[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470987136250{padding-bottom: 15px !important;}"]La mutazione della Turchia (4)[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Francesco Di Turi del 30/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471002315826{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Quando si parla di “storicità” un termine che riprendiamo da Heidegger, intendiamo nient’altro che la concentrazione attiva e sempre operante di tutte le esperienze che forgiano un determinato popolo, uno specifico individuo nella sua irripetibile unicità, o una particolare comunità religiosa. Essa è cosa diversa dalla mera «storia» di ognuno di essi. É per questo che nei contributi pubblicati si usa questo termine in alcuni contesti. Lo «storia di un popolo», infatti, così come il suo studio, è solo un passato messo a disposizione di ognuno, o per intrattenere la curiosità di qualche studioso, o perché si accresca qualche nozione e conoscenza astratta sulle vicende di quel determinato popolo. La «storicità di un popolo», al contrario, non è mai declinabile come «studio», non è qualcosa che possiamo maneggiare con le nostre mani e le nostre menti; essa è carne viva, agisce al di là di ogni volontà di manipolazione e non ha nulla a che vedere con la conoscenza, la cultura o il sapere; è, semmai, un fenomeno che sempre accompagna le individualità e le comunità. Verso di essa ciò che conta non si valuta sul piano della conoscenza bensì su quello dell’adesione o meno al senso di questa «storicità».

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470987568977{padding-bottom: 15px !important;}"]La tempesta storica perfetta (3)[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Francesco Di Turi del 30/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471003586829{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Il ritorno quali tratti dominanti degli elementi identitari e, diciamo pure, tradizionali, non è un semplice fatto che riguarda alcune nazionalità o la maggior parte di esse. Quello in atto è un vero e proprio rivolgimento storico che sta riplasmando l’intero globo. Per usare un linguaggio hegeliano, oggi più che mai appropriato, diciamo che è uno snodo nella storia dello Spirito che si scrolla di dosso il vecchio mondo per crearne uno nuovo dai caratteri inediti e pur tuttavia figlio di ciò che abbandona.
Questa marea di ritorno del fattore culturale è ormai un fatto più che assodato, tanto che alcuni autorevoli studiosi di diverse discipline hanno rilevato fin dal principio questa tendenza fondamentale, collocandola storicamente, e a ragione, allo spartiacque costituito dal dissolversi della Cortina di ferro.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470987884836{padding-bottom: 15px !important;}"]Il Califfo che fu, lo specchio d’Europa, la profezia persiana (2)[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Francesco Di Turi del 30/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471008976824{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]Quello di «Califfo» è un titolo di valenza politico-religiosa. La sua forma teologico-politica ha una lunga storia che affonda le proprie radici al sorgere stesso della religione islamica nell’anno 622 d.C., l’anno dell’hijra, cioè del trasferimento forzoso da Mecca a Medina da parte del Profeta Muhammad, il Messaggero e Capo dell’Islam, uno degli uomini più influenti della storia la cui esperienza di vita è stata intrinsecamente religiosa, mistica, politica, legislativa e militare.

[vc_row css=".vc_custom_1470767044080{padding-right: 8px !important;}"][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470767053433{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470988323180{padding-bottom: 15px !important;}"]Vedi la Libia osserva l’Egitto (1)[/vc_column_text][vc_separator css=".vc_custom_1470767563136{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Francesco Di Turi del 30/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471003685236{padding-top: 15px !important;}" el_class="titolos6"]Il non-luogo più adatto da cui prendere le mosse e concentrare tutta l’attenzione è il fuoco ad oggi più italocentrico della questione euromediterranea, la Libia. Dall’attualità libica delineiamo l’intera questione nel suo senso generale; dal senso generale si getterà luce sulla situazione libica andando ben oltre quell’attualità senza per questo perderla di vista.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1471007912609{padding-bottom: 15px !important;}"]La cravatta: storia dell’ultimo baluardo dell’eleganza maschile[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Davide Bartoccini del 27/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1471008043535{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Ditemi che ho sbagliato una battuta, ma non una cravatta.”
Affermava sicuro e vanitoso l’attore David Niven . Lui, emblema di quell’eleganza puramente britannica che non c’è più, possedeva ben tre stanze di cravatte, che venivano ordinatamente suddivise per toni di colore e fantasie. Ma facciamo un passo indietro, e vediamo dove trova le proprie origini questo vezzo tutto maschile. Uno degli ultimi e pochi simboli d’eleganza tenuti in voga dalla barbara contemporaneità.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470913125171{padding-bottom: 15px !important;}"]Lawrence d’Arabia: il sogno di una nazione nuova dalle origini arcaiche[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Davide Bartoccini del 25/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470934898725{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
“Non tutti gli uomini sognano allo stesso modo, coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono al risveglio la vanità di quelle immagini, ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi perché può darsi che recitano i loro sogni ad occhi aperti per attuarli…fu ciò che io feci … Io intendevo creare una Nazione nuova, ristabilire un’influenza decaduta, dare a venti milioni di Semiti la base sulla quale costruire un ispirato palazzo di sogni per il loro pensiero nazionale”.
Thomas Edward Lawrence, I sette pilastri della saggezza.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470911803592{padding-bottom: 15px !important;}"]La guerra civile Americana: unionisti e confederati a confronto[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Davide Quaresimai del 23/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470934824704{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
Una figura quasi paradossale, da fumetto. Ma il partito con il quale sta impressionando tutto il mondo ha una storia molto vecchia, piena di vicissitudini, alti e bassi.
Si prenderà spunto da questo schieramento politico per iniziare a parlare della Guerra Civile americana che ebbe inizio nel 1854, quando, dopo un periodo non troppo brillante, il Partito Whig si dissolse.
Esso rappresentava gli storici interessi dei borghesi e degli industriali del Nord degli Usa, aveva alle spalle una grande tradizione federale e si batteva continuamente per il rafforzamento della gestione del potere centrale.
Dall’altro lato vi era il Partito democratico, fedele alla corrente liberista e convinto che una maggiore indipendenza nella gestione dei propri affari da parte di ogni singolo Stato avrebbe evitato inconvenienti di vario tipo.
Da sempre molto vicino alle esigenze politiche ed economiche degli agricoltori del Sud, tra le sue fila si potevano annoverare i nuovi immigrati del Nord-Est provenienti da ogni parte del globo.
Gli anni ‘50 dell’800 non furono positivi per la politica americana. Gli interessi iniziarono a radicalizzarsi e le compagini a scindersi.
Il sopracitato Partito whig si divise in due alee, una progressista e una conservatrice; dalla prima nacque il Partito Repubblicano. I punti sui quali si fondava erano l’abolizione della schiavitù, un aumento dei dazi doganali e una maggiore redistribuzione (gratuita) delle nuove terre che venivano ad essere acquisite dal demanio statale mano a mano che la frontiera occidentale si spostava sempre più ad Ovest, inglobando quindi nuovi spazi. Questo tipo di programma faceva felici un gran numero di elettori: industriali delle città del Nord-Est e coloni dell’Ovest.
Erede della tradizione secolare di Thomas Jefferson, il Partito Democratico, invece, stava facendo slittare i suoi interessi e le sue proposte decisamente in favore dei grandi proprietari terrieri del Sud, sostenitori della schiavitù, e ad allontanarsi da tutti coloro che non condividevano le loro idee (come i nuovi immigrati).

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470931079587{padding-bottom: 15px !important;}"]Un faro "torinese" in Somalia[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Alberto Alpozzi del 23/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470935226393{padding-top: 45px !important;}" el_class="titolos6"]
Il Capo Guardafui, in somalo Gees Gwardafuy, per gli antichi Ras Asir, si trova nel Corno d’Africa a 50 km. dalla città di Alula, nella regione autonoma del Puntland, al vertice nordorientale della Somalia, dove il continente africano divide l’oceano Indiano dal golfo di Aden. Si presenta come un promontorio a 244 metri sul livello del mare, costituito da un roccione calcareo nero sormontato da una testa di marmo rosa, che richiama, vista da sud, la figura di un leone accovacciato.

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470913476577{padding-bottom: 15px !important;}"]Fabiano. Il contadino divenuto Papa[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos8"]di Danilo Serra del 22/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470934990838{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
L’anno 236 iniziò in maniera disgraziata. Una grande tragedia colpì l’intera comunità cristiana e la neonata Chiesa. Il 3 gennaio, infatti, venne ucciso papa Antero (successore di Ponziano, il secondo papa dimissionario della storia dopo Clemente I), pontefice in carica dal 21 novembre del 235.
Al principio del 236, dunque, in un’epoca funestata dalla precarietà e dall’odio profondo e «pubblico» esercitato nei confronti dei seguaci del «Figlio di Dio», i fedeli cristiani avevano bisogno di nominare un nuovo pastore in grado di guidare l’intero popolo messianico verso l’unità e l’ordine.
Tanti erano i personaggi nobili ed illustri che ambivano ad essere eletti successori di quell’adorato Pietro, al quale Gesù Cristo conferì, nell’aprile del 30, il primato su tutta la Chiesa proclamandolo primo papa, rivolgendosi a lui con poche e semplici parole: "Pasci le mie pecorelle".

[vc_row][vc_column width="5/6" css=".vc_custom_1470402358062{padding-top: 30px !important;padding-right: 20px !important;padding-left: 20px !important;}"][vc_column_text el_class="titolos5" css=".vc_custom_1470912269295{padding-bottom: 15px !important;}"]Iraq 1916/2016. Dall’Accordo Sykes-Picot allo Stato Islamico (2)[/vc_column_text][vc_separator color="black" css=".vc_custom_1470414286221{margin-top: -5px !important;}"][vc_column_text]di Gabriele Rèpaci del 21/06/2016[/vc_column_text][vc_column_text css=".vc_custom_1470934856025{padding-top: 35px !important;}" el_class="titolos6"]
La principale realizzazione del Baath, che suscitò l’ira immediata degli americani, fu la nazionalizzazione del petrolio. Anche dopo i provvedimenti del 1961 presi da Kassem, la maggior parte del petrolio estratto rimaneva nelle mani delle compagnie occidentali, così come la fetta più grossa dei proventi finivano all’estero. Quando arrivò al potere, il partito si rese conto che “le casse dello Stato erano vuote”.
La gestione del petrolio iracheno divenne pertanto il cavallo di battaglia dei baathisti, che contarono su questi proventi per finanziare tutti gli altri piani. Fin dal 1969, l’Unione Sovietica promise di aiutare l’Iraq nello sfruttamento dei suoi giacimenti nella regione di Arbil, con l’accordo che l’intero ricavato sarebbe andato all’Iraq.