[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470940461689{padding-bottom: 15px !important;}"]Leo Longanesi, il borghese conservatore[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Francesco Giubilei del 20/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1498473331817{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Scrivere un libro su Leo Longanesi senza essere influenzati dalla biografia che Indro Montanelli e Marcello Staglieno gli dedicarono nel 1984, oltre che una carenza bibliografica, costituirebbe una grave mancanza nella comprensione del personaggio. Appurato il valore del libro di Montanelli e Staglieno e costatata la presenza di altri testi dedicati alla figura di Longanesi, è lecito domandarsi l’utilità di un'altra biografia sull’intellettuale romagnolo.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470941575605{padding-bottom: 15px !important;}"]L’importanza di leggere Bulgakov[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Marco Squarcia del 20/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470941603225{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Non si può non amare la letteratura russa, o di tutta l’area caucasica. Ci ha regalato autori di primissimo livello, veri geni e Michail Afanas'evic Bulgakov era fra questi.
Il suo più acclamato e famoso lavoro, “il Maestro e Margherita”, si annovera tra i pilastri del ‘900 e la sua lettura è da consigliare a chiunque. E’ però in tutti i suoi scritti che si nota la forza delle parole, usate con assoluta precisione e ammirevole compostezza.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470941778754{padding-bottom: 15px !important;}"]L’ombra e l’altro: racconti ispanoamericani del terrore XIX secolo[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Primo De Vecchis del 01/07/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470941927209{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
In Italia presso le grandi case editrici (ora come non mai sempre più monopolistiche) vige il mantra recitato dai signori del marketing: «i racconti non si vendono». Ne consegue che di rado vengono pubblicate raccolte di racconti; chi ha racconti nel cassetto cerca di allungarli il più possibile per trasformarli in romanzi, con esiti grotteschi. Eppure la bravura di uno scrittore di razza si basa sulla forma-racconto, che all'estero per fortuna è molto più praticata dagli scrittori e pubblicata dagli editori. Il discorso non muta se parliamo del "racconto fantastico". Molti lo confondono con altri generi, persino con il fantasy; pochi sono andati a scuola dai veri maestri: alcuni credono che tali racconti siano surreali o arbitrari.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470947909803{padding-bottom: 15px !important;}"]L'appressamento della morte nel romanzo di Iginio Ugo Tarchetti[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Primo De Vecchis del 01/07/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470948124948{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Esistenza tormentosa e agitata fu quella di Iginio Ugo Tarchetti, scrittore nato a San Salvatore Monferrato nel 1839 e morto prematuramente di tifo a Milano nel 1869. Una vita segnata dalla malattia, la tisi o tubercolosi polmonare, ma anche dalla passione romantica: decise infatti di aggiungere al suo nome quello di Ugo in onore del Foscolo. Nella sua breve vita ci ha lasciato una manciata di racconti, per lo più postumi, e una serie di romanzi, dei quali il più famoso rimane Fosca, pubblicato nel 1869 dall’amico Salvatore Farina, che scrisse anche il capitolo XLVIII, seguendo le indicazioni fornite a voce dallo scrittore ormai morente.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470912874566{padding-bottom: 15px !important;}"]Iraq 1916/2016. Dall’Accordo Sykes-Picot allo Stato Islamico (1)[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Gabriele Rèpaci del 20/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470934867960{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]Il 16 maggio del 1916 il diplomatico Sir Mark Sykes e il francese François Georges-Picot firmavano l’Asia minor Agreement, anche conosciuto come Accordo Sykes-Picot, ovvero il patto segreto che tracciava gli equilibri in Medio Oriente a partire dalla prima guerra mondiale. Tale accordo benché poco conosciuto fra il grande pubblico occidentale è all’origine del caos che sta sconvolgendo la Siria e l’Iraq. Per comprendere dunque gli avvenimenti che hanno portato all’ascesa del sedicente Stato Islamico e alla sua rapida espansione territoriale è necessario ricostruire in maniera sintetica gli avvenimenti che sono scaturiti dalla firma di quel patto scellerato le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470949142221{padding-bottom: 15px !important;}"]Una storia diversa di gente normale[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Paolo Cartechini del 20/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470950127729{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Torna in scena la guerra; in particolare la guerra in Iraq. A narrarla è il regista Gianluca Maria Tavarelli in un film indipendente ma ambiziosissimo che si fonde con agilità al linguaggio mitico e tragico.
La pellicola è stata girata in Tunisia del sud, vicino al confine con l’Algeria e prende il titolo da una famosa canzone di Fabrizio de André, “una storia sbagliata”. Questa canzone era stata dedicata dal poeta e cantautore al regista Per Paolo Pasolini e alla sua tragica e controversa fine in quanto, riportando le parole di de André: « ...a noi che scrivevamo canzoni, come credo d'altra parte a tutti coloro che si sentivano in qualche misura legati al mondo della letteratura e dello spettacolo, la morte di Pasolini ci aveva resi quasi come orfani. Ne avevamo vissuto la scomparsa come un grave lutto, quasi come se ci fosse mancato un parente stretto. » e nel film ritorna il concetto di fine, di assenza legata alla morte, alla solitudine subita e voluta e alla rabbia che si lega alla ricerca spasmodica di spiegazioni e forse anche ad una sottile vendetta.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470924900258{padding-bottom: 15px !important;}"]Impero Austro-Ungarico: similitudini e differenze con l’Europa attuale[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Davide Quaresima del 19/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470925070033{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]

Si può iniziare a parlare di Impero Austro-Ungarico dal 1867, ossia dal famoso “compromesso” che la dinasta asburgica fece con il gruppo etnico più solido e coeso fra tutti quelli sotto il suo dominio, ossia quello magiaro. Come mai è opportuno fare questo tipo di precisazione? Perché la storia dell’Impero, che da questo momento avrà come simbolo un’aquila a due teste per rappresentare il suo sistema bicefalo, sarà sempre accompagnata da problemi cronici, che lo costringeranno di volta in volta a siglare accordi e trattati per il mantenimento dello status quo sul territorio. Status quo da mantenere anche a costo di repressioni violente che lasceranno un profondo odio nei cuori della propria multietnica popolazione, fino alla sua caduta giunta dopo la Prima Guerra Mondiale nel 1918.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470925283851{padding-bottom: 15px !important;}"]L’Italia dall’antifascismo all’anticomunismo: il triennio 1947/1949[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Giuseppe Baiocchi del 18/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470925377038{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
Dalla fine del conflitto alla guerra fredda, se si deve guardare ad una cronologia, bisogna osservare un triennio fondamentale: dall’ 8 agosto del 1945 fino al momento in cui Truman lancia la proposta della guerra fredda, di fronte alla aggressione crescente della Unione Sovietica nei confronti dell’Europa dell’Est, in qualche modo rappresentata dalle crisi di Berlino del 1948.
La guerra fredda comincia quando Truman abbandona il sogno rooseveltiano di creare una unità mondiale delle forze vincitrici della 2°guerra mondiale, comprendente anche l’Unione Sovietica. Franklin Delano Roosevelt, quando accettò di stipulare l’alleanza con Stalin dopo l’invasione tedesca dell’URSS, fece abbandonare al presidente ogni remora ideologica antisovietica, e buona parte delle critiche aspre mosse dall' opinione pubblica americana consapevole delle nefandezze staliniane (le famose “purghe staliniane”). La teoria del presidente americano vacillò quando i russi non si presenteranno alla conferenza per la riorganizzazione planetaria dopo la guerra.

[vc_row css=".vc_custom_1470497656693{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470431043332{padding-bottom: 15px !important;}"]Le tracce e i segni di Osvaldo Licini[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text]di Stefano Papetti del 20/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470775054790{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]

Licini si è servito di ogni supporto possibile per i suoi disegni, pagine di libro, carta da lettere, piccoli lacerti strappati, tutto era buon per fissare all’istante una idea balenata nella mente del pittore e molto spesso a questi disegni non corrisponde poi una realizzazione pittorica compiuta. Soltanto pochi schizzi di paesaggio, realizzati negli anni Venti in Francia, appaiono più direttamente destinati alla stesura di un dipinto e sono brani ripresi dal vero sulle spiagge della Costa Azzurra o su quelle adriatiche, appunti più compiuti nei quali Licini registra anche delle indicazioni relative ai colori che sarebbero poi stati usati nella stesura definitiva.

[vc_row css=".vc_custom_1470754196753{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470754140270{padding-bottom: 15px !important;}"]L'uomo solo al comando[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos6"]di Giuseppe Baiocchi del 17/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470775187381{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
Sarà per il codice civile, sarà per la riforma militare, per il suo azzardare politico, per l’amore verso il popolo francese, per le sue idee rivoluzionarie ideologiche ben mascherate, per il suo talento militare, che oggi Napoleone Bonaparte, nonostante abbia fatto precipitare l’Europa in una guerra totale per il suo ego, è considerato da tutti un personaggio elegante, puro e soprattutto eterno, degno, quasi, di una certa stima.