigoloso e inquieto, dell’incapacità non solo di trovare, ma persino di cercare pace, me li sono ritrovati con gli occhi spalancati, fissi, attenti.
L’idea era quella di analizzare lo stile del Canzoniere, ma ci si è soffermati sul poeta. Sulla figura di quest’uomo che si contrappone a Dante, il poeta per eccellenza, da ogni punto di vista.
Ho sempre amato Petrarca, il suo essere uomo e in quanto tale debole senza vergognarsene, dotato di una grande e inefficace volontà di cambiare la propria natura controversa, portatore sano di un travagliato percorso interiore. Nessuno scrittore dell’epoca, prima di lui, aveva avuto una coscienza così acuta della propria individualità, un’attenzione, a tratti ossessiva,per la propria interiorità.
Le questioni amletiche che si poneva, non sono mai state dotate di risposte. Ci ha lasciato solo domande. Un labirinto di se e di forse. Milioni di perchè. L’uomo è un punto di domanda, non una risposta.
Studiando la vita di Petrarca si capisce che il poeta, è colui che non è capace di trasformare i pensieri in azioni.

[vc_row css=".vc_custom_1470767850523{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470767913561{padding-bottom: 15px !important;}"]Manet/Magritte il momento decisivo impressionistico[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text]di Giuseppe Baiocchi del 04/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1519643665033{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"] Mi è impossibile parlare di questo quadro, senza riferirmi al testo critico più straordinario che...

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470950275286{padding-bottom: 15px !important;}"]Ernst Jünger, l'anarca[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 03/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1533565606242{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Ernst Jünger, come è noto, è stato gratificato dalla natura con una lunghissima vita, nasce ad Heidelberg, 29 marzo 1895 e muore a Riedlingen, il 17 febbraio 1998 a 103 anni di età.
La dimora dove abitò negli ultimi anni era la foresteria del palazzo di conti von Stauffenberg, cioè nel palazzo di cui era stato titolare l’eroico ufficiale prussiano della Wehrmacht che aveva organizzato il complotto per uccidere Adolf Hitler e complotto al quale lo stesso Jünger partecipò nelle seconde file.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471010885706{padding-bottom: 15px !important;}"]Incontro AVANGUARDIA VERONA[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos55"]Rigenerazione Urbana di Francesca, Giuseppe Padovani e Giuseppe Baiocchi[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471091934730{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]A Verona, presso una vecchia stazione di rifornimento di benzina, oggi riusata in un locale commerciale e in un ristorante, ha avuto luogo la conferenza sul Riuso Urbano a cura dell'associazione onlus Avangurdia della presidentessa Francesca Padovani, in collaborazione con gli ordini degli architetti e degli ingegneri di Verona - insieme all'associazione onlus Das Andere.

[vc_row css=".vc_custom_1470841240154{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470858785358{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470858887054{padding-bottom: 15px !important;}"]Adolf Loos: una questione di decoro[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470858734147{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 27/05/2016[/vc_column_text][vc_column_text el_class="titolos6" css=".vc_custom_1470934482026{padding-top: 35px !important;}"]
Oggi vi parlerò di un architetto che è considerato un grande erede dell’esperienza classica, un uomo che si è sempre battuto contro ogni cedimento alle nuove forme di naturalismo dello Jugendstil e riprende con forza la direzione della conoscenza dell’identità delle cose e della costruzione come rappresentazione di tale identità. Adolf Loos, personaggio in merito al quale questa associazione, attraverso la sua rivista Das Andere, è stata fondata.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1476021181480{padding-bottom: 15px !important;}"]Rappresentare l'Italia nel Nuovo Mondo: Alberto Tarchiani (2)[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Dario Neglia del 25/05/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471003871702{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Agli inizi degli anni’50 può quindi dirsi che l’Italia aveva in gran parte compiuto quel cammino di “ritorno” nella vita politica internazionale.
In fondo, a paragonare la posizione raggiunta dal paese con quella occupata all’indomani dell’8 settembre 1943, il risultato era notevole: l’Italia aveva beneficiato dell’ERP, era stata membro originario del Patto Atlantico, era entrata altresì nel Consiglio d’Europa in quello stesso 1949, ed infine si era stabilizzata anche in chiave interna con le elezioni dell’aprile 1948.
Restavano ancora aperte solo due grandi questioni: la prima, quella dell’ingresso all’ONU, che si sarebbe risolta nel 1955; e la seconda, più grave, pressante e bruciante, la piaga aperta della Questione Triestina.
Sulla città di San Giusto la congiuntura del sistema politico internazionale parve accanirsi oltremodo. Come ha scritto De Castro, autore di un opera monumentale, forse la più importante sull’argomento:
 
Al problema di Trieste furono sempre precedenti, contemporanee o successive varie altre questioni, di solito molto importanti per i difficili equilibri internazionali che implicavano. Trieste servì come moneta di scambio, come spauracchio, come causa di remore, come anello di una difesa, come pomo della discordia, come tutto quanto essa non era o non avrebbe voluto, né dovuto essere. L’Italia, per la quale la questione giuliana, prima, e la triestina, poi, furono il maggior problema del dopoguerra, dovette sempre destreggiarsi cercando di parare i colpi che venivano a danneggiare la questione stessa, rimbalzando da altre situazioni internazionali .
 
Fu la guerra fredda, in poche parole, ad insinuarsi di continuo nelle maglie del problema triestino, elevando la contesa Italia-Jugoslavia al livello dello scontro bipolare Stati Uniti-Unione Sovietica e viepiù riflettendo i toni di quest’ultimo, ora di flebile compromesso, ora di contrapposizione aperta.
Per ironia della sorte, benché i toni cambiassero, l’unica parte danneggiata restava sempre la stessa: l’Italia.
Bisogna dire apertis verbis che la condotta statunitense in questo dossier non fu per nulla onorevole. Tutte le vicende che ruotarono intorno al problema del TLT, in sede di Conferenza di pace, lasciarono gli italiani e De Gasperi – per tacere di Tarchiani – con l’impressione di essere stati traditi da Washington. Gli Stati Uniti erano il principale patronus dell’Italia a livello internazionale e di certo avevano una particolare responsabilità nella vicenda; ma considerando il tutto da un altro punto di vista, si può dire che forse gli italiani peccarono un po’ di ingenuità.
Ancora una volta nelle parole di De Castro, questo rapporto ambivalente viene sintetizzato in modo perfetto:
Tutto ci portava verso gli Stati Uniti e tanto ci portava che, vedendo la buona accoglienza, poggiammo subito su di loro, senza renderci conto, altrettanto subito, che noi eravamo, per gli Stati Uniti stessi, uno dei pezzi della scacchiera internazionale, un pezzo di un certo valore — diciamo un alfiere, un cavallo — mentre il nostro problema numero uno, la nostra regina nei problemi scacchistici postbellici, la Venezia Giulia, era per loro soltanto una delle tante pedine, che bisognava giocare per salvare altri pezzi che, nel loro gioco erano i principali […] .
Le vicende relative alla sorte di Trieste si risolsero nella prima parte degli anni’50, ma una premessa fondamentale era stata posta pochi anni addietro: un comunicato ufficiale, rilasciato appena prima delle elezioni politiche italiane del 1948, la cosiddetta Dichiarazione Tripartita.