Il guascone di Fougères: La Rouërie, eroe dei due mondi

di Giuseppe Baiocchi del 20-06-2021

Rivale di La Fayette e di Lauzun, precursore di La Rochejaquelein, il marchese de La Rouërie aveva più ingegno di loro: si era battuto più spesso del primo; aveva rapito delle attrici all’Opéra come il secondo; sarebbe diventato compagno d’armi del terzo. In Bretagna, frugava i boschi in compagnia di un maggiore americano e di una scimmia seduta sulla groppa del cavallo. Agli studenti di diritto di Rennes piaceva, perché era ardito nell’agire e libero nel pensare: era stato uno dei dodici gentiluomini bretoni rinchiusi nella Bastiglia. Aveva corporatura e modi eleganti, un’aria audace, un volto affascinante, e somigliava ai ritratti dei giovani signori della Lega. Queste poche righe, del letterato francese R. A. de Chateaubriand (1778 – 1848), possono inquadrare bene lo spirito di quest’uomo, dalla vita incredibile.

Jean Fréour, Statua della Rouërie (1993) – Fougères, Ille-et-Vilaine, Bretagna, Place Aristide Briand (Square des Fusillés),

Per capire quanto perse la Francia durante le guerre di Vandea (1793-95-99-1815), è bene conoscere gli uomini singolarmente, tentare di tracciare – per quanto difficile – un percorso di completezza ad un periodo storico complicato. Tra i diversi generali, sicuramente un posto speciale merita il marchese de la Rouërie (1751 – 93). In un secolo generoso di grandi destini, pochi uomini avevano conosciuto tanta gloria e tanta disperazione, tanta elevazione e tanta umiliazione che questo signore bretone. Il bicentenario dell’indipendenza americana ha portato gli storici a riscoprire l’eroe dei due mondi, ingiustamente immerso nell’oblio nonostante il lavoro di Gosselin Lenotre (1855 – 1935).
Quando venne a stabilirsi definitivamente nella sua terra a Rouërie, vicino a Fougères, il colonnello Armand – come amava farsi chiamare – fu preceduto lì dalla fama delle sue brillanti imprese belliche, come anche dai frammenti di una giovinezza turbolenta. Nato il 13 aprile 1751, presso l’Hôtel de la Belinaye, Charles-Armand Tuffin de la Rouërie era figlio di Anne-Joseph-Jacques Tuffin, cavaliere e conte di La Rouërie e Dame Thérèse de la Belinaye.
A diciassette anni, partito per Parigi e messosi sotto l’egida di suo zio Charles de la Belinaye, mentore poco serio, entrerà nel corpo della Guardia francese della Maison du Roi. Difatti poco dopo, il giovane si era già invaghito di una attrice da operetta, Marie-Anne-Florence Bernardy-Nones (Miss Beaumesnil, 1766 – 1818), che da donna di mondo, gli dimostrò la follia di un simile progetto.
Il giovane, disperato, corse a chiudersi in un piccolo villaggio fuori Parigi, La Trappe, con la ferma intenzione di finire lì i suoi giorni. Non resistette una settimana, che riprese immediatamente la sua vita dissoluta a Parigi. Le sue goliardate furono memorabili: ha ballato una danza classica sul palcoscenico dell’Opera, ha avuto litigi, duelli, ha contratto debiti, e fortificato da questi talenti e dai suoi straordinari precedenti, non esitò a chiedere al conte de Ranconnet de Noyan, il suo vicino, la mano di una delle sue figlie. Nessuno del “bel mondo” fu sorpreso nell’apprendere il diniego del vecchio Tenente-generale.
Qualche tempo dopo, a seguito di una lite con il conte di Bourbon-Busset, cugino del re, riguardo la giusta gradazione per la cottura di un pollo, lo sfidò a duello; La Rouërie ferì il suo avversario, che morì dopo dieci giorni; il Re, informato del fatto, si arrabbiò e minacciò di impiccare La Rouërie che decise di porre fine alla sua vita. Per sfuggire alla corda, si somministrò l’oppio, ma la dose non fu sufficiente e ripresosi, fuggì a Ginevra, nella placida Svizzera.
Da lì fece spedire le sue dimissioni dalla compagnia di Radepont da Tenente della Guardia; dopodiché, dopo aver salutato sua madre, partì improvvisamente per il Nuovo Mondo, l’America, cedendo alla febbre contagiosa della libertà che ammaliò poi molti nobili. Prese tre domestici e lasciò in Francia un figlio a cui aveva dato il suo nome.
La traversata durò due mesi. Appena raggiunte le coste, la nave che trasportava Armand de la Rouërie fu attaccata da una fregata inglese. Lo scontro portò la distruzione dell’imbarcazione e il marchese, completamente nudo, si vide costretto – con i suoi tre domestici – ad arrivare a riva a nuoto. Era la fine dell’aprile del 1777, poco prima che arrivasse il talentuoso La Fayette a dare manforte a quegli inglesi ribelli che si erano auto-proclamati americani. Si era in piena guerra d’indipendenza americana (1775 – 83).
Il suo battesimo di fuoco avverrà nella battaglia di Short Hills il 26 giugno del 1777, nel quale con il grado di Colonnello, comanda una libera compagnia straniera dell’esercito Continentale.
La battaglia si concluse, tuttavia, con una sconfitta per gli americani contro gli inglesi, che erano meglio addestrati e due volte più numerosi. Il corpo di Armand viene decimato: 30 uomini su 80 vengono uccisi. Nonostante tutto, riesce a salvare un cannone, un’arma rara e preziosa per gli americani. La guerra prosegue e la sua leggenda cresce: nell’agosto del 1779 riesce a catturare John Graves Simcoe (1752 – 1806), comandante dei famigerati Queen’s Rangers, una truppa resosi celebre per le sue devastazioni. Ma l’azione più notevole di La Rouërie durante la campagna militare fu quella che fu chiamata il “Raid di Westchester”. La Rouërie comanda sia una truppa di fanteria che una di dragoni e con solo venti cavalieri, riesce nell’impresa di catturare un altro importante comandante inglese, il Maggiore Baremore capo di un corpo di partigiani lealisti, particolarmente temuti dalla popolazione1
Traslato nell’armata continentale meridionale nel 1780, la sua legione viene decimata nella Battaglia di Camden del 16 agosto, ma il suo essere bonario, allegro, coraggioso ai limiti dello spericolato, lo fecero rimanere simpatico agli americani e il nome di “colonnello Armand” divenne in breve tempo popolare come quello di La Fayette; così che François Jean de Beauvoir, marchese de Chastellux (1734 – 88) notò, nel 1780 come: «il Colonnello Armand è famoso in America per il suo coraggio e le sue capacità».
Dovendo ricostituire e riarmare la sua legione, torna in Francia per sei mesi, cercando di convincere la royal army a formare sotto il suo comando una forza armata all’interno dell’esercito continentale statunitense, ma la proposta viene rifiutata. Desideroso di riorganizzare la sua truppa, impegna le sue ricchezze e le sue terre avendo in prestito 50.000 sterline al 5% di interesse. La Rouërie acquistò così 100 selle di cuoio, 150 sciabole da ussaro, 160 paia di pistole, 975 camicie, 160 coperte, 150 paia di stivali con speroni, 320 elmetti di rame, metà dei quali con pennacchi, 4 trombe e 4 shako. Grazie ad una lettera di servizio di Washington, ottenne anche la croce di Saint-Louis il 15 maggio 1781 e la sua riabilitazione.
Di ritorno in America, prese parte all’assedio di York: in testa alle sue truppe, in mezzo a palle di cannone e fuoco d’artiglieria nemico, fu visto avanzare all’arma bianca in mezzo alla polvere da sparo che ben presto lo travolse occultandolo alla vista. Dato per morto, il marchese era vivo e vegeto: così George Washington (1732 – 99), per riconoscere il suo valore, lo autorizzò a raccogliere 50 uomini, tra i migliori dell’esercito, per rafforzare la sua compagnia completamente decimata.
Ha mostrato lo stesso coraggio ovunque: forse era, a suo piacimento, un modo per riscattare le sue follie passate. Due lettere conservate negli archivi del Ministero della Guerra, una da La Fayette, del 26 novembre 1778, l’altra dal Generale Washington, del 16 febbraio 1780, concordano di lodare «il suo illustre merito, il suo grande zelo, il suo attivismo, la sua intelligenza, prontezza e coraggio».
Terminata la campagna, lascio il nuovo mondo per ultimo, per rendere i servizi dei suoi compagni d’armi al Congresso e tornò in Francia nel 1783, da eroe, con 50.000 franchi di debito, la Croce di Cincinnatus, una scimmia e un amico, il Maggiore Chafner, un ufficiale americano che non avrebbe mai più lasciato.
Fu il ricordo del suo passato rumoroso o il tono leggermente sprezzante ed eccessivo che mise nella sua richiesta di servizio, ad impedirgli di ottenere il comando che cercava al suo ritorno? Resta il fatto che la sua richiesta fu respinta: nel vecchio mondo gli errori non si riparano.
All’inizio del 1786, La Rouërie cerca di riprendere la carriera delle armi, grazie ai suoi servizi in America, dove fu nominato colonnello, spera di ottenere una posizione equivalente all’interno dell’esercito francese. Il generale Washington raccomandò il marchese al conte Jean-Baptiste Donatien de Vimeur de Rochambeau (1725 – 1807) in una lettera del 16 maggio 1784.
Ma La Rouërie è tornato troppo tardi in Francia per beneficiare delle promozioni che sono già state concesse agli altri ufficiali. Anche Anne-César de La Luzerne (1741 – 91), ambasciatore francese negli Stati Uniti, cerca tuttavia di intervenire per suo conto.

Charles Willson Peale (1741 – 1827), Armand Tuffin de La Rouërie, olio su tela 1783.

Così Luigi XVI pensò che lo avrebbe soddisfatto nominandolo colonnello di un reggimento di cacciatori di piedi. Ma non conosceva l’orgoglio bretone: La Rouërie rifiutò, egli voleva mantenere il prestigio di un reggimento di cavalleria e non concepì di servire nella fanteria. Sperando di migliorare la sua posizione agli occhi del Sovrano, discusse invano con il Ministro della Guerra Louis-Marie-Athanase de Loménie, conte di Brienne (1730 – 94), che aveva notoriamente ottenuto la stima di Washington, ed era stato nominato colonnello anche prima di La Fayette. Ottenne tuttavia unicamente l’assicurazione dall’ex Ministro della Guerra, il Maresciallo Philippe Henri, marchese di Ségur, che i suoi servizi in America sarebbero stati considerati come se fossero stati al servizio della Francia. Con un nulla di fatto, ritornò in Bretagna, costretto, a trentatré anni, a vivere pigramente nel suo Hôtel a Fougères o nel suo castello a Rouërie. La sua fortuna era, inoltre, compromessa: possedeva una passività di 65.000 franchi.
Armand fu costretto a ripensare ad un matrimonio che risanasse le sue finanze. La figlia maggiore del conte de Noyan, di cui una volta aveva chiesto la mano, aveva sposato il conte di Kersalaün. Era verso la signorina Louise Charlotte Guérin marchese di Saint-Brice2 che pose gli occhi e dalla quale fu ricambiato: una delle più belle donne e soprattutto una delle ricche ereditiere della Bretagna.
La madre del Marchese de la Rouërie, l’amico Chafner, sua cugina Thérèse de Moëlien de Trojoliff, firmarono il contratto stipulando, in regime comunitario secondo l’usanza bretone – con l’esclusione, tuttavia, dei debiti contratti prima ed eventualmente dopo il matrimonio – una successione paterna di 24.000 libbre di mobili dalla futura moglie. Il matrimonio ebbe luogo nella cappella del castello di La Motte à Saint-Brice-en-Coglès, il 27 dicembre del 17853.
Dopo tre mesi di unione, la giovane marchesa de la Rouërie si ammalò di tubercolosi polmonare. Suo marito chiamò un giovane medico di ventisette anni, il dottor Valentin-Marie-Magloire Chevetel (1758 – 1834), eminenza grigia che avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella vita del marchese. Chévetel, figlio di un onorevole dottore di Bazouges, che da bambino prestava le sue cure a Chateaubriand, aveva un aspetto gradevole, modi eleganti, spirito distinto e fece subito colpo a la Rouërie, che lo trattò da amico al pari del maggiore Chafner. Il medico, ordinò alla moglie le acque termali di Cauterets, ma la permanenza nei Pirenei non alleviò Louise Charlotte: morì dopo alcune settimane, il 18 luglio 1786, appena sei mesi dopo il matrimonio.
La morte improvvisa della giovane moglie, pose fine anche all’idea di un viaggio in Prussia con il maggiore Schaffner, per studiare la strategia militare dell’esercito alemanno-tedesco, che era particolarmente famoso.

Inattivo e rattristato, il marchese si dedica alla caccia nelle sue selvagge tenute della Bretagna. Vi erano allora in Bretagna sei foreste nere: l’ausilio dell’elemento silvano fu fondamentale per la rivolta in Vandea. La foresta di Fougères, sbarrava il passaggio fra Dol e Avranches; quella di Princé, di otto leghe di circuito; quella di Paimpont, piena di torrenti e di ruscelli, quasi inacessibile dalla parte di Baignon con una ritirata facile su Concornet; la foresta di Machecoul che avrebbe avuto Charette per bestia feroce; la foresta di la Garnache che era in mano dei La Trémoille, dei Gauvain e dei Rohan; la foresta di Broceliande, che apparteneva alle fate.

Durante questo periodo, frequentò principalmente il maggiore Schaffner e sua cugina Thérèse de Moëlien de Trojolif (1759 – 93). Queste tre persone quasi mai si lasciano, Schaffner e Moëlien si stabiliscono addirittura nel castello di La Rouërie. Talvolta è stato affermato che il marchese e Thérèse erano amanti, ma sono voci che rimasero sempre nei corridoi. Essendo diventato amico del dottor Valentin Chevetel, La Rouërie ottenne per lui un posto come medico a Parigi nella casa del conte di Provenza, fratello del Re.
La Rouërie, sempre più annoiato fu “salvato” dagli eventi che stavano per succedere in Bretagna. Il suo pensionamento sembra concludersi quando iniziò una lite governativa tra la corte di Versailles e la nobiltà bretone, sostenuta dal parlamento della Bretagna. Personaggio noto in tutta la Provincia, il “Colonnello Armand” non si lasciò scappare questa nuova interessante difesa politica per il suo popolo.
L’8 maggio del 1788, il Luigi XVI approvò gli editti di Brienne e Lamoignon, attraverso i quali annullò i poteri politici e diminuì la competenza giudiziaria dei parlamenti. Ma il parlamento della Bretagna, provincia di Stato, rifiuta la nuova applicazione regia, poiché considera tali editti contrari al trattato dell’Unione di Bretagna alla Francia del 1532. Antoine-François Bertrand conte di Molleville (1744 – 1818) intendente della Bretagna, recatosi a Rennes, per registrare gli editti in Parlamento, trova le barricate e insulti con tanto di lancio di pietre e persino alcuni colpi di pistola. La truppa furono inviate per ripristinare l’ordine, ma alcuni ufficiali, anch’essi bretoni, sono riluttanti verso la repressione. Scontri si svolgono a Rennes, ma alla fine i soldati governativi sono costretti a battere in ritirata. La nobiltà degli Stati di Bretagna firmò una petizione di massa al Re, decidendo di inviare una delegazione di dodici nobili bretoni per portare una rimostranza a Versailles. Gli chevalier scelti sono tutti celebri: i marchesi, Maurice Gervais Joachim Geslin de Trémargat (1740 – 1819), Charles Sévère Louis de la Bourdonnaye de Montluc (1737 – 98), César de Carné-Trécesson (1742 – 1825), Claude Henri du Bois de La Féronnière (1740 – 1800) e La Rouërie; i conti di Nétumières, Becdelièvre, La Fruglaye, Bedée, Cicé e Godet de Chatillon, e infine lo chevalier di Guer.
La delegazione inizia portando una dichiarazione a Henri Charles Gabriel de Thiard de Bissy, conte di Thiard (1723 – 94), comandante delle truppe reali a Rennes: «Dichiariamo infami coloro che potranno accettare alcuni posti, sia nella nuova amministrazione della giustizia, sia nell’amministrazione degli Stati, poiché non sono riconosciuti dalle leggi della Bretagna»4.
Il 5 luglio all’arrivò a Versailles, l’atmosfera era tesa: i deputati bretoni erano sgraditi. Il re rifiuta di riceverli in pubblico. Dopo aver informato il Parlamento, la delegazione rimane a Parigi, in attesa del “buon piacere di Sua Maestà”. Incredibilmente la sera del 14 luglio 1788, i deputati bretoni vengono arrestati da agenti reali provvisti di lettere con tanto di timbro reale: li aspetta la Bastiglia. Informato il parlamento della Bretagna, questo si sforza di provvedere ai loro bisogni e persino nell’assicurare loro un certo conforto. Ai prigionieri furono quindi consegnate 240 bottiglie di Bordeaux e il 21 agosto, fu affittato un tavolo da biliardo per i detenuti.
Il maggiore Schaffner scrisse una lettera al marchese de La Fayette per lamentarsi della prigione dei deputati bretoni. Gilbert du Motier rispose: «Non hai nulla da temere per il nostro amico comune, se non la noia della prigione e ho motivo di credere che la situazione non durerà molto. Le sofferenze di Armand, per il suo paese, aumenteranno la sua fama e gli manterranno un rispetto pieno di onore nell’assemblea generale»5.

Château de la Rouërie à Saint-Ouen-la-Rouërie ©-Sten-Duparc – Originariamente basato sulle fondamenta di un’antica rocca dell’XI secolo, il castello fu costruito in diverse campagne, principalmente nel 1624, 1730, 1824. Proprietà del marchese Armand Tuffin de la Rouërie. La madre del marchese, nata Thérèse de la Belinaye, decise prima della sua morte nel 1808, di vendere l’intera tenuta , che fu rilevata nel 1813 da Georges-Bourges du Pré de Saint-Maur. La famiglia Barbier du Mans de Chalais è proprietaria del castello dal 1822, per acquisizione della famiglia du Pré de Saint-Maur.

Il 25 agosto 1788, il ministero guidato da Étienne-Charles de Loménie de Brienne cadde, causando il rilascio dei dodici deputati lo stesso giorno. Il ritorno in Bretagna, e in particolare a Fougères per il marchese La Rouërie, è un trionfo. Le parole di La Fayette si avverano: Armand è uno degli uomini più popolari di Bretagna, la sua fama lo precede. Ma la discordia, che avrebbe portato il Paese alla rovina, non era ancora finita. Apparve un altro spettro, questa volta interno, che si opponeva ai deputati della nobiltà a quelli del Terzo Stato. Così come ampiamente descritto da Chateaumbriand in Memorie d’Oltretomba, gli Stati della Bretagna, convocati nel dicembre del 1788, si conclusero in un conflitto armato che portò ad un nulla di fatto.
Il 26 gennaio, un giovane leader studentesco Jean Victor Marie Moreau (1763 – 1813), rimasto celebre in seguito per un tradimento militare contro Napoleone, già capo degli studenti della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Rennes – dove insegnava il liberale Jean Denis, conte di Lanjuinais (1753 – 1827), Isaac René Guy Le Chapelier (1754 – 94) e Louis-Jérôme Gohier (1746 – 1830) –, ebbe l’idea di costituire un Club bretone, e con un una rivolta armata studentesca, assalire gli Stati Generali per costringere i nobili ad accettare le clausole del Terzo Stato.
Ma quello che Moreau non si aspettò fu certamente la reazione dei nobili, che armi alla mano uscirono dall’assemblea il 27 gennaio. La Rouërie, ovviamente, è il primo ad uscire spada al vento fuori dal convento. Quel gruppo folto di nobili vedeva anche un giovane Chateaumbriand bagnarsi del suo primo sangue e diventare poi il poeta guerriero emigrato nelle armate dei Prìncipi.
Certamente la vista del mito La Rouërie, che avanzava alla loro testa, non sconcertò solo gli stessi giovani rampolli bretoni, ma anche e soprattutto gli studenti con i quali era diventato personaggio noto e popolare. Ci furono morti e feriti e i nobili forzarono il blocco. La data di apertura degli Stati Generali a Parigi si stava avvicinando e La Rouërie ambiva ad essere eletto deputato. Ma quando presentò la sua candidatura a Rennes, incontrò l’opposizione del resto della Nobiltà. In effetti, la noblesse e l’alto clero della Bretagna si decisero di disertare, per protesta, gli Stati Generali che di lì a poco si sarebbero tenuti. Secondo loro, l’ordinanza di Necker, che come spiegato, aveva abilmente regolato la modalità delle elezioni per gli Stati Generali, non tiene conto delle leggi e dei costumi della Bretagna. Inoltre, la nobiltà intende protestare contro l’aumento dei deputati che il Parlamento ha concesso al Terzo Stato. La Rouërie è uno dei rari nobili bretoni ad opporsi a questa misura. Tentò di convincere, quasi uno per uno, tutti i nobili membri del Parlamento, ma senza successo.
Un uomo, “il Colonnello Armand” davvero singolare, che ispira simpatia: liberale, combattente per gli Stati Uniti, ammiratore della Rivoluzione Americana, legato al governo repubblicano statunitense, in Francia rimane ferocemente un realista. Perché? Il motivo è semplice: è un uomo mosso dagli ideali politici, che sono sempre legati alla storia e alla tradizione di un Paese. Come è vero che un asino non è un cavallo, così il giovane Stato americano, non assomigliava al Regno di Francia, che con tutti i suoi errori, doveva conservare la figura del Sovrano. Se si può esprimere un paragone, questo può essere fatto con le idee vicine a quelle dello statista e filosofo inglese Edmund Burke (1729 – 97), controrivoluzionario di tendenza liberale, che in seguito avrebbe scritto le sue “Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia”.
Infastidito di non poter partecipare alle Tenute Generali, il marchese tornò a Saint-Ouen-la-Rouërie, ma continuò comunque a seguire gli eventi a Parigi e Versailles. Si ripete anche per lui, il profilo ideologico di tutti gli uomini che presero parte alla controrivoluzione vandeana: anche La Rouërie ambiva ad una Monarchica Costituzionale. Sebbene favorevole alle riforme, la piega che gli eventi prendono lo rattrista molto. Molto legato ai diritti della provincia della Bretagna, disapprova totalmente l’istituzione dell’Assemblea Costituente che soppianta i parlamenti locali. Credeva che i poteri del Re dovessero essere limitati dai parlamenti provinciali e non da un’unica assemblea seduta nella capitale. Abbastanza indifferente alla presa della Bastiglia, si oppose in particolare agli eventi della notte del 4 agosto, dove, con l’accordo dei deputati bretoni del Terzo Stato, tutte le leggi, gli statuti e le usanze speciali della Bretagna, erano considerate unicamente dei privilegi e vengono rimosse.
Irritato e profondamente deluso dalla Rivoluzione francese, incapace di opporsi agli eventi della storia che lo sommergono, La Rouërie pensa anche di emigrare negli Stati Uniti, ma scappare non sarebbe stato da lui. Cominciò a frequentare uno dei suoi vicini, il conte Louis-René conte di Ranconnet-Noyan (1730 – 1810), un antico Signore che viveva a La Mancelière, nel Baguer-Pican, il quale condivideva le idee del marchese. Dalle loro discussioni, nascerà l’idea di dare vita ad una associazione per la difesa delle leggi specifiche della Bretagna.
A metà dell’anno 1789, La Rouërie scrive al suo amico George Washington, dove gli espone i suoi propositi: «Gli eventi in questa parte del mondo non stanno andando come le persone oneste e imparziali vorrebbero. Eccellenza dovete aspettarvi notizie molto angoscianti sotto questo punto. Temo due grandi mali per questo paese: l’anarchia e il dispotismo. […] Ogni spirito qui si afferma genio e crede di essere un legislatore. Uomini di spirito, li abbiamo. Uomini di conoscenza, virtuosi delle arti e delle scienze, li abbiamo. Ma uomini straordinari per la profondità delle loro opinioni e la loro devozione al bene pubblico, questi non li abbiamo. La nobiltà si aggrappa ai loro diritti di nascita. Per quanto riguarda il clero, avrebbe combattuto se avesse avuto più coraggio e meno figli naturali. […] Mio caro generale, non è così che voi e il vostro Paese avete ottenuto la libertà»6.
In un’altra lettera a Washington, che nel frattempo divenne presidente degli Stati Uniti, risalente all’agosto del 1790, scrive: «Ho mantenuto tutti i miei amici del passato, tranne quelli che hanno un posto nella nostra Assemblea Nazionale, che disprezzo profondamente, qualunque parte scelgano, perché hanno tutti tradito la loro carica»7.
Il 22 marzo 1791 a Fougères, il marchese de La Rouërie ricevette la visita di François-René de Chateaubriand che doveva partire per l’America. La Rouërie gli scrisse una lettera di raccomandazione per Washington: sarebbe stata l’ultima corrispondenza effettuata dal marchese al Presidente degli Stati Uniti.
La soppressione delle particolari leggi della Bretagna indigna soprattutto la nobiltà, che rimpiange fortemente la sua assenza agli Stati Generali di Parigi. All’inizio del 1791, René-Jean de Botherel du Plessis (1745 – 1805), procuratore generale sindacale degli Stati della Bretagna, denunciò le misure dell’Assemblea costituente.
«Dichiariamo solennemente, in nome e per la felicità del popolo bretone, che la cosiddetta Assemblea Nazionale è illegalmente costituita, ed è contraria alla costituzione e ai diritti e delle franchigie della Bretagna, poiché tende a sovraccaricare questa di tasse come già avvenuto nelle altre parti del Regno […] e adottiamo tutte le precauzioni prese e da prendere per annullare, e ripristinare la maestosità del Trono e mantenere i diritti della provincia che nessuna autorità può distruggere e dalla quale potrebbe essere spogliata solo dall’ingiustizia e dalla malafede»8.

Un agente dei principi durante la Rivoluzione: il marchese de la Rouërie e la congiura bretone 1790-93, secondo documenti inediti di Lenotre, G., (1855-1935) del 1901.

Per tutto l’anno 1790, La Rouërie lavorò per convincere i suoi conoscenti ad unirsi all’Association bretonne (Associazione bretone), rivolgendosi a nobili e personalità influenti del popolo. Cerca soprattutto di limitare l’emigrazione dei nobili, ma senza molto successo, arrabbiandosi con coloro che gli avevano promesso aiuto, come de Botherel du Plessis, e che infine emigrarono. La Rouërie inviò così una prima lettera al Charles-Philippe conte di Artois (futuro Carlo X di Francia, 1757 – 1836), all’epoca capo dell’emigrazione francese in Inghilterra: «Sarebbe necessario, Monsignore, opporsi al numero crescente di emigranti. In Inghilterra non servono a niente; mentre qui, nelle province, possono riguadagnare la loro influenza familiare e, se necessario, combattere con gli uomini a loro devoti. Potrebbero esserci attacchi isolati contro la loro gente, ma più siamo visti come numerosi e determinati, meno cercheranno di attaccarci»9.

Affinché questa associazione ottenga la vera legittimità, deve essere approvata dal Re. Ma Luigi XVI è considerato dai realisti un prigioniero dei rivoluzionari. La Rouërie decide quindi di rivolgersi al conte di Artois, fratello del re, poi emigrato a Coblenza nel Sacro Romano Impero degli Asburgo. La Rouërie salpò così per Saint-Malo alla volta dell’Inghilterra nel maggio 1791, accompagnata dal maggiore Schaffner, Teresa di Moëlien, sua cugina Gervais Marie-Eugène Tuffin de La Rouërie e tre dei suoi domestici.
Dopo un breve passaggio attraverso l’Inghilterra, i viaggiatori raggiungono Ostenda, arrivando a Coblenza il 20 maggio, quindi vanno a Ulm dove vengono accolti dal conte di Artois.
Quest’ultimo dà la sua approvazione al progetto, ma non avendo denaro sufficiente con sé, non può fornire i fondi necessari. Tuttavia, raccomanda di contattare Charles Alexandre de Calonne, il quale diede dei preziosi suggerimenti inerenti l’organizzazione dell’associazione, in particolare sulla necessità di reclutare un tesoriere e un ufficiale di collegamento.
Il “Colonnello Armand” non ama gli emigrati, tuttavia trova reclita tra loro una sua vecchia conoscenza americana: lo chevalier Jean-Baptiste Georges de Fontevieux (1759 – 93), uno dei suoi ex-ufficiali. Fontevieux, originario del Palatinato-Deux-Ponts, è di origine franco-tedesca. Antrò nell’Associazione, accettando di diventare ufficiale di collegamento e responsabile della trasmissione di spedizioni e posta tra Coblenza e la Bretagna.

Dopo aver sbrigato la pratica burocratica con il Conte d’Artois – un documento firmato che conferma il suo accordo sulla creazione dell’Associazione –, i bretoni riattraversano il confine e ritornano in Francia. Il documento, cucito in una cintura, è indossato da Thérèse de Moëlien. Mentre i bretoni viaggiano attraverso la Lorena, il re Luigi XVI e la sua famiglia, in fuga, vengono arrestati a Varennes, non lontano da lì. I bretoni conosceranno questo luogo durante il loro tragitto. Fatalità, arrivarono a Parigi il 25 giugno del 1791, il giorno stesso del ritorno del Re nella stessa città. Alla ricerca di un posto dove trascorrere la notte a Parigi, La Rouërie va con i suoi compagni dall’amico Valentin Chevetel che li ospita. Con l’amico medico discute come sempre di politica, poiché fin dalla loro conoscenza si erano ritrovati nelle idee liberali. La Rouërie, in serenità, gli espone i suoi piani senza il minimo sospetto. Tuttavia, il povero marchese non poteva sapere che l’ideologia di Chevatel era cambiata radicalmente per causa della rivoluzione.
Vicino al Club dei cordiglieri, divenuto ardente patriota, era vicino a Marat e Danton. Astutamente accogliendo La Rouërie e i suoi compagni a casa sua, sta attento a non condividere le sue idee politico-rivoluzionarie con i suoi ospiti. All’inizio, l’Association bretonne fu semplicemente un’organizzazione civica di persone oneste contro estremisti rivoluzionari, ma l’evoluzione della Rivoluzione portò l’associazione a divenire un apparato militare organizzato, già all’inizio del 1792.
Di ritorno in Bretagna, La Rouërie riporta il potere concesso dal conte di Artois: «Essa è molto lontana da qualsiasi progetto tendente al dispotismo, i suoi princìpi sono fortemente contrari al governo arbitrario e ambiscono unicamente a rimettere il re in una posizione di forza per rafforzare le basi della monarchia, donando felicità al popolo, ed esercitando un’autorità temperata dalle leggi che ristabiliranno la vera Costituzione francese che può essere facilmente riconciliata con una ragionevole libertà; L’aiuto dato è di carattere gratuito; la restaurazione dell’ordine non prevede smembramenti o perdite delle province; uno dei primi effetti della controrivoluzione sarà quello di ripristinare le province nei loro diritti ereditari e di restituire loro gli Stati, la cui convocazione avverrà nel momento stesso in cui il ritorno del buon ordine sarà nuovamente consentito; che risparmieremo il più possibile i mezzi repressivi; quella forza sarà usata solo per reprimere la ribellione testarda; inoltre tutti coloro che, al momento della pubblicazione del Manifesto, rientreranno nella fedeltà regia, saranno assolti dalla precedente condotta intrapresa, a patto che questa non sia stata macchiata da un grande crimine che non possa essere rimosso. In tal caso il procedimento giudiziario, sarà giudicato in base alle leggi e alle forme giudiziarie del Regno»10.
Successivamente, l’associazione riceve anche il sostegno del conte di Provenza, il futuro Luigi XVIII, anch’egli emigrato. Il 4 ottobre 1791, scrive con la sua notoria affabilità: «Potete, signore, assicurarvi da parte mia che il marchese La Rouërie è stato incaricato direttamente dal conte di Artois sui punti statutari dell’Associazione, proposta unicamente per il bene della provincia di Bretagna. Non esito ad unire la mia approvazione a quella di mio fratello e che, conoscendo i sentimenti e la condotta saggia di M. de La Rouërie, esso merita di avere la nostra fiducia e il nostro appoggio a quello che mio fratello ha già concesso. Vi esorto nel continuare il supporto a questa organizzazione, che ci vede già condivisori»11.
La Rouërie decise quindi di organizzare l’associazione. In ogni città del vescovato furono collocati sei commissari e un segretario dell’associazione dei tre Stati. L’amministrazione è detenuta da due segretari Deshayes e Joseph Marie Loaisel de Tréogate (1752 – 1812), mentre il tesoriere sarà colui che tristemente si rese celebre come l’eroe dell’affare di Nancy12, Antoine-Joseph-Marc Désilles (1767 – 90); due uomini, Henri, un oste di Saint-Servan e Vincent sono responsabili dei collegamenti con l’isola di Jersey.
Gli uomini ricevettero così la consegna, attraverso l’Inghilterra, di argento, 6.600 fucili, polvere nera, 300 uniformi complete e 4 cannoni. Viene organizzata l’assunzione dei volontari e si cerca il sostegno delle guarnigioni della Guardia Nazionale. Per regolare i ranghi, si adatta una metodologia davvero innovativa e inusuale. Difatti le truppe si formano, così come i gradi militari, in base alla «quantità numerica di uomini che ciascuno candidato potrà fornire. Chiunque fornisca venti uomini d’armi verrà graduato; trenta, sarà un sottotenente; quaranta, tenente, e così via. Tutto ciò avviene senza richiedere nessun rango di nobiltà per nessun grado e senza dar peso al ceto sociale».
La Rouërie trova sostegno anche tra la popolazione bretone, molto delusa dalla Rivoluzione. Dopo un periodo iniziale favorevole ad essa, adesso è anche fortemente ostile alla Costituzione civile del clero. Sebbene non particolarmente pio, La Rouërie è cattolico. Respinse la Costituzione civile del clero e lo fece con decisione nel manifesto dell’Associazione che stava preparando: «Non possiamo nascondere il fatto che il malcontento popolare si sta diffondendo sempre di più; l’alienazione generale che il popolo mostra per i sacerdoti costituzionali, unita alla stessa diserzione generale della vera chiesa di Roma, che si unisce fin troppo chiaramente al desiderio della grande maggioranza del popolo, contrario alla legge che ha diviso perfino la vecchia chiesa e ha spazzato via il clero francese, senza alcun motivo di pubblica utilità»13.
Denuncia anche, dopo l’abolizione degli Stati di Bretagna, un aumento della povertà e un aumento delle tasse ora tre volte più elevato. «Non possiamo più nascondere che la miseria pubblica sta peggiorando di giorno in giorno, che il commercio sta languendo sempre di più; lasciare che le antiche risorse del popolo vengano spazzate via; e che, tuttavia, […] persino la religione diventa per lui la questione di una nuova tassa»14.
La Rouërie porta con sé tre aiutanti di campo: Aimé Casimir Marie Picquet, chevalier du Boisguy, (detto Bois-Guy 1776 – 1839), di soli quindici anni, Michel-Alain de Limoëlan (1734 – 93) e suo cugino Marie Eugène Charles Tuffin de La Rouërie (1765 – 96), elemento prezioso per i contatti con il porto di Saint-Malo per i collegamenti con i prìncipi emigrati in Inghilterra.
Altri nobili, che in seguito si sono distinti nelle guerre delle Chouannerie, si sono uniti allo Stato Maggiore dell’associazione bretone: Amatore-Jérôme Le Bras des Forges de Boishardy (1762 – 95), Charles Olivier Marie Sévère conte di la Bourdonnaye-Montluc (1766 – 1859), Toussaint du Breil, visconte di Pontbriand, (1776 – 1844), Vincent de Tinténiac (1764 – 95), Sébastien de la Haye, conte di Silz (1756 – 95), Louis-Anne Pontavice (1766 – 93), Jean du Buat, Charles-Edouard de La Haye-Saint-Hilaire (1775 – 1807), Louis Joseph Bénigne de La Haye-Saint-Hilaire (1766 – 1838), Auguste Hay de Bonteville (1775 – 1846) e il principe de Talmont. Se persone di umili origini, come Pierre Guillemot (1759 – 1805) e René Guiheneuf (1746 – 93) si uniscono all’Associazione, la maggior parte dei soci proviene dall’aristocrazia.
Quando il 20 aprile 1792, la Monarchia Costituzionale che vigeva ancora in Francia dichiarò guerra all’arciducato d’Austria del Sacro Romano Impero, che ricevette lo stesso giorno, il sostegno del Regno di Prussia e dell’esercito degli emigrati di Condé. Quando la prima coalizione contro i giacobini è formata, l’Association bretonne è pronta per il combattimento, con una forza di 10.000 soldati.
Da parte loro, i rivoluzionari nel paese di Fougères, intimiditi, non sanno davvero come agire. Sospettano che il marchese mantenga uomini armati e che si svolgano manifestazioni, ma non possiedono prove necessarie. Inoltre, “il Colonnello Armand” non ha mostrato alcun desiderio di conquista, ma pubblicamente presenta la sua associazione come votata alla difesa dal brigantaggio.
Per quanto riguarda Valentin Chevetel, il suo amico dottore, ha ancora le sue amicizie in ciascuna delle due parti, ma tende a non informare più di nulla il suo vecchio amico. Così fino al maggio 1792, le autorità patriottiche del paese non intrapresero alcuna azione contro il marchese o i membri della sua associazione.
Alla fine dello stesso mese, un apparente raduno di diverse decine o centinaia di persone, che vede riuniti tutti i capi dell’associazione, si svolge a Saint-Ouen-la-Rouërie, presso il castello del marchese. Il giorno successivo, gli amministratori dei comuni di Saint-James e Pontorson segnalarono al distretto di Avranches che era in programma un complotto nel castello di La Rouërie. Il sindaco di Saint-Ouen-la-Rouërie Thomas de Lalande, finora tiepido nell’iniziativa, si decide ad intervenire, rivolgendosi al generale Augustin René Christophe de Chevigné (1737 – 1805) di Rennes che ordinò una perquisizione. Il 31 maggio, guidato da Varin e Hévin, membro del consiglio di amministrazione del dipartimento di Ille-et-Vilaine, 400 uomini, penetrarono nel castello del marchese, ma la ricerca fu infruttuosa: il castello era vuoto, tranne alcuni servi e la scimmia che certamente spaventa i soldati. Non viene trovato nulla di compromettente, nessun documento, nessuna arma. I soldati battono la campagna circostante in cerca di prove, senza alcun risultato.
Durante questo periodo, i suoi collaboratori si disperdono. Prevedendo il disastro, La Rouërie trasmette tutti i suoi documenti a Jean du Buat, il quale fuggì in Inghilterra con altri aristocratici dell’Associazione. L’importanza dei documenti affidati, come il documento del duca d’Artois, mostra la fiducia tra i membri. La Rouërie si rifugiò quindi a Mayenne, nel castello di Launay-Villiers, che appartiene a uno dei suoi amici, il cavaliere di Farcy. Cambiando dipartimento sfugge dalla giurisdizione di Ille-et-Vilaine. La Rouërie adotta il falso nome di “Monsieur Milet”, un commerciante di vini presso Bordeaux. Rimane tuttavia in contatto con Schaffner, Moëlien, Fontevieux, Gervais e du Pontavice. Ora deve solo attendere il segnale pianificato per scatenare la rivolta. Ai margini del parco del castello di Launay-Villiers si trova la foresta di Misedon. Questa foresta era la tana di Jean Cottereau (detto Jean Chouan 1757 – 94) e i suoi uomini che avevano preso il nome di Chouans15. Ma da dove deriva questo nome? Ebbene Jean Cottereau e i suoi fratelli ereditarono tutti il cognome Chouan già dal padre, un mercante di zoccoli di Saint-Berthevin a Mayenne, al confine con la Bretagna. Il soprannome ha avuto origine dal suo talento per impersonare il grido del gufo bruno (chouette in francese), chiamato così anche nell’antico francese (chat-huant), una designazione sopravvissuta nell’Ovest dalla lingua d’oïl, il dialetto parlato in Mayenne. Il loro nonno praticando, di nascosto al Signore, la caccia di contrabbando, usava il suono del gufo come segnale di avvertimento per i suoi compagni nel caso di intrusi all’interno del bosco.
Verso la fine di settembre del 1792, avviene un’altra ricerca del famigerato ex Colonnello La Rouërie. A Mayenne, alcune truppa di guardie nazionali, provenienti da Andouillé, La Brûlatte, La Baconnière e Saint-Germain-le-Guillaume non trovando nuovamente il sospetto, decidono di saccheggiare il castello di Fresnay e il castello di Villiers. Avvisati, i contadini di Launay-Villiers e Bourgon si radunarono a Launay-Villiers, un luogo che il marchese aveva appena lasciato dopo essere rimasto lì illegalmente per tre mesi.

Incisione del marchese de la Rouërie.

Al cavaliere Jacques de Farcy, proprietario del castello di Villiers, che chiese agli insorti di non andare a perdere la vita per la sua proprietà, i contadini replicarono che dopo i castelli dei nobili, sarebbero state le loro fattorie a essere bruciate dai patrioti. Decidono quindi di continuare la loro azione punitiva e si dirigono verso Bourgneuf. Uno degli agenti di La Rouërie, Jean-Louis Gavard, comandato da Jean Chouan, prese quindi il comando degli insorti. I contadini partirono immediatamente alla ricerca delle guardie nazionali, che raggiunsero a Bourgneuf-la-Forêt la sera. Quest’ultimi vengono sconfitti con la perdita di 18 morti. Fonti riportano di uno sconosciuto apparso improvvisamente durante la battaglia con una scimmia al seguito, che preso il comando dei vandeani, li lasciò solo a vittoria conseguita. Essendo Cottereau iscritto alla l’Association bretonne, tutto suggerisce che l’uomo in questione potrebbe essere La Rouërie.
Il giorno dopo, le truppe regolari della città di Laval, accorse per porre fine all’insurrezione, ricevono un’altra imboscata nei pressi dello stagno de la Chaîne. Il combattimento di Bourgneuf-la-Forêt ebbe sarà il primo combattimento che precederà la Chouannerie.
Più tardi, i rivoltosi, applicarono alle loro insegne un curioso “scudo araldico” della rivolta delle Chouannerie. Lo stemma reale dei Re di Francia, veniva infatti sorretto da un gufo per lato, con un doppio motto: In sapientia robur sic Reflorescent16.
Il contadino bretone avrà due punti d’appoggio: il campo per il nutrimento e il bosco per l’occultamento. Sarebbe difficile oggi far comprendere cosa poteva signifiare e soprattutto cosa era la foresta per un bretone: erano città. Le sterminate boscaglie sarebbero state dei nidi di immobilità e di silenzio; se si fosse improvvisamente diboscato una di queste foreste, durante le guerre di Vandea, sarebbe comparso un brulichio di uomini.
L’ingegno dei bretoni fu tale che usarono all’interno delle foreste dei pozzi rotondi e stretti, mascherati al di fuori da coperchi di pietra e di fronde, verticali e orizzontali, che si aprivano in terra a forma di imbuto e terminavano in camere tenebrose. Una delle radure più selvagge del bosco di Misdon, fu traforata da gallerie e da loculi dove andava e veniva un popolo misterioso, veniva chiamata «la grande città». Una radura non meno deserta al di sopra e non meno abitata al di sotto si chiamava «la Piazza reale».
Questa vita sotteranea durava da moltissimo tempo in Bretagna. Dal tempo dei druidi risalivano le cripte, le quali erano antiche come i dolmen. Per sfuggire si erano rifugiati prima nelle foreste poi sotto terra. Risorsa delle bestie, questi covi erano ancora pronti nei boschi quando la rivoluzione scoppiò. La Bretagna si rivoltò trovandosi oppressa da questa liberazione forzata.
Il sottosuolo di tali foreste era una specie di madrepora traforata in tutti i sensi da un labirinto sconosciuto di cellule e di gallerie. Ognuna di quelle cellule cieche dava asilo a cinque o sei uomini. Difficile era respirarvi. In Ile-et-Vilaine, nella foresta del Pertre, asilo del principe di Talmont, non si sentiva un soffio, non si notava una traccia di uomo e vi si sarebbero trovavano seimila uomini; con Focard nel Morbihan, nella foresta di Meulac, non si vedeva nessuno, e vi si nascosero ottomila uomini. Battaglioni invisibili stavano all’agguato. Questi eserciti ignorati sarebbero serpeggiati sotto gli eserciti repubblicani, uscivano ad un tratto da terra e vi rientravano, balzavano innumerevoli e scomparivano, dotati del potere di ubiquità e di quello di disperdersi, valanga, polvere, colossi con la possibilità di rimpicciolirsi, giganti per combattere, nani per scomparire. Giaguari con i costumi di talpe.
Non vi erano solo le foreste, vi erano i boschi. Come al di sotto delle città vi sono i villaggi, al di sotto delle foreste vi sono le boscaglie. Le foreste erano collegate fra loro dai labirinti, dappertutto sparsi, dei boschi. Gli antichi castelli, che erano fortezze, i villaggi che erano accampamenti, le fattorie che erano recinti fatti di imboscate e di trabocchetti, pieni di burroni, di fossati e di palizzate di alberi erano le maglie di quella rete dove rimarranno impigliati gli eserciti repubblicani. Quell’insieme era quello che veniva chiamata la Bocage. Le donne vivevano nelle capanne, gli uomini nelle cripte. Utilizzavano per questa guerra le gallerie delle fate e i vecchi passaggi celtici. Portavano da mangiare agli uomini nascosti sottoterra. Alcuni, dimenticati, morirono di fame. Abitualmente il coperchio fatto di muschio e di fronde era composto con tanta arte che era impossibile distinguerlo dal di fuori fra l’erba ed era molto facile ad aprirsi e chiudersi dall’interno. Questi covi erano scavati con cura. La terra tolta dal pozzo veniva gettata in qualche stagno vicino. La parete interna e il pavimento erano tappezzati di felci e di muschio. Chiamavano quei rifugi «il palco». Risalire fra i vivi senza precauzioni e uscire di terra senza scopo sarebbe stato il loro pericolo più grave. Potevano trovarsi in mezzo a un esercito in marcia. Boschi temibili, trabocchetti doppi. Gli azzurri non oseranno entrare, i bianchi non oseranno uscire.
Per diverse settimane, i soci attendono le direttive dei fratelli del Re. L’attesa provoca nervosismo in alcuni dei soci. Da un lato La Rouërie deve calmare l’ardore di alcuni di loro che desideravano sollevare le armi sul posto, dall’altro chiede ordini al comitato di Saint-Malo il quale vuole attendere la cattura di Parigi, da parte della Coalizione, prima di ordinare l’inizio della rivolta. Da parte sua, Valentin Chevetel arrivò, durante questo periodo, al castello di La Fosse-Hingant, a Saint-Coulomb, che apparteneva al defunto André Désilles, già quartier generale dell’Associazione. Il medico chiese di incontrare La Rouërie, il quale ancora una volta lo aggiorna, senza sospettare minimamente del suo tradimento.
L’11 agosto da una lettera ricevuta, La Rouërie apprende della notizia dell’imminente attacco degli eserciti della Coalizione anti-francese e informa tutti i comitati di prendere le armi per il 10 ottobre, data prevista per la presa di Châlons-en-Champagne, da parte degli eserciti della Coalizione. Il 19 agosto 1792, dopo aver respinto l’offensiva dei rivoluzionari, le truppe prussiane e austriache entrarono in Francia.
Preoccupato lo Chevetel ritorna a Parigi e il 2 settembre, il giorno del suo arrivo, si presenta alle 03.00 del mattino da Danton, l’allora Ministro della Giustizia. Il medico informò il rivoluzionario del pericolo rappresentato dalla Association bretonne e condivise con lui tutto ciò di cui è a conoscenza.
Tuttavia, Danton sceglie di negoziare con La Rouërie. Informato da Chevetel delle opinioni liberali del marchese, scriverà la seguente lettera: «Se tutto ciò che mi ha detto il portatore della lettera è vero, M. de La Rouërie possiede in Bretagna una base militare. Credo che, per salvare la Francia dalla brutta situazione in cui è scivolata, gli uomini non debbano ambire alla rovina del proprio Paese, ma devono riunirsi in uno sforzo comune. Non si tratta più di discussioni su princìpi più o meno condivisibili; il Trono costituzionale e l’integrità del territorio devono essere salvati. Nel probabile caso in cui la Bretagna si renda conto della realtà di quanto affermato, autorizzo il portatore della presente lettera a trattare per mio conto e per quello dei miei amici che, come me, non vogliono affondare nell’anarchia»17.
Ovviamente, vista l’avanzata delle forze della Coalizione che sembravano inarrestabili, Danton sperava segretamente – in caso di sconfitta delle armate francesi che ancora si definivano “costituzionali” –, di poter mantenere il potere grazie al sostegno del marchese de La Rouërie, invece di un ritorno dell’Ancien Régime. Nello stesso periodo il giovane Chateaumbriand, membro dell’armata dei Prìncipi, stilava un breve ritratto dell’avvocato di provincia George Jacques Danton: «Danton, più franco degli inglesi, diceva: «Noi non giudicheremo il Re, lo uccideremo». Diceva anche: «Questi preti, questi nobili, non sono colpevoli, ma debbono morire, perché sono fuori posto, intralciano la marcia degli eventi e disturbano l’avvenire». Tali parole, sotto un’apparenza di orribile profondità, non hanno nessuna grandezza di genio: esse infatti presuppongono che l’innocenza non sia niente, e che l’ordine morale possa essere separato dall’ordine politico senza farlo perire, il che è falso. Danton non credeva nei principî che sosteneva; si era rivestito col mantello rivoluzionario soltanto per arrivare al successo. «Venite a sbraitare con noi – consigliava a un giovane, – quando vi sarete arricchito, farete quel che vorrete». Confessò che, che se non si era venduto alla corte, è che questa non aveva voluto pagarlo abbastanza: sfrontatezza di un’intelligenza che si conosce e di una corruzione che si rivela senza ritegno. Inferiore, persino in bruttezza, a Mirabeau di cui era stato agente, Danton fu superiore a Robespierre, senza avere, come lui, legato il suo nome ai suoi crimini. Non aveva perso il senso religioso; diceva: «Noi abbiamo distrutto la superstizione per instaurare l’ateismo». […] nell’epoca in cui si sbraitava: «Viva l’inferno!», in cui si celebravano le allegre orge del sangue, dell’acciaio e del furore, in cui si brindava al niente, in cui c’era chi ballava tutto nudo la tarantella dei trapassati, per non avere il fastidio di doversi spogliare al momento di andarli a raggiungere; in quell’epoca bisognava, in conclusione, spingersi fino all’ultima festa, all’ultima facezia del dolore»18.
Il giorno successivo, Chevetel parte per la Bretagna. Al suo arrivo presso lo Château de La Fosse-Hingant fu ricevuto di nuovo da La Rouërie. Louis du Pontavice, allora spia parigina, aveva scoperto i legami di Chevetel con i cordiglieri e ne aveva informato il marchese. Chevetel, tuttavia, non negò i suoi rapporti con Danton, mostrando la lettera con la quale affermava falsamente di aver convinto il Ministro della Giustizia verso il mantenimento della Monarchia Costituzionale, che già traballava. Da uomo d’onore La Rouërie vuole credere al suo amico e si scusa per i suoi sospetti, congratulandosi con Chevetel, facendo rimanere basiti gli altri membri dell’associazione.
La rivolta è imminente, così La Rouërie sta realizzando i manifesti per le città e i villaggi: «Cittadini. […] appaio in mezzo a voi, alla testa di una forza imponente, nel nome e sotto gli ordini dei prìncipi, fratelli del Re. State tranquilli, sono armato solo per difendere il vostro popolo e le vostre proprietà. E voi bretoni, miei cari amici, voglio aiutarvi a recuperare solo le vecchie franchigie e gli antichi diritti che erano allo stesso tempo il baluardo più solido della vostra libertà politica e religiosa, in quanto organo garante più sicuro della vostra pace interiore e della vostra prosperità che esso produce». Ma a spegnere le fiamme dell’entusiasmo ci penserà la sconfitta degli eserciti della Convenzione a Valmy, il 20 settembre 1792, a soli 35 chilometri da Châlons. Le truppe della coalizione si ritirano, riattraversano il confine e lasciano la Francia. Il 22 settembre, la monarchia fu rovesciata e la Repubblica proclamata.
Il risultato della battaglia di Valmy è un vero disastro per l’Association bretonne. Non appena la notizia trapelò, La Rouërie organizzò un incontro al castello di La Fosse-Hingant. Oltre a La Rouërie, gli unici che possono essere presenti sono Thérèse de Moëlien, Désilles, Schaffner, du Buat de Saint-Gilles, Fontevieux e Chevetel. La Rouërie, nella speranza di un’esplosione popolare realista in Bretagna, con l’aiuto di uno sbarco degli emigrati dall’Inghilterra, propose di mantenere la data del 10 ottobre per insorgere, ma grazie all’opposizione di Fontevieux, Désilles e Saint -Gilles concorda al rinvio delle operazioni fino al 10 marzo 1793. Essendo il leader dell’organizzazione gli viene consigliato di fuggire a Jersey in Inghilterra, ma rifiuta di lasciare la Bretagna.
Nel frattempo, grazie alla complicità di Chevetel, un carico di 3.000 fucili provenienti da Jersey e procurati da du Plessis vengono bloccati alla partenza. Il medico, oramai spia dei rivoluzionari, nel suo rapporto a Danton, afferma di aver convinto personalmente il governatore a ordinare l’embargo delle armi. Tornato a Parigi, il Ministro della Giustizia non ha più alcun problema nella condanna ferma dei cospiratori. Così il 5 ottobre, Danton ordinò a Chevetel di arrestare La Rouërie, insieme agli altri capi della cospirazione. Su consiglio di Philippe François Nazaire Fabre D’Églantine (1750 – 94), a Chevetel viene affiancato un uomo di nome Pierre-Bénigne Lalligand (chiamato Morillon, 1759 – 94), che aveva già avuto un ruolo contro una cospirazione a Grenoble. Subito i due uomini non vanno d’accordo e partono per la Bretagna il 7 ottobre separati. Chevetel adottò il soprannome di Latouche con i repubblicani. Ritornato al Fosse-Hingant gli fu affidata una nuova missione e sempre con Fontevieux, partì il 13 ottobre per Liegi con i fratelli del re, per ricevere notizie sulla situazione e ricevere possibili nuove linee guida.
Su consiglio di Chevetel, Lalligand rimane inattivo a Saint-Servan, in attesa del momento propizio per far scattare la trappola. La Rouërie, ricercato, vaga nelle campagne della Bretagna. Su di lui il rivoluzionario Claude Basire (1764 – 94) scrisse: «La Rouërie non ha perso nulla del suo zelo. Questo instancabile cospiratore, che raramente si riposava, correva da un castello all’altro, da un comitato all’altro per riaccendere le speranze. Vagando costantemente nei boschi o sulle colline, sempre armato, non prendeva mai le strade battute e spesso passava la notte in grotte, inaccessibili agli altri, ai piedi di una quercia o in un burrone. Tutti i nascondigli erano buoni per lui; e non sarebbe mai morto due volte nello stesso posto. Si può immaginare la difficoltà di afferrare un uomo tanto attento quanto impavido».
Dunque un maestro della guerriglia. Armand adotta il falso nome di Gasselin ed è accompagnato solo da Joseph-Anne Loaisel (1752 – 93), il suo segretario19 e Saint-Pierre, uno dei suoi servi. Questi spostamenti lo faranno allontanare sempre più dall’Ille-et-Vilaine, per concentrarsi maggiormente sulla Côtes-d’Armor.
Il 12 gennaio 1793, dopo aver galoppato nella foresta di La Hunaudaye, La Rouërie e i suoi due compagni andarono a trovare rifugio nello Château de La Guyomarais, appartenente all’omonima famiglia, nella parrocchia di Saint-Denoual. Ha nevicato quel giorno e Saint-Pierre ha la febbre.
Monsieur de La Guyomarais è membro dell’Associazione e ha già ospitato La Rouërie tre volte nei mesi precedenti. Anche questa volta, sono alloggiati in una stanza del castello, ma lo stato di Saint-Pierre non migliora. Quando arrivò il 18 gennaio Saint-Pierre si riprese, ma disgrazia volle che La Rouërie dovette ammalarsi a sua volta. La Rouërie soffriva di brividi da febbre e violenti attacchi di tosse: le intemperie lo avevano esposto ad una polmonite. La caccia all’uomo non si ferma: il 24 gennaio, la Guardia Nazionale di Lamballe fa irruzione nel castello di Guyomarais. Avvertiti da un vicino, i castellani riescono comunque a nascondere il marchese, nella fattoria di La Gouhandais, situata a cento metri dal castello. I repubblicani non scoprono nulla, ma questo trattamento fa peggiorare la sua già delicata situazione.
Il giorno successivo, Schaffner e Fontevieux arrivano a Guyomarais, portano con sé un giornale recante la notizia dell’esecuzione di Luigi XVI del 21 gennaio. Tuttavia i soci decidono di non rivelare la morte del Re al marchese, credendo che l’agitazione possa peggiorare la febbre. Costretto a letto, La Rouërie chiese tuttavia di essere di essere informato sulle notizie del processo del re, ed infine scoprirà la verità. Come previsto avrà un delirio, che gli procura un collasso. Per tre giorni, il “Colonnello Armand”, eroe dei due mondi, sarà sempre appeso tra il delirio e l’incoscienza, ma nonostante la presenza di ben tre medici, muore il 30 gennaio 1793, alle 04:30 del mattino20.
Era tuttavia necessario nascondere il corpo, il 31 gennaio, durante la notte, Schaffner, Fontevieux, Loaisel, Lemasson, il giardiniere Perrin, servi e membri della famiglia La Guyomarais, seppellirono La Rouërie nascondendosi nel bosco di Vieux Semis, che appartiene al castello. Fino alla metà di febbraio, la morte di La Rouërie rimane segreta.

Sulla sinistra: memoriale dedicato al marchese de la Rouërie; sulla destra: Tomba del Marchese de la Rouërie nel bosco attiguo al castello di Guyomarais.

Poco dopo il funerale, Schaffner e Fontevieux lasciarono il maniero. Per quanto riguarda Saint-Pierre, prese i documenti e la corrispondenza del marchese e li portò a Désilles, presso La Fosse-Hinguant, dove lo informò anche della morte del capo dell’associazione. I documenti, posti in un recipiente, vengono seppelliti. Tuttavia la rivoluzione doveva compiere l’ennesimo misfatto. A fine di gennaio, Teresa de Moëlien, sapendo La Rouërie malato, scrive a Valentin Chevetel per chiede il suo aiuto, ricordando la sua professione di medico. Chevetel quindi, arrivato a La Fosse-Hinguant viene a sapere della morte del marchese de La Rouërie, nonché il luogo e le circostanze della sua morte. Chevetel trasmette immediatamente tutte queste informazioni a Lalligand-Morillon.
Il 25 febbraio, quest’ultimo, alla testa di 15 soldati repubblicani, irruppe a La Guyomarais: tutti vengono interrogati per lunghe ore nella casa padronale stessa e i suoi occupanti vengono successivamente arrestati. La famiglia La Guyomarais cerca di negare l’ospitalità, tuttavia il giardiniere Perrin cede e finisce per parlare. Si arriva allo scempio: Lalligand e alcuni soldati si recano sul punto della sepoltura, il corpo viene riesumato e Lalligand lo fa decapitare.
Quindi tornato dai La Guyomarais gettò a terra la testa di La Rouërie, che rotolò ai piedi dell’uomo, che in moto d’orgoglio affermò: «No, non c’è più da negare. Questa è la nobile testa dell’uomo che vi ha fatto tremare per così tanto tempo»21.
Il corpo di La Rouërie straziato viene riposto sottoterra, ma la sua testa fu abbandonata dai repubblicani. Verrà recuperata da due ragazze di La Guyomarais e nascosta sotto una lastra di pietra nella cappella del castello. Il teschio fu scoperto nel 1877 e consegnato alla famiglia La Belinaye.
A seguito delle denunce di Chevetel, Lalligand fece arrestare diversi membri della cospirazione bretone. Scoprì anche i documenti sepolti da Désilles. Ma la maggior parte dei soci è sfuggita alla cattura grazie a Teresa di Moëlien, che poco dopo la morte di La Rouërie, bruciò l’elenco dei membri dell’Associazione.
In totale, Lalligand arrestò 27 persone, che furono deportate a Parigi per essere processate. Dopo diversi mesi di prigione – il processo iniziò il 4 giugno 1793 e terminò il 18 giugno –, alla fine della sentenza, furono assolti tredici accusati, due furono condannati alla deportazione e dodici furono condannati a morte il 26 giugno del 1794, tra cui ricordiamo Monsieur e Madame de La Guyomarais, Louis du Pontavice, La Chauvinais, Madame de la Fonchais, Morin de Launay, Locquet de Granville, Jean Vincent, Groult de La Motte, Picot de Limoëlan, Georges de Fontevieux e Thérèse de Moëlien.
La data prevista dell’insurrezione associativa del 10 marzo 1793, non ebbe mai luogo: morto Charles-Armand Tuffin de la Rouërie i suoi membri si dispersero. È certo che la successiva rivolta delle Chouannerie vedrà nuovamente nelle sue fila gli antichi chevalier della Association bretonne22.

 

1 La Rouërie è con la sua legione a Tarrytown, quando apprende da un informatore che Baremore è a riposo in una casa situata in Morrisania a cinquanta chilometri dalla sua posizione. Armand decide quindi di metterlo fuori pericolo e inizia un lungo giro con i suoi dragoni. Il giorno dopo la partenza, poco prima dell’alba, la legione di Armand attraversò le linee britanniche. Quindi, percorre 8 chilometri nel territorio inglese accompagnato da soli 22 dragoni per passare inosservato. Individuano la casa di Baremore, la circonda. Penetrando senza spari, sorprende Baremore nel sonno completo e lo riporta indietro prigioniero senza cadere mano delle truppe britanniche. Di ritorno a Camp Scott, vengono accolti trionfalmente dai soldati americani.

2 Figlia di Anne Gilles Jacques Guérin marchese di Saint-Brice, padre anche del cavaliere Champinel di Saint-Louis, signore di Saint-Etienne, Parigné, le Sollier e di Rocher Sénéchal, capitano di cavalleria nel reggimento Conty, e di Jacquette Le Prestre Hyacinthe de Châteaugiron.

3 Tra gli invitati fi invitato anche lo stesso Washington con consorte. Naturalmente il presidente degli Stati Uniti d’America per motivi lavorativi non riuscì a concedersi i mesi necessari alla traversata, ma ebbe sempre il rimpianto di non essere stato presente al felice giorno del suo amico: «Il minimo dei miei rimpianti è stato quello di non essere in Francia per partecipare alla tua felicità».

4 P. Carrer, La Bretagne et la guerre d’Indépendance américaine, Les Portes du Large, Parigi, 2005, p.219.

5 C. Bazin, Le marquis de la Rouerie «Colonel Armand» de la guerre américaine à la conjuration bretonne, Perrin, Parigi, 1990, p.154.

6 Ivi, pp.163-164.

7 Ivi, p.164.

8 Ivi, p.166.

9 Ivi, p.173-74

10 Archives Départementales des Pyrénées-Orientales, Series W, 31-W-274.

11Ivi, 31-W-274.

12 L’affare di Nancy comunemente indicato come l’ammutinamento di Nancy, fu una repressione militare francese del 31 agosto 1790, due anni prima del rovesciamento finale della monarchia. Ebbe un significato particolare in quanto illustrava il grado di affidabilità dell’esercito reale, minato da tredici mesi di tumulti rivoluzionari. Il giovane Désilles, chiamato anche André, durante gli scontri tra le guardie nazionali del generale Bouillé e i tre reggimenti della Royal Army ammutinati (Régiment du Roi, il Régiment de Châteauvieux – uno dei dodici reggimenti di mercenari svizzeri nella fanteria francese – e la cavalleria Mestre-de-camp), si frappose nel mezzo dei due schieramenti per evitare che una palla di cannone colpisse le truppe dell’Assemblea Costituente. Il gesto, che gli costò la vita, fu preso come esempio della crudeltà della guerra civile, in quanto il giovane ufficiale apparteneva alle truppe rivoltose del Régiment du Roi. Oggi a Nancy l’arco di Trionfo (1782 – 84) dell’architetto Didier-Joseph-François Mélin, porta il suo nome. 

13 C. Bazin, Le marquis de la Rouerie «Colonel Armand» de la guerre américaine à la conjuration bretonne, Perrin, Parigi, 1990, pp.247-48.

14 Ivi, p.248.

15 Il termine Chouan è un cognome francese. Fu usato come nome da guerra dai fratelli Chouan, in particolare Jean Cottereau, meglio noto come Jean Chouan, che guidò una grande rivolta nel Bas-Maine contro la Convenzione parigina. I partecipanti a questa rivolta divennero noti come Chouans, e le battaglie che ne seguirono furono note come le Chouannerie.

16 «La forza è nella saggezza, in tal modo essa rifiorirà». Riferito a questo significato moderno: «La forza sta nella pazienza, i gigli fioriranno di nuovo».

17 Bazin C., Le marquis de la Rouerie «Colonel Armand» de la guerre américaine à la conjuration bretonne, Perrin, Parigi, 1990, p.207.

18 R. A. de Chateaubriand, Memorie D’oltretomba (I), Einaudi, Torino, 2015, pp.302-303.

19 Fu anche direttore generale e responsabile dell’Associazione bretone per la corrispondenza con Londra e Jersey.

20 Nel bosco del castello fu sollevata la tomba del marchese de La Rouërie, dove fu eretta una stele dall’Ambasciata degli Stati Uniti.

21 G. Lenôtre, Le Marquis de la Rouërie et la Conjuration bretonne (1790 – 1793), Perrin, Parigi, 1927, p.250.

22 Un’insurrezione ebbe ancora luogo nel mese di marzo del 1793. La coscrizione di massa della Repubblica provocò la rivolta dei contadini in Bretagna, nel Maine e in Vandea. I contadini ribelli si chiamarono con il nome dei primi insorti del Mayenne: gli Chouans. Nei nuovi leader riconosciamo Sébastien de La Haye de Silz, Aimé Picquet du Boisguy, Vincent de Tinténiac e Amateur-Jérôme Le Bras des Forges de Boishardy. Nel 1794, Joseph-Geneviève, conte di Puisaye (1755 – 1827) si presentò come successore di La Rouërie, al fine di unificare i gruppi della Chouannerie, tentò di rianimare l’Association bretonne.

 

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