Nelle memorie di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte (1769 – 1821) dettava alcuni suoi ricordi sull’oggi dimenticato esercito di Condé: «Dipendevano dai nostri nemici, è vero; ma combattevano per la causa del loro Re. La Francia ha dato la morte alla loro azione e le lacrime al loro coraggio; ogni dedizione è eroica»1. La rivoluzione francese ha reciso l’equilibrio sociale e politico non solo dell’antico Regno di Francia, ma successivamente di tutta l’Europa. Per tale motivazione la rivoluzione riscuote da sempre grande attenzione. Tale approfondimento si estende meno per i numerosi oppositori al regime dei giacobini.
Jean-Baptiste-Jacques Augustin, Bildnis Louis Joseph de Bourbon, Prince de Condé, 1790 – tempera e acquerello su avorio. Louis Joseph de Bourbon (9 agosto 1736 – 13 maggio 1818) fu Principe di Condé dal 1740 alla sua morte. Membro della Casa di Borbone, ricoprì il prestigioso grado di principe di sangue.
Tra questi, gli eserciti degli emigrati sono di particolare interesse, come giustamente afferma lo storico francese Jean Tulard (1983): «La controrivoluzione non era solo ideologica […], ma […] era anche – e forse soprattutto – militare»2. Ma da chi era composto questo esercito di emigrati? Nato in seguito alla Rivoluzione francese e composto da nobili e truppe rimaste fedeli alla precedente istituzione monarchica, erano coloro che letteralmente emigrarono fuori dalla Francia, a partire dalla presa della Bastiglia, sfuggendo a morte certa: si stimano 140.000 persone fuggite dal suolo francese.
Così ci ricorda la magiara Emma M. R. M. J. B. Orczy (1865 – 1947) sulla questione, nella sua opera celebre “La primula rossa”: «Quegli aristocratici erano così stupidi! Erano tutti traditori del popolo, naturalmente, uomini, donne e bambini discendenti dai grandi uomini che dal tempo delle Crociate avevano fatto la gloria della Francia: la sua antica noblesse. […] Ogni aristocratico era un traditore, come i suoi antenati prima di lui: per duecento anni il popolo aveva sudato e faticato e patito la fame per mantenere una corte libidinosa nel lusso e nell’abbondanza; ora i discendenti di coloro che avevano contribuito allo sfolgorio di quella corte dovevano nascondersi o fuggire per evitare la tardiva vendetta dei loro sudditi. E infatti tentavano di nascondersi e di fuggire: tutto il divertimento stava proprio lì. […] ce n’erano di tutti i generi: ci-devant conti, marchesi, persino duchi, che volevano fuggire dalla Francia, raggiungere l’Inghilterra o qualche altro paese altrettanto maledetto, e lì tentare di radunare un esercito per liberare gli sventurati prigionieri del Tempio, che un tempo si chiamavano sovrani di Francia»3.
L’esercito reclutava privatamente i soldati, spesso tra i realisti delle truppe repubblicane francesi, per rimpolpare e costituire i reparti. A livello storico parteciparono alle “guerre rivoluzionarie francesi” (1792 – 1802), suddivise in guerra della prima coalizione (1792 – 97), che terminò con il trattato di Campoformio e dei conflitti della seconda coalizione (1798 – 1802). Le ostilità cessarono ufficialmente col Trattato di Amiens (1802). Gli eventi militari successivi vengono storicamente indicati come guerre napoleoniche.
L’esercito degli emigrati fu sostenuto e finanziato dalle potenze Trono e Altare coalizzate contro l’auto-costituitasi nazione di Francia, e da fondi privati recuperati dagli stessi prìncipi dell’esercito, provenienti dai loro patrimoni in patria. Esisteva difatti un’eterogenesi dei fini con le potenze monarchiche europee, le quali erano interessate non solo a contenere la rivoluzione, ma a distruggerla e ripristinare il legittimo regnante: Luigi XVI, imprigionato nella Torre del Tempio il 13-08-1792 a Parigi. Tale veduta era quantomeno allineata con le quinte colonne nobiliari interne al paese francese, come quelle che combatterono la Guerra di Vandea (1793 e seguenti) dell’Esercito cattolico e reale del generalissimo Jacques Cathelineau (1759 – 1793).
Difatti il 10 marzo 1793 la Convenzione, per contrastare le Monarchie Europee a cui aveva dichiarato guerra, aveva approvato la legge sul reclutamento di 300.000 uomini che, applicata in modo arbitrario con un sistema di designazione iniquo e confuso e con la requisizione diretta con premio di arruolamento, fu la causa scatenante dell’estesa insurrezione cattolica e realista in Vandea che mise in ulteriore grave pericolo la Rivoluzione. Provocata soprattutto dalla catastrofe economica e dalle misure anticattoliche adottate, la rivolta vandeana si diffuse tra la popolazione umile clericale e realista e fu guidata da leader popolari e da nobili. Lo stesso Jules Verne, ce ne fornisce un ricordo: «I contadini dell’Ovest non si erano commossi né per la proscrizione dei nobili, né per la morte di Luigi XVI; tuttavia la dispersione dei loro preti, la violazione delle loro chiese, l’insediamento dei parroci giurati nelle parrocchie e, finalmente, quest’ultima misura della coscrizione, li spinsero all’estremo. “Visto che dobbiamo morire, moriamo a casa nostra”! esclamarono. Si avventarono contro i commissari della Convenzione e, armati di soli bastoni, misero in rotta la milizia di posta, al fine di evitare che dei disordini potessero turbare le operazioni di sorteggio. Quel giorno incominciava la guerra di Vandea; il nucleo dell’esercito cattolico e realista si formava sotto la direzione del carrettiere Cathelineau e del guardacaccia Stofflet»4.
La nobiltà francese era già divisa prima della rivoluzione, grazie all’ala dei nobili che desideravano una monarchia costituzionale. Tali linee divisorie non si spensero subito: da un lato vi furono così gli “eserciti dei prìncipi”, formati dai fratelli e parenti più prossimi a Luigi XVI e dai loro cortigiani; dall’altro “l’esercito dei prìncipi di Condé”, membri della casa reale francese, che però erano al di fuori dalla cerchia interna del Re Luigi XVI.
Il primo esercito, formato di nobili della corte, non era un esercito di militari ed era abituato ad ottenere i gradi in base al rango nobiliare. Carlo Ferdinando d’Artois, Duca di Berry (1778 – 1820) era uno dei leader del movimento, così come il clan del duca Jules François Armand de Polignac (1746 – 1817). Ciò portò all’incapacità di svolgere un ruolo autonomo durante la breve campagna campale che vide questo esercito protagonista.
Henri-Pierre Danloux, Charles Ferdinand d’Artois (1778 – 1820), duca di Berry (particolare del dipinto ad olio). Uno dei comandanti dell’armata dei prìncipi che si sciolse nel 1792.
I prìncipi francesi dovevano essere divisi in tre corpi d’armata: un primo sotto il comando del principe di Condé, destinato a entrare in Francia attraverso l’Alsazia e ad attaccare Strasburgo; un secondo denominato “dei prìncipi”, sarebbe stato al seguito del re di Prussia, per fare il suo ingresso in Francia passando dalla Lorena, ed entrare direttamente su Parigi; e il terzo corpo d’armata, quello del principe di Borbone, figlio di Condé, che sarebbe dovuto penetrare attraverso i Paesi Bassi e attaccare Lille dalle Fiandre.
Con appena 10.000 uomini, alle spalle dell’esercito di Brunswick, contribuiranno passivamente al tentativo di invasione prussiana dello Champagne. A guidare le operazioni militari vi fu il marchese Charles Eugène Gabriel de La Croix de Castries (1727 – 1801) insieme al maresciallo Victor-François de Broglie (1718 – 1804). Questo corpo sarà licenziato il 24 novembre del 1792, due mesi dopo la vittoria francese a Valmy (20-09-1792) che contribuì allo smantellamento dell’esercito, il quale non brillò per operatività, né per capacità militare.
Il secondo esercito, quello del principe di Condé, che attrasse meno uomini e non tutti di antica nobiltà, possedeva diversamente militari di carriera, fedeli all’ideale monarchico. Efficiente e temerario ebbe una vita molto più lunga ed autonoma, diventando una forza professionale mercenaria al soldo delle potenze più ostili al nuovo regime, pur con una sua propria agenda politica reazionaria. Così lo ricorda François-René de Chateaubriand (1768 – 1848): «ero ansioso di incontrarmi con i miei pari, degli emigrati come me, con seicento lire di rendita. Eravamo proprio stupidi, senza dubbio, ma almeno la nostra vecchia spada la tenevamo sguainata, e se avessimo ottenuto dei successi, non è a noi che la vittoria avrebbe portato profitto. […] Andavo a raggiungere quegli uomini di guerra che mettono la loro gloria in simili imprese, per diventare uno di loro»5.
Dopo il Trattato di Campoformio (1797), l’Austria sospese le ostilità con la Francia: l’armata del principe Condé riuscì a non smobilitare, passando al servizio di varie nazioni fino al trattato di Lunéville (1801), scioltasi solo l’anno successivo con la pace tra Francia e Gran Bretagna. Molti membri di questo esercito militarono poi negli schieramenti prussiano e russo, diventando parte delle rispettive nobiltà. Altro indimenticabile episodio narratoci nelle monumentali Memorie D’Oltretomba del visconte Chateaubriand: «Fra Coblenza e Treviri, m’imbattei nell’esercito prussiano: tiravo diritto lungo la colonna quando, giunto all’altezza delle guardie imperiali, mi accorsi che marciavano in ordine di battaglia, con tanto di artiglieria in linea; il re e il duca di Brunswick occupavano il centro del quadrato, composto dai vecchi granatieri di Federico. La mia uniforme bianca attirò lo sguardo del re; mi fece chiamare: sia lui che il duca di Brunswick si tolsero il cappello, e salutarono in me l’antico esercito francese. Mi chiesero il mio nome, quello del mio reggimento, dove andassi a raggiungere i prìncipi. Quest’accoglienza militare mi commosse: risposi emozionato che, essendo venuto a conoscere in America la sventura del mio re, ero tornato per versare il mio sangue al suo servizio. Gli ufficiali e i generali che circondavano Federico Guglielmo fecero un cenno di approvazione e il monarca prussiano mi disse: “Signore, i sentimenti della nobiltà francese si riconoscono sempre”. Si tolse di nuovo il cappello, e rimase a capo scoperto, immobile, finché non fui scomparso dietro alla massa di granatieri. Oggi si inveisce contro gli emigrati: sono tigri che straziavano il seno della loro madre; nell’epoca di cui parlo, ci si atteneva ai vecchi esempi, e la patria contava quanto l’onore. Nel 1792, la fedeltà al giuramento passava ancora per un dovere; oggi è divenuta così rara che la si considera una virtù»6.
Incisione di François-René de Chateaubriand (1768 – 1848) scrive le sue memorie sul campo militare dell’armata dei prìncipi nel 1792. Sarà congedato con onore per alcune ferite riportate dopo l’assedio di Thionville.
Grazie a questa sua maggiore durata, quasi tutti i reparti di maggiore successo degli eserciti dei prìncipi, oltre a diversi esponenti delle rivolte legittimiste in Francia, continuarono a combattere nell’esercito dei Condé (1792-1801), che fu il vero erede di tutte le armate degli emigrati francesi. Fu anche l’unico reparto che riuscì ad autofinanziarsi – grazie alle ricchezze dei nobili -, dove i comandanti si decurtarono la paga per favorire i subordinati e i soldati semplici7.
La nazione francese come vendetta verso gli emigrati, privava loro dei diritti civili e delle loro terre, le quali venivano vendute come beni nazionali. Sono decretati fuorilegge con decreti che prevedono la loro condanna a morte se tornano a mettere piede su suolo francese: parallelamente le loro famiglie vengono ricercate e perseguitate. Nel 1802 Napoleone, da Primo Console, decretò un’amnistia generale, dalla quale furono esclusi solo pochi generali dall’esercito di Condé.
Come per l’armata dei prìncipi, l’esercito di Condé conta tra i suoi ranghi alcuni aristocratici come suo figlio, Luigi VI Henri de Bourbon-Condé (1756 – 1830); Louis Antoine Henri duca d’Enghien (1772 – 1804); Armand-Emmanuel-Sophie-Septimanie de Vignerot du Plessis – duca di Richelieu (1766 – 1822); Pierre Louis Jean Casimir de Blacas d’Aulps – principe di Blacas (1771 – 1839); Claude-Antoine-Gabriel duca di Choiseul (1760 – 1838); Andrault Alexandre Louis – conte di Langeron (1763 – 1831); Cesare Carlo, duca di Damas-Antigny (1758 – 1829); François Dominique de Reynaud, conte di Montlosier (1755 – 1838); Louis-Gabriel-Ambroise, visconte di Bonald (1754 – 1840) e molti gentiluomini come il già citato Chateaubriand.
Inizialmente vi sono quasi più ufficiali che soldati: i primi diventano improvvisamente militari per devozione alla monarchia, ma è una truppa armata male: «Avevamo delle tende; quanto al resto, ci mancava tutto. I nostri fucili, di fabbricazione tedesca, erano armi di scarto spaventosamente pesanti che ci rompevano le spalle e spesso non erano in grado di sparare. Ho fatto tutta la campagna con uno di quei moschetti, e il cane non scattava»8.
Contrariamente l’elemento del coraggio e della devozione all’ideale non mancava affatto. Philippe-Jacques de Bengy de Puyvallée (1743 – 1823), ex deputato della nobiltà del baliato di Bourges, fuggito dalle prigioni rivoluzionarie, osservava nel novembre 1791: «Non c’è né lo schema di un vasto piano abilmente concepito, né un insieme dei dettagli, né connessione tra i rapporti, tutto è coperto dal velo della nudità totale… Comunque organizziamo la legione tutti i giorni e ho sentito che saremo in Francia al più tardi di gennaio a capo di 80.000 uomini»9.
L’esercito del principe Condé possedeva diversi ceppi linguistici francesi: quello normanno, il bretone, il picardo, l’alvernia, il guascone, il provenzale, e la linguadoca. Essi sognarono di riportare gli emigranti verso una patria in cui non avevano più il diritto di vivere, perché considerati “nemici di classe”. Tra le varie correnti interne all’esercito, dagli aristocratici Trono e Altare, a quelli più moderati semi-costituzionali vi erano molti “aristos” che credevano che qualsiasi cambiamento politico alla Francia rivoluzionaria giacobina andasse perpetrato. Difatti i principî del diritto naturale, appoggiati da numerosi esempi storici, ci portano alla riflessione che ogni governo quando non offre più garanzie alle leggi fondamentali della società, diventa il primo a trasgredire le leggi dell’equità e della giustizia, cessando di esistere e facendo tornare l’uomo al suo stato di natura: questo è quello che era accaduto in Francia. Dunque diveniva lecito difendersi come si poteva, ricorrendo ai mezzi che sembravano più adatti a rovesciare la tirannia e ristabilire i diritti di ognuno e un ordine sociale verticale.
L’esercito di Condé all’inizio combatte a fianco degli austriaci: gli 80.000 uomini promessi a Puyvallée sono in definitiva solo 20.000. Ansiosi di controllare strettamente i movimenti degli emigrati francesi, gli austriaci e i prussiani subordinano l’armata di Condé sotto il comando austriaco nel 1793.
Dopo questa quasi forzata inazione del 1792, l’esercito di Condé sfugge alla dissoluzione generale delle forze: di stanza a Baden, e successivamente a Villingen, i condeani rimangono per tutto l’inverno in attesa del loro destino. Il 25 gennaio 1793, l’armata partecipa al funerale in memoria del re Luigi XVI, nel frattempo giustiziato – con un processo farsa – quattro giorni prima a Parigi.
Tale funesto evento è significativo nel corpo armato: dopo la morte del Borbone, l’esercito adotterà una nuova fascia di seta al braccio sinistro, all’interno della quale venivano rappresentati tre fleur-de-lis neri al posto dell’unico giglio borbonico rappresentato nel 1792, di colore blu.
Alla fine, l’emissario del principe, il marchese di Ecquevilly Armand François Hennequin (1747- 1830), riuscì a convincere l’Imperatore austriaco a mantenere questo corpo nella sua paga dal marzo del 1793, senza fornire però l’assistenza dell’artiglieria e degli ospedali da campo. Condé diventa Generalfeldmarschall, suo figlio, Luigi VI Henri de Bourbon-Condé, Generalmajor. La maggior parte degli altri gradi militari interni all’esercito non viene riconosciuta. I soldati ricevono sette sous (francesi) al giorno. Condé riunisce la massa di stipendi (compresa la sua) e la distribuisce equamente tra tutti indipendentemente dal grado: una bella misura democratica per questo esercito di aristocratici.
Mostriamo tre miniature di ufficiali dell’armata di Condé (da sinistra a destra): François-Joseph Desvernois (pittore), Colonnello del reggimento dei Cavalieri della Corona Félix-Jean-Baptiste-Basile, visconte di Borne d’Altier (1752 – 1828) – 1797-98. Diametro 5,3×4 cm, in avorio, acquerello, guazzo; Maresciallo delle case del nobile reggimento a cavallo del duca di Berry, Charles-Michel-Elisabeth, Marchese di Borne d’Altier (1770 – 1812) -1797-98. Diametro 5,3×4 cm, in avorio, acquerello, guazzo; Charles Henard (pittore), ritratto del Conte di Baschi du Cayla (1747-1826) in abito del suo reggimento con spalline del colonnello, circa 1794. Diametro 85 mm, avorio, acquerello, tempera.
Il corpo posto sotto l’autorità del maresciallo alsaziano conte Dagobert Sigmund von Wurmser (1724 – 97), si riorganizza in aprile sul modello militare austriaco. Si concorda che la divisione Condé non può superare i 6.000 uomini, e gli eventuali esuberi – come le 400 unità eccedenti, il giorno dell’accordo – saranno a carico personalmente del principe Condé. Gli eserciti Alleati della Prima Coalizione vedono nell’esercito del Sacro Romano Impero, in quello prussiano e britannico gli elementi principali del blocco.
Una delle prime battaglie campali è quella di Neerwinden il 18 marzo del 1793 che vide l’esercito repubblicano francese di Charles François Dumouriez attaccare un esercito della coalizione comandato dal principe Giosia di Sassonia-Coburgo-Saalfeld. Dopo aspri combattimenti i francesi concessero la sconfitta, ritirandosi dal campo: la posizione francese nei Paesi Bassi austriaci crollò rapidamente, ponendo fine alla minaccia per la Repubblica olandese e permettendo all’Austria di riprendere il controllo della sua provincia perduta. Segue il conflitto di Raismes che ebbe luogo l’otto maggio 1793: il marchese rinnegato de Dampierre riceve una sconfitta decisiva dal principe di Sassonia-Coburgo. Il 23 maggio 1793 per gli eserciti della Coalizione anti-francese arriva anche la vittoria nella battaglia di Famars; il 20 luglio, 23 e 28 dello stesso mese avviene la presa di Condé-sur-l’Escaut, Magonza e Valenciennes: la situazione per la Repubblica francese è critica.
Così all’inizio delle ostilità, il 19 agosto 1793, l’esercito di Condé cattura le cittadine tedesche Jockgrim, Wörth e Pfotz, lungo il Reno. Il contrattacco dei repubblicani avviene di notte, ma è respinto consentendo all’armata di Condé di impadronirsi dell’attuale cittadina francese di Hagenbach e di quella tedesca di Büchelberg: le perdite repubblicane dei “blue” sono pesanti, 3000 uomini e 18 cannoni lasciati sul campo. L’esercito degli aristocratici ha bagnato il campo con il primo sangue, tornando al compito originario dell’aristocrazia, ovvero quello dell’auto-affermazione sul campo di battaglia, elemento che grazie a Luigi XIV si era perso, poiché il Re Sole ambiva ad un controllo dei suoi “pari di sangue”, che andavano indeboliti con l’allontanamento subdolo dalla terra, dal popolo e dall’esercito. Come amava asserire Charette de la Contrie: «La nostra patria sono i nostri villaggi, i nostri altari, le nostre tombe, tutto ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi. La nostra patria è la nostra Fede, la nostra terra. Ma la loro patria, che cos’è? Lo capite voi? Vogliono distruggere i costumi, l’ordine, la Tradizione. Allora, che cos’è questa patria che sfida il passato, senza fedeltà, senz’amore? Questa patria di disonore e irreligione? Per loro, sembra che la patria non sia che un’idea; per noi, è una terra. Loro, ce l’hanno nel cervello: noi la sentiamo sotto i nostri piedi, è più solida. È vecchio come il diavolo il loro mondo che dicono nuovo e vogliono fondare sull’assenza di Dio. Si dice che siamo i fautori delle vecchie superstizioni… Fanno ridere! Ma di fronte a questi demoni che rinascono di secolo in secolo, noi siamo la gioventù, signori! Siamo la gioventù di Dio. La gioventù della fedeltà»!
In questi giorni cruenti, il maggiore del Reggimento di nobili cacciatori, Jean-Baptiste Symon de Solémy (1746 – 1834) con appena 80 emigrati sequestra una ridotta, difesa da 300 repubblicani. Quest’ultimi si aspettano una terribile rappresaglia dei vincitori, ma de Solémy disse loro: «Ci avete tagliato la gola quando siamo stati abbastanza sfortunati da cadere nelle vostre mani; ma essendo noi fedeli ai principî di religione ed umanità di cui siamo veri osservanti; il principe Condé che ci comanda, mi ha ordinato di darvi tutto l’aiuto di cui avete bisogno».
Jean-Marie Evrare, Ippolito d’Espinchal dell’Ordine della Corona di Malta alla battaglia di Biberach – Olio su tela; 57×43 cm. Va da sé che questo lavoro deve essere visto con estrema cautela. D’Espinchal, ha in mostra delle spalline e una sciabola. È dipinto nella forma di un ufficiale minore del reggimento dei Cavalieri della Corona, sebbene durante il suo servizio nell’esercito di Condé non raggiunse il grado di ufficiale o ufficiale di basso rango. L’acconciatura corta dell’inizio del XIX secolo (dal maggio 1800), gli ornamenti d’oro delle rivolte e la croce di cavaliere maltese (ricevuta il 16 aprile 1807) testimoniano che questo ritratto è stato dipinto negli anni 1807-1809, prendendo anche in considerazione lo stile arcaico di lavoro provinciale caratteristico di quel tempo. Ma, prendendo in considerazione un attento studio dei dettagli, possiamo supporre che d’Espinchal durante questo periodo abbia ancora mantenuto oggetti dal suo reggimento.
A favore dei francesi repubblicani arrivano solamente le vittoria nella battaglia di Hondshoote l’otto settembre e quella di Wattignies il 16 ottobre del 1793, lo stesso giorno in cui veniva ghigliottinata la regina francese Maria Antonia Giuseppa Giovanna d’Asburgo-Lorena (1755 – 1793).
Nel mezzo di queste due vittorie francesi arriva però la vittoria della coalizione nella battaglia di Wissembourg del 13 ottobre, dove il generale Wurmser lanciò un attacco vincente sulle linee nemiche.
Il primo dicembre 1793, il generale dei “blue” Jean-Charles Pichegru (1761 -1804) compie un attacco senza successo al centro del villaggio alsaziano di Berstheim, di fronte alla cittadina di Haguenau, occupata dall’esercito di Condé. Il giorno successivo, dopo un bombardamento dell’artiglieria, la fanteria repubblicana è impegnata nello scontro fratricida con i corrispettivi della legione nera di Mirabeau e del reggimento Hohenlohe diretta Ludwig Aloysius Joachim, principe di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein (1765 – 1829). L’entrata nel villaggio, su quattro colonne, dello stesso principe di Condé sbaraglia la cavalleria repubblicana, che viene sconfitta e costretta alla rotta: vengono sequestrati sette cannoni e messo fuori combattimento circa 200 uomini della nuova nazione francese. Così ricorda il conte Signier del reggimento appiedato di Condé: «Il principe fermò immediatamente la nostra colonna, esitò per un momento nel farci andare avanti, ma vide il desiderio che avevamo per la carica e la colonna iniziò a muoversi. Senza sparare un colpo, camminando con la baionetta montata, assorbendo il fuoco dei plotoni dei “blue” e senza dare loro il tempo di ricompaginarsi, li seppelliamo sotto le nostre grida “Lunga vita al re”. La confusione iniziale si trasforma in terrore. Nello stesso istante, in cui tutti i ranghi vengono scompaginati e mentre gridano “Lunga vita alla nazione”, alcuni repubblicani lanciano le loro borse, altri i loro fucili, l’artiglieria abbandona i suoi pezzi, una rotta totale avviene nei battaglioni e ciascuno nella debacle si salva come può. Nel mentre, il duca di Borbone alla testa della nobile cavalleria e il duca d’Enghien alla testa dei cavalieri della Corona caricarono la cavalleria patriottica dei “blue”, la quale per proteggere la loro fanteria, era venuta a schierarsi di fronte al villaggio di Batzendorf . All’inizio l’ala destra tiene bene il campo e combatte molto duramente, ma l’ala sinistra è in rotta prima ancora di venire ai colpi. Presto anche l’ala destra fugge e la fuga fu tale che la cavalleria e la fanteria si ritirarono senza far nulla fino al momento in cui, dopo aver riguadagnato la cresta della montagna, si trovarono protetti da numerose artiglierie».
Johann Jakob Schillinger (1750-1829), Gli ufficiali della Legione di Mirabeau – 45×67 cm. Da sinistra a destra, i nomi degli ufficiali sono i seguenti: 1) il Marchese d’Aubonne, primo luogotenente dei granatieri comandato dal Barone de Corsac.; 2) un volontario della compagnia “la Générale” comandata dal capitano di Blaire; 3) un capo maresciallo della compagnia degli ulani comandato dal capitano di Bellerose; 4) M. il visconte di Mirabeau nell’uniforme dei cacciatori a piedi; 5) il suo unico figlio, di tre anni, capitano del “Generale a cavallo”; 6) Conte Vitré, capitano cornetta, comandante del corpo cavalleria; 7) Mr. Bernard, capitano assistente maggiore di cavalleria; 8) M. le Marchese de Garigand, tenente colonnello, comandante del battaglione volontario; 9) Conte Alexandre d’Ollone, colonnello al comando della cavalleria; 10) un soldato della compagnia di Voltigeurs; 11) un maresciallo capo degli ussari; 12) Mr. Baron de Kruchy, capitano che comanda i cacciatori a piedi; 13) M. le Comte d’Eberstein, capitano al comando dei volontari a cavallo.
Da sinistra a destra alcuni dipinti della legione nera di Mirabeau dell’esercito del principe di Condé: Joseph Combette (artista 1770-1840) – coppia di ritratti di ufficiali – olio su tela con vista ovale firmata e datata sul retro del 1794. Il terzo ovale è un acquerello su avorio del 1792 e infine il quarto è di artista sconosciuto, Ritratto di un comandante del personale della cavalleria o di un aiutante di campo del conte di Olonne della legione nera del visconte Mirabeau, dell’esercito di Condé – Olio su tela, 1792-93 circa. Il capitano indossa una giacca nera con i risvolti di un blu chiaro, con sotto un gilet in panno nero con bottoni e trecce d’argento. Il colletto possiede risvolti anch’essi blu chiari, mente le spalline dorate hanno una fodera a frange argentate. I pantaloni militari hanno lo stile culotte e sono in panno blu chiaro con trecciatura d’argento. Il guanto in pelle è scamosciato e l’Imbracatura a sciabola in pelle bianca con placca rettangolare in bronzo dorata, porta l’acronimo “LM” (Legion de Mirabeau). Il capitano indossa anche il bracciale Armée de Condé in seta bianca con tre fleurs-de-lis sul braccio destro ed è armato con una sciabola con guardia d’acciaio multi-ramo. È decorato dall’onorificenza con la croce di San Luigi sul petto. L’elmo, decorato da una testa leonina, porta la scritta al “Rumford” sullo stemma in ottone dorato, dove una criniera di crine bianco completa l’assemblamento. Questo ritratto può essere datato tra l’estate 1792 e l’aprile del 1793, poiché successivamente la legione ha dovuto adottare la fascia condeana a tre fiori neri di gigli per ufficiali e gentiluomini al posto dell’unico giglio blu (presente nel dipinto). L’ufficiale raffigurato indossa una divisa simile a quella del colonnello Alexander d’Olonne, comandante della cavalleria di Mirabeau, con tre squadroni da circa 300 uomini: 1° squadrone: ussari e ulani; 2° squadrone: volontari del generale e volontari a cavallo; 3° squadrone: 2 compagnie di cacciatori a cavallo. Il taglio dell’uniforme è propriamente francese (alcuni ufficiali lo indossavano soprattutto al posto del mantello) e anche i segni di rango del tipo di cavalleria leggera (galloni d’argento sopra il binario di raccordo e in cima alle brache, ma anche il tipo di gilet ricamato). La legione nera di Mirabeau si distingueva per i suoi colori distintivi (nero e blu-cielo) e due marchi di cui se ne distingue uno soltanto: le lettere LM intorno a un fiore di giglio, al centro della fibbia dell’imbracatura e, dettaglio che qui non si vede, il motto del corpo portava i bottoni: “Onore al Preux”. La sciabola a tre rami è del tipo palatino, o di un tipo francese fatto in Baviera, con la guardia in acciaio; d’altra parte, il cinturino d’oro è certamente francese. Altezza 62 cm e larghezza 47,50 cm. Presentato in una cornice in legno dorato più moderno.
Nelle immagini (le prime tre da sinistra a destra): reggimento della legione nera di Mirabeau, granatieri, ussari e ufficiali. Nell’ultima immagine unità di emigrati che sbarcano a Quiberon nel luglio del 1795. Indossano divise britanniche.
Dopo l’azione, il maresciallo de Wurmser è in visitata al principe Condé per rallegramenti. Il secondo chiede al primo: «Monsieur le Maréchal, come trovate la mia piccola fanteria»? E l’austriaco risponde: «Oh! Monsieur, è cresciuta sotto il fuoco».
Ancora, nonostante i successi, vi sono ancora delle perplessità sul corpo. Il principe Louis-Antoine-Auguste de Rohan-Chabot (1733 – 1807), comandante del Reggimento di Dresnay afferma: «Le legioni dei nobiluomini, ridotte al pagamento del servizio militare, sono state decimate dalle malattie; fatta eccezione per alcuni individui vigorosamente costituiti, tutti coloro che sono sfuggiti alla morte sono ora in uno stato di sfinimento e infermità che sperimenteranno per tutta la vita. Formare un corpo di gentiluomini significherebbe quindi completare la distruzione dei resti della nobiltà francese, la metà dei quali è già morta».
Nonostante il successo, con l’esercito francese in netta ripresa dopo alcuni cambi di comando, il 26 dicembre del 1793 con la vittoria di Geisberg il generale Louis Lazare Hoche (1768 – 1797) sconfigge l’esercito austro-prussiano del duo von Wurmser e Karl Wilhelm Ferdinand duca di Brunswick (1735 – 1806), conquistando Landau e penetrando nella regione del Palatinato.
Il 1794 non vede l’impiego diretto dell’armata del principe di Condé, che riceve il mantenimento dagli inglesi, grazie al fine lavoro diplomatico del britannico William Wickham (1761 – 1840).
Nel 1795, l’armata di Condé combatté insieme all’esercito austriaco, sotto il comando dell’arciduca Carlo, duca di Teschen. Nello stesso anno, l’esercito era composto dal “nobile reggimento a piedi di Condé” comandato da Gabriel-Auguste de Mazancourt (1725 – 1809), che comprendeva sei unità terrestri: la Legione nera di Mirabeau avente granatieri e ussari, il reggimento Hohenlohe-Schillingsfurts; il reggimento Roquefeuil-Blanquefort, il reggimento Alexandre de Damas e il Reggimento Montesson. Le unità di cavalleria si dividevano in due reggimenti nobili che comprendevano: il Reggimento di cavalleria dei delfini; gli Ussari della legione di Damasco, gli Ussari di Cayla Baschi, i Cacciatori di Noinville, i Dragoni di Fargues, i Cacciatori di Astorg, i Dragoni di Clermont-Tonnerre, i Corazzieri Furange e i Cavalieri della Corona.
Nelle due immagine, quella di sinistra è attribuita a Jean-François Alexandre Boudet, il conte Puymaigre (1778-1843), sottotenente del reggimento dei Cavalieri della Corona: disegno dell’uniforme dei Cavalieri della Corona dal 1795-1797. Prima metà del XIX° secolo, carta, inchiostro, 17,5×25 cm. Nell’immagine di destra, scuola francese del XIX secolo, viene raffigurato il disegno delle uniformi dei prìncipi dell’armata di Condé. Acquaforte di un cavaliere nobile dell’armata di Condé nel 1792.
Nel frattempo la Gran Bretagna decide di organizzare, sotto la direzione di Joseph de Puisaye (1755 – 1827) e con il consenso di William Windham (1750 – 1810), una grande spedizione di emigrati realisti per riattivare la sollevazione dell’Ovest, che nel frattempo era stata schiacciata con le battaglie decisive di Cholet ad opera del generale Jean-Baptiste Kléber (1753 – 1800) e di Le Mans e Savenay (facenti parte del ciclo bellico “Virée de Galerne”), tutte nel 1793.
Dopo otto mesi di sforzi attivi, Puisaye aveva ottenuto che la spedizione sarebbe stata resa possibile da reggimenti francesi, dalla retribuzione inglese, formati da quattro corpi d’armata, ognuno dei quali, dopo essere sbarcato sul continente, sarebbe diventato un regolare reggimento. I loro comandanti erano il Principe Leon de Rohan-Chabot, M. d’Oilliamson, il visconte di Chambray e il conte Armand Jean d’Allonville e l’organizzazione avvenne sull’isolotto atlantico di Guernsey delle isole del Canale.
Il reggimento di Allonville è un reggimento composto da signori bretoni, 186 ex ufficiali dell’esercito reale, i cui ranghi sono composti da ex sottufficiali, tenenti o ufficiali di marina.
Si costruirono alla fine due reparti di circa 12.000 uomini, vestiti con giubbe rosse, organizzate con emigrati e volontari tra i prigionieri francesi; era inoltre prevista una ripresa della guerriglia degli chouans in Vandea e Bretagna. Ma la spedizione fu organizzata male e, grazie all’intercettazione di alcuni dispacci, il Comitato di salute pubblica venne a conoscenza dei piani realisti: le truppe rivoluzionarie guidate dal generale Hoche intervennero duramente contro la guerriglia in Bretagna.
Nonostante questi contrattempi la spedizione, guidata da de Puisaye, proseguì; la squadra navale dell’ammiraglio Louis Thomas Villaret (1748 – 1812) fu battuta e respinta dalle navi britanniche dell’ammiraglio Alexander Bridport (1726 – 1814) il 23 giugno 1795, una divisione di emigrati sbarcò nella baia di Quiberon il 27 giugno dove fu accolta da un raggruppamento di contadini organizzati in precedenza da emissari realisti. Nonostante questo successo iniziale, le discordie tra i capi della spedizione intralciarono le operazioni che furono sospese in attesa dello sbarco di rinforzi. La problematica principale fu quella che i generali vandeani e degli chouans non gradivano le interferenze britanniche sui posti di comando: leadership che sarebbe dovuta passare in mano ai nobili emigrati. Il generale Hoche ebbe quindi il tempo di accorrere con l’armata rivoluzionaria; gli chouans furono dispersi poiché non ricevettero l’aiuto del reggimento Royal-Louis che prenderà il nome dal commodoro di marina dei migranti Louis Charles Le Cat, conte di Hervilly (1755 – 1795), che si rifiutò di combattere insieme ai contadini, perché non aveva fiducia delle loro capacità belliche: «il dipartimento del Morbihan, che Georges (Georges Cadoudal 1771 – 1804) tiene tra le mani, è più pronunciato che mai contro la nobiltà e contro gli emigrati: stanno facendo una guerra popolare, dicono, e non una guerra di restaurazione. In questo corpo militare, i signori sono senza credito, perché Georges ha saputo concentrare tutti i poteri e catturare tutta la fiducia. Dobbiamo aspettarci di vederlo fuggire da un giorno all’altro: non per vederlo sfilare nelle file repubblicane, poiché egli sarà sempre il nemico più implacabile della repubblica, ma per combattere a modo suo la Rivoluzione che odia. L’opposizione ai nostri progetti verrà sempre da questi realisti che vogliono stabilire l’uguaglianza sotto la bandiera bianca del re. […] Ciò che apparentemente sta accadendo in questa regione è segretamente prefigurato in tutti gli altri della Bretagna»10.
Così il comandante repubblicano fece costruire in una settimana un solido sistema di trinceramenti che bloccò completamente le forze realiste nella penisola di Quiberon. Il generale Hoche sferrò l’attacco decisivo nella notte del 21 luglio; sotto un violento temporale, dove le colonne rivoluzionarie ebbero la meglio e l’armata realista venne dispersa o catturata: solo pochi scamparono sulle navi britanniche. L’armata repubblicana dell’Ovest catturò circa 7.000-8.000 uomini tra emigrati, chouans e prigionieri, di cui 718 vennero fucilati.
La spedizione termina così nei disastri, chiamati Plouharnel e Quiberon. La rabbia dei Chouan sarà insanabile contro gli emigrati, che furono accusati di aver causato il fallimento della spedizione. L’aristocratico Antoine-Henry d’Amphernet, visconte di Pontbellanger (1759 – 1796) viene arrestato e condannato a morte dagli Chouan ingiustamente con la scusa di aver abbandonato l’esercito, ma verrà graziato e bandito dal generale Georges Cadoudal. Quest’ultimo rifiuterà di dare il benvenuto a qualsiasi ufficiale emigrato nel dipartimento del Morbihan, e in una lettera a Vauban, il 7 settembre descrive gli emigrati come «mostri che avrebbero dovuto essere inghiottiti dal mare prima di arrivare a Quiberon».
Jean Sorieul, I Combattimenti di Quiberon nel 1795.
Nell’agosto del 1795, il conte di Artois tenta di unirsi ai vendeani con un esercito di emigrati e truppe inglesi. Anche questa seconda spedizione, sull’isola di Yeu, è un fallimento. Diversi emigrati sbarcano comunque in Vandea per arruolarsi nell’esercito del generale François Athanase de Charette de la Contrie (1763 – 1796). Sono comunque accolti freddamente dai vendeani, perché ancora una volta l’annuncio che un corpo di ufficiali emigrati era stato formato per comandare, dopo anni di guerra, i contadini diede nuova irritazioni si capi della rivolta popolare controrivoluzionaria. Il comportamento “orgoglioso e sdegnoso” della maggior parte degli emigrati ha attratto l’ostilità dei combattenti della Vandea, come ci descrive nelle sue memorie l’ufficiale della Vandea Pierre-Suzanne Lucas de la Championnière (1769 – 1828): «eravamo arrivati a odiarci come se non fossimo stati dalla stessa parte».
Alcuni emigranti tuttavia diventarono generali di alcuni eserciti Cattolici e Reali, come ad esempio; Louis Auguste Victor de Ghaisne, conte di Bourmont, (1773 -1846), Marie Pierre Louis de Frotté (1766 – 1800), Pierre Louis Godet conte di Châtillon (1740 – 1807), Louis-Marie-Antoine-Auguste d’Andigné de La Blanchaye (1765 -1857), Henri-René Bernard de la Frégeolière (1759 – 1835), Pierre Jean Baptiste Constant, conte di Suzannet (1772 – 1815).
Nel giugno del 1796 il contingente, sempre sotto il comando dell’arciduca Carlo duca di Teschen, combatté in Svevia, come parte della divisione di Karl Aloys von Fürstenberg (1760 – 99). Dopo che il contingente austriaco è congedato, il Corpo rimane in Baviera, partecipando ai combattimenti estivi. Il 24 ottobre del 1796, durante la Battaglia di Schliengen, i soldati di Condé attuarono un energico attacco contro il villaggio di Steinstadt, che conquistarono con una carica all’arma bianca con le baionette innestate sul fucile. Ancora una volta arrivano i complimenti e le felicitazioni, per l’impresa, da parte della Convenzione con una lettera formale inviata al principe Condé in persona.
Nel 1797, l’Austria firmò il Trattato di Campo-Formio con la Prima Repubblica francese, ponendo fine ufficialmente alle ostilità contro i francesi.
Con la fine della Prima coalizione, il Corpo stanziato sul Lago di Costanza, apprende della fine dell’accordo negoziato tra Condé e Wickham. L’esercito entra così sotto il servizio dello Zar di Russia di Paolo I: «Per magnanimità affine a noi, non potremmo fare a meno di dare ascolto alla petizione del Principe Condé per l’accettazione delle truppe sotto il suo comando nel nostro glorioso esercito, e di conseguenza abbiamo deciso di dare rifugio a quelle persone che si sono sacrificate in fedeltà al legittimo sovrano di Francia».
L’esercito di Condé, abbandonò così le uniformi alla francese, dopo un accordo franco-russo sull’inclusione dei migranti nel corpo armato russo, e indossarono uniformi militari russe identiche ai reggimenti della fanteria e della cavalleria zarista. Condé fu ospitato presso il palazzo di Tauride a San Pietroburgo e al corpo furono dati stendardi speciali, sui quali, secondo il Comando supremo, insieme ai simboli dell’Impero russo, c’erano i gigli d’oro del Regno Francia. Fino alla primavera del 1799, il corpo del Principe Condé prestò servizio nella provincia di Volyn, essendo di stanza sul territorio dei distretti di Vladimir, Lutsk e Kovel. In totale, il corpo consisteva di cinque reggimenti: la fanteria del principe Condé; i granatieri del duca di Borbone; la fanteria tedesca del duca di Hohenlohe; i nobili Dragoni Duca di Berry e i dragoni del Duca di Enghien.
Vessilli zaristi di tre dei cinque reggimenti dell’esercito del principe Condé in Russia: la fanteria del principe Condé, i granatieri del duca di Borbone, la fanteria tedesca del duca di Hohenlohe. Nella litografia di destra: uno degli ultimi comandanti dell’esercito, il giovane Louis-Antoine-Henri de Bourbon, il duca d’Enghien (1772–1804), il principe della casa reale francese e nipote del principe Condé. Fu successivamente assassinato al comando di Napoleone Bonaparte nel fossato del castello della prigione di Vincennes.]
In ottobre, l’intera armata, che contava circa 10.000 soldati, lasciò la regione del Bodensee e marciò verso la Polonia dove furono stanziati. Combattono nel 1799 in Renania con Alexander Vasilyevich Suvorov (1730 – 1800) e successivamente quando nel 1800, la Russia abbandona la Seconda Coalizione, tornarono al servizio degli eserciti inglesi e combatterono in Baviera fino al 1801.
In segno del massimo rispetto al servizio dei “condeani”, lo Zar lasciò al corpo tutti gli stendardi, le armi e le loro proprietà in Russia.
Dopo aver fatto meraviglie di valore a Wissembourg, Haguenau, Bentheim, il principe è costretto a licenziare il suo esercito e si ritirò nel 1800 in Gran Bretagna con suo figlio.
Dunque perché ricordare l’esercito di Condé dell’armata dei migranti realisti francesi? Sicuramente perché avevano un concetto di equilibrio europeo: non a caso combatterono sotto i comandi austriaci, prussiani, inglesi e russi, sempre contro i francesi. Avversari del nazionalismo giacobino che li aveva estromessi dalla loro patria, cercarono eroicamente attraverso il combattimento leale di riavere la loro terra indietro. Fallirono per diverse motivazioni, ma emerge quella della coesione, che spesso durante una guerra civile risulta decisiva: le molteplici forme di opposizione al regime repubblicano, hanno in conclusione fatto fallire il piano di ristabilire Luigi XVI sul suo Trono. Come ebbe a dire Joseph de Maistre: «Non c’è che violenza nell’universo; ma noi siamo corrotti dalla filosofia moderna, che ci ha detto che “tutto è bene”, mentre invece il male ha tutto insozzato, e in un senso verissimo si può dire che “tutto è male”, poiché nulla sta al proprio posto. […] Ma stiamo attenti a non perdere coraggio: non esiste castigo che non purifichi, non esiste disordine che l’amore non ritorca contro l’origine del male. È dolce, in mezzo al generale sovvertimento, presentire i piani di Dio»11.
Note:
1 Bossange, 2a edizione, 1830, t. 8, p. 278.
2 Tulard J., “Emigrants and ultras”, Journal des savants, n ° 3-4, 1962, p. 245 – edizione De la Sabretache, 1957.
3 Orczy E. M. R. M. J. B., La Primula rossa, pp.15-16-17.
4 Verne J., Il conte di Chanteleine, Edizioni Gondolin, p.15.
5 Chateaubriand F.R.de, Memorie D’Oltretomba, Libro Nono, Einaudi, p.271.
6 Ivi, pp.272-73.
7 Dopo la svolta repubblicana della rivoluzione e l’esecuzione del Re anche i militari e i nobili monarchico-costituzionali (ed infine anche liberali, orleanisti e repubblicano-moderati), tra cui si annoveravano alcuni dei migliori o più famosi ufficiali francesi – come il conte Louis Marie Jacques Almaric de Narbonne-Lara (1755 – 1813), il duca di Lauzun Armand Louis de Gontaut-Biron (1747 – 1793) e Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, Marchese di La Fayette (1757 – 1834) -, furono costretti all’emigrazione o furono ghigliottinati; solo pochissimi di questi furono accolti negli eserciti degli emigranti: erano considerati comunque dei traditori della vecchia monarchia, e ai loro occhi poco diversi dai giacobini.
Per questo molti di costoro emigrano in America, o in Gran Bretagna, oppure entrarono direttamente al servizio di potenze estere impiegate nella guerra contro la Francia, anche se non pochi di costoro reputarono, come il conte di Narbonne, disdicevole e disonorevole combattere contro la Francia quale che ne fosse il regime, fino a negare al primo ministro britannico William Pitt il Giovane (1759 – 1806) qualsiasi informazione sull’esercito francese.
8 Chateaubriand F.R.de, Memorie D’Oltretomba, Libro Nono, capitolo Decimo, Einaudi, pp.274-75.
9 Jean-Paul Bertaud, Il duca di Enghien, Librairie Arthème Fayard, 2001, p.123.
10 Crétineau-Joly J., Histoire de la Vendée militaire, Libro terzo, p.243.
11 Maistre J. de, Considerazioni sulla Francia, edizioni il Giglio, p.53.
Per approfondimenti:
_René Bittard des Portes, Histoire de l’armée de Condé, edizioni Perrin, 2016;
_Dimitri Gorchkoff, Ritratti di ufficiali dell’esercito di Condé di François-Joseph Desvernois, 1797-1798: analisi e identificazione, in napoleonica. La Revue 2016/3 (N ° 27);
_Maistre J. de, Considerazioni sulla Francia, edizioni il Giglio;
_Chateaubriand F.R.de, Memorie D’Oltretomba, Einaudi;
_Crétineau-Joly J., Histoire de la Vendée militaire, Libro terzo;
_Vasiliev A.A. Il corpo reale emigrato del principe Conde nell’impero russo (1798-1799) – 1989;
_Jean-Paul Bertaud, Il duca di Enghien, Librairie Arthème Fayard, 2001;
_Orczy E. M. R. M. J. B., La Primula rossa, Fazi editore, 2018;
_Verne J., Il conte di Chanteleine, Edizioni Gondolin, 2019;
_La vita di Suvorov da lui descritta o una raccolta di lettere e le sue opere pubblicate con appunti di Sergei Glinka – 1819;
_La descrizione storica dell’abbigliamento e delle armi delle truppe russe, con disegni, compilata dal Comando supremo. San Pietroburgo – 1900;
_Milyutin D.A., La storia della guerra tra Russia e Francia durante il regno dell’imperatore Paolo I nel 1799, San Pietroburgo;
_Corrispondenza di Suvorov e Prince Conde, Bollettino storico militare, Parigi – 1972;
_Trubetskoy N. Prince, Gli stendardi e le norme dell’esercito del principe Conde, concessogli dall’imperatore Paolo I, Bollettino storico militare, Parigi – 1957;
_Schepkina E.M., L’esercito realista in Russia, Rivista del Ministero della Pubblica Istruzione – 1889.
_Tulard J., “Emigrants and ultras”, Journal des savants, n ° 3-4, 1962 – edizione De la Sabretache, 1957;
_Bossange, 2a edizione, 1830.
© L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata
No Comments