
10 Feb Il filone d’oro della caccia nella mitteleuropa: tempi magnifici per grandi cacciatori
di Giuseppe Baiocchi del 11/02/2024
I grandi cacciatori mitteleuropei, così come le grandi cacce della nostra recente antichità venatoria europea, trasmettono sempre un fascino romantico verso un’epoca passata gloriosa e piena di tradizioni. Il “cacciatore” di questi tempi prestigiosi, aveva un profilo molto diverso dal cacciatore odierno, poiché quella che appunto veniva definita “arte venatoria”, era in realtà l’essere votati completamente verso la caccia: una vera e propria professione. Questi uomini rappresentano la vera tradizione venatoria austriaca: per lo più proprietari terrieri, fungevano anche da veri e propri “ambientalisti” della conservazione, fungendo di rimando ovviamente anche da modelli per la società dell’epoca.

L’imperatore Franz Joseph I posa dopo aver abbattuto un cervo presso Karapancsa nel 1896. Foto originale dell’arciduchessa Isabella d’Austria.
Sotto l’Impero dell’Austria-Ungheria vigeva l’antico motto A.E.I.O.U. «Alles Erdreich Ist Österreich Untertan», ovvero «Tutta la terra è soggetta all’Austria», ma con la caduta della monarchia danubiana le imprese dei grandi cacciatori erano concluse e le loro tenute – in grande quantità – confiscate dai nuovi Stati nazionali.

Pranzo propiziatorio di caccia agli inizi del secolo scorso a Vienna.
Dunque cos’era la caccia? Il grande cacciatore dei Carpazi Herbert Nadler (1883 – 1951) scrisse: «chi non ha mai visto l’alba dopo una partita mattutina e non ha mai visto il risveglio del giorno, non sa cosa sia la caccia».
Per il famoso cacciatore e scrittore di caccia conte Zsigmond Széchényi (1898 – 1967), «la caccia è devozionale», e il filosofo José Ortega y Gasset (1883 – 1955) affermava: «Si uccide per aver cacciato […] ecco perché vai a caccia, quando sarai stanco di essere nel XX secolo, prendi la tua pistola, fischietta al tuo cane e vai nel bosco e concediti qualche ora di divertimento, per tornare ad essere un uomo dell’epoca antica».

Casa Imperiale Austriaca per l’Esposizione internazionale della caccia – Padiglione della Bucovina, 1910.
Era ancora di moda la località di villeggiatura estiva, dove naturalmente la popolare regione del Salkammergut offriva molte opportunità per la caccia al camoscio estivo.
Questa zona era estremamente frequentata all’epoca grazie all’Imperatore Francesco Giuseppe. All’epoca e prima vi era rappresentata anche l’élite culturale, che vi svolse anche la sua opera creativa, dove i protagonisti ne trassero forza e ispirazione: Johann Nestroy, i pittori, poeti e musicisti Waldmüller, Bauernfeld, Nikolaus Lenau, Carl Millocker, Johann Strauss, gli attori Katherina Schratt e Alexander Girardi, e più tardi Franz Lehar e Ralph Benatzky. Oggi Klaus Maria Brandauer, il direttore d’orchestra Franz Welser Most e gli scrittori Barbara Frischmuth e Alfred Komarek sono i rappresentanti culturali di spicco della omonima regione. L’imperatore stesso amava molto il pittore e cacciatore Friedrich Gauermann (1807 – 12) e Franz von Pausinger (1839 – 1915), di cui conservò molti dipinti a Bad Ischl. In questo periodo, anche i “baroni del sale” e gli industriali del Greater Burgh tenevano i loro ricevimenti sociali nella zona. Il tempo in cui non si cacciava lo si trascorreva con la famiglia, rendendo omaggio, giocando a tennis, a carte e occasionalmente assistendo a concerti alle terme o dal pasticcere Zauner con il suo caffè annesso. Allo stesso tempo, si facevano trattamenti termali con salamoia in una delle numerose terme.
Si organizzavano anche gli amori autunnali dei cervi di montagna e si affittavano battute di caccia all’interno dei latifondi. Si poteva addirittura far realizzare sul posto una tradizionale pelle di camoscio o ritirare le famose “barbe di camoscio” legate artisticamente l’anno precedente.
Nei giorni in cui a Vienna non c’era la caccia, le persone si incontravano per caso mentre stavano aggiornando o ampliando la propria attrezzatura in uno dei numerosi e rinomati negozi di caccia della città, o anche semplicemente acquistando nuove munizioni. C’era il k.u.k. Springer, fornitore del tribunale del 1° distretto e di Josefstadt. Prima con Kalezky nella Babenbergerstrasse, poi con i maestri Denk, Mulacz, Kruschitz, Gschwantner e Brandeis. Il grande magazzino Groh in Kartnerstrasse aveva un proprio reparto di caccia: venivano acquistate grandi quantità di cartucce. Oppure le persone si incontravano nel 7° distretto presso il famoso tassidermista Hodek. Eduard Hodek (1827 – 1911) accompagnò il principe ereditario Rodolfo nelle battute di caccia e fu preferito dall’aristocrazia austroungarica per le sue abilità: il maestro Hodek lavorava con precisione e stile incomparabili. Lavorò anche per il Museo di Storia Naturale di Vienna e per la Haus der Natur di Salisburgo. Oppure si poteva acquistare armi con incastonature in argento presso l’argentiere di corte Halder – il padre fondatore dell’azienda era il gioielliere Franz Josef Halder (1884 – 1972) – in Michaelerplatz; ed ancora si poteva acquistare gioielli da caccia per donne. L’imperatore Francesco Giuseppe I fu il primo acquirente della leggendaria figura mitologica dello “Jagdsau” (Cinghiale da caccia mitologico) nel 1910. La miniatura avente forma di cinghiale, possedeva in capo dei palchi di cervo ed al posto della coda due palchi di camoscio: le orecchie avevano due grandi foglie ed al centro della bestia era incastonato un rubino, che simboleggiava il sangue e il desiderio della preda.
Haldersau su marmo di Salisburgo fu composto – ed è ancora in produzione presso “Halder Juwelier und Silberschmied” con argento, granato, marmo di Salisburgo e la leggenda narra che porti fortuna al cacciatore. Così nel 1910 l’Imperatore, quando aprì in suo onore la prima esposizione mondiale della caccia, Franz Halder presentò questo gioiello speciale: Francesco Giuseppe, accompagnato dal suo seguito, chiese cosa fosse questo nuovo oggetto e Halder spiegò il simbolismo umoristico a Sua Maestà; così Sua Maestà Imperiale e Regia preso il gioiello, lo consegnò a uno dei suoi aiutanti, noto per la sua mancanza di precisione, con le succinte parole «guarda, principe; forse questo migliorerà le cose». Il disegno di questa produzione proviene dal professor Waldmüller, discendente diretto del famoso pittore Biedermeier.

La leggendaria figura mitologica dello “Jagdsau” (Cinghiale da caccia mitologico) creato nel 1910. La miniatura avente forma di cinghiale, possedeva in capo dei palchi di cervo ed al posto della coda due palchi di camoscio: le orecchie avevano due grandi foglie ed al centro della bestia era incastonato un rubino, che simboleggiava il sangue e il desiderio della preda. Altra tradizione era rappresentata dai distintivi venatori della rispettiva zona geografica. Modelli eleganti con lavorazioni molto solide caratterizzano gli esemplari della ditta Halder, tradizione anch’essa oggi viva nell’antico negozio viennese in Reitschulgasse 4.
I tessuti venivano acquistati o confezionati su misura al Loden Plankl, a pochi passi da Michaelerplatz, o da Turczynski a Wollzeile. La ditta Morz in Mariahilferstrasse ha risolto i problemi relativi alle scarpe. La già citata Esposizione Mondiale della Caccia fu un evento straordinario e un’opera d’arte in cui è stato presentato il meglio dell’arredamento e della cultura venatoria. Le officine viennesi e la ditta Thonet hanno lavorato e costruito falegnamerie appositamente per questa mostra. E i grandi detentori del territorio della monarchia hanno sfoggiato i loro trofei unici e prestigiosi. Questa è stata una parata di performance straordinaria e incomparabile. I cacciatori più famosi da ogni parte del mondo si sono riuniti. Non solo gli amministratori forestali ne hanno parlato, ma tutti i cacciatori furono molto orgogliosi di questo evento unico, che ha portato anche alti profitti. Alcune persone furono ispirate a intraprendere nuove battute di caccia, così furono stabiliti contatti e firmati contratti di tiro. Questa grande mostra ha avuto per molto tempo un’influenza duratura sulla scena della caccia e ha plasmato anche il lato dei produttori e persino l’intero settore della caccia. Fu eretto un monumento all’ego della caccia in quanto le foto venivano pubblicate in numerose riviste venatorie, quando i maestri cacciatori annunciavano i loro percorsi o, come fece ad esempio il conte Rudolf Chotek, il quale descriveva ogni giorno l’esperienza dell’amore del cervo in interi saggi che furono pubblicati insieme alle fotografie. La notizia dei grandi percorsi per la caccia-bassa di Totmegyer si diffuse all’epoca sulle riviste indiane. Durante la stagione autunnale la caccia-bassa, che proseguiva fino all’inverno, godeva di una buona reputazione e molti tiratori avevano tempo a disposizione e disponevano anche dei mezzi finanziari necessari e della relativa indipendenza, per trascorrere settimane venatorie.
Tutti avevano dei buoni aiutanti con i quali si aveva già molta esperienza e routine. Il lavoro del cacciatore distrettuale, dell’allevatore di selvaggina, perfino dell’allevatore di cani, del boxmaker, del pastore e di altre professioni specializzate era molto stimato, e c’era anche la professione di maestro fagiano.

Gruppo di escursionisti: al centro Francesco Ferdinando, Alfonso XIII in piedi davanti a un albero a sinistra, l’arciduca Federico a destra, Halbturn, 1906.
C’erano ancora fumettisti venatori ed uno o due scrittori di caccia si univano spesso alle squadre per raccogliere esperienze e storie, raggiungendo un’alta reputazione letteraria. Di conseguenza, gentiluomini avventurosi e ben navigati stuzzicarono il loro appetito per l’Africa, il Canada e persino l’India, ed attraverso i cronisti, le loro storie di caccia attraversavano il globo tramite diverse pubblicazioni di successo. Il richiamo dell’Africa, era glorioso, ma pericoloso: Fritz Schindelar di Vienna, lavoro nel continente africano come cacciatore professionista; tuttavia, Schlinder rinomato per i suoi calzoni bianchi immacolati e gli stivali lucenti, per la sua audacia e il suo essere donnaiolo, fu ucciso intorno al 1912 mentre assisteva il miliardario regista americano Paul Rainey, nel fotografare un leone che caricava verso la telecamera.
I viaggi tra le cacce individuali, alternate, tra Boemia, Moravia, Slovacchia, i paesi dei Carpazi, Vojvodina, Ungheria e Austria erano molto faticosi.
E poi ci sono i viaggi all’estero. Si viaggiava molto in treno, anche con l’O.K.W., ma si verificavano comunque molti guasti, soprattutto danni ai pneumatici sulle cattive strade di campagna. Alcune persone arrivavano a caccia solo all’ultimo momento, quando si mettevano in fila, dopo aver viaggiato tutta la notte – provenendo da un’altra battuta di caccia il giorno prima. I Waidmanner e gli Schützen spesso avevano bisogno nella loro vita di diversi libri di caccia e di tiro per documentare i loro percorsi e le loro esperienze.
Anche i medici partecipavano spesso alle battute di caccia, per ragioni di sicurezza e per rassicurare, così da poter intervenire tempestivamente e con competenza in situazioni di particolare importanza (colpi di rimbalzo) e in un possibile incidente di caccia. Le massaie servivano ancora il pranzo nel campo o curavano la degustazione.
Ultime, ma non meno importanti, le varie mostre di caccia (come quella annuale di Budapest) mostravano agli appassionati cosa era stato ucciso da chi e dove e le persone potevano confrontare gli esemplari.
I cacciatori professionisti che confermavano un determinato capriolo al loro capocaccia o l’ora della loro partenza seguivano il rintocco dell’orologio del campanile di una chiesa vicina, oppure utilizzavano il proprio orologio da tasca. In breve: era il tempo dei grandi gentiluomini, delle grandi cacce, delle grandi distanze, dei tiratori eleganti e bravi, il tempo del saper vivere e la gente amava la compagnia, soprattutto la battuta di caccia. Le persone cacciavano al massimo e si vivevano bene, nell’organicità del mondo.
Oggi, coloro che ricordano quelle persone pensano ancora di poter “sentire” il suono delle loro parole e la melodia dei loro racconti: a venatione mihi salus.
_Erste Internationale Jagd Austellung Wien 1910;
_Nadler H., Spari nel bosco. Dal mio diario di caccia, Bietti, Milano, 1965;
_Neuberger K., Tolle Zeiten & Grosse Jäger, Bernodorf, 2009.
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