Nel maggio del 1969 alcuni seminaristi chiesero a monsignor Lefebvre di poter ricevere da lui una formazione sacerdotale cattolica tradizionale e, piegato dalle loro insistenze, decise di fondare a Friburgo il «Convitto internazionale San Pio X», il Papa santo che aveva condannato l’eresia modernista nel 1907 con l’enciclica Pascendi Dominici Gregis. Il 1° ottobre 1970 aprì, con l’autorizzazione del Vescovo di Sion (Svizzera), un anno di spiritualità di preparazione agli studi ecclesiastici ad Écône (Svizzera) e in dicembre vide la luce, con approvazione episcopale, il Seminario della Fraternità San Pio X. Tuttavia si formò un clima di profonda avversione intorno a monsignor Lefebvre, che non rinunciava a denunciare, con la determinazione di un sant’Atanasio (295 – 373) o di una santa Caterina da Siena (1347 – 1380) e con una sorprendente lucidità tomista, le malsane idee neo-moderniste, parlando nei momenti opportuni e inopportuni, come insegna san Paolo (2 Tm 4, 1-2), mettendo in guardia dai cattivi maestri, apportatori, con linguaggio talvolta ambiguo, di erronei insegnamenti in seminari ed università.
Lefevbre più volte ha affermato come «dei seminaristi sono venuti a trovarmi e hanno chiesto di avere una formazione, ci sono dei genitori che mi hanno detto “non abbandonate i nostri figli, vogliono essere sacerdoti, hanno diritto ad una buona formazione”; ci sono dei fedeli che volevano la Messa e i Sacramenti». Questa è stata sempre la condotta di Monsignor Lefevbre: si risponde ai bisogni dei fedeli, ed era tanto più preoccupato della regolarità canonica proprio perché si rendeva ben conto che era obbligato ad essere in contrasto con certe direttive di Roma e voleva assolutamente che i fedeli pregassero per il Papa e per il canone della Messa, per il Vescovo della Diocesi, rifiutando sempre le tesi semi-vacantiste e quindi la sua prima preoccupazione era l’unione con Roma. Per l’arcivescovo francese i superiori sono fatti per il bene e non possono impedire ai fedeli di avere la Messa, di avere i sacramenti e quindi non si può usare il diritto canonico contro il bene dei fedeli, ed è per questo che considerava che ci sono dei momenti in cui si è dispensati – lo stato di necessità nella Chiesa -, risalendo al principio superiore delle leggi della Chiesa, chiamato Salus animarum (la salvezza delle anime) e nulla può impedire al sacerdote di salvare le anime.
Per la quaresima del 1961 monsignor Lefebvre scrisse una lettera pastorale di stupefacente valore contemporaneo: «molti motivi devono suscitare nei nostri animi la sete della verità. Le nostre anime sono fatte per la Verità. Le nostre intelligenze, riflesso dello spirito divino, ci sono state date al fine di conoscere la Verità, di darcene la luce che ci indicherà lo scopo verso il quale deve orientarsi tutta la nostra vita… Chi si forgia una verità sua propria vive l’illusione, in una menzogna immaginaria… La corruzione dei pensieri è ben peggiore della corruzione dei costumi… È per questo che il dovere più pressante dei vostri pastori, che devono insegnarvi la Verità, è quello di diagnosticarvi quelle malattie dello spirito che sono gli errori. E come non deplorare, come già faceva san Paolo, che alcuni di coloro che hanno ricevuto la missione di predicar la Verità non han più il coraggio di dirla, oppure la presentano in un modo tanto equivoco che non si sa più dove si trova il limite fra Verità e l’errore… Si può dire che ancor oggi esiste una certa letteratura religiosa, o che pretende d’occuparsi di religione, che il talento d’impiegare parole equivoche o di forgiare dei neologismi di tale natura… da sperare di poter così mantenere l’approvazione della Chiesa pur compiacendo coloro che sono fuori dalla Chiesa o che la perseguitano… Questa concezione del linguaggio (equivoco) è segno della corruzione dei pensieri». Tale affermazione ricorda le denunce anti-liberali del beato, prossimo alla canonizzazione, cardinale John Henry Newman (1801 – 1890), il quale giunse ad affermare: «in questi cinquant’anni ho pensato che si stiano avvicinando tempi di diffusa infedeltà, e durante questi anni le acque, infatti, sono salite come quelle di un diluvio. Prevedo un’epoca, dopo la mia morte, nella quale si potranno soltanto vedere le cime delle montagne, come isole in un vasto mare. Mi riferisco principalmente al mondo protestante; ma i leaders cattolici dovranno intraprendere grandi iniziative e raggiungere scopi importanti, e avranno bisogno di molta saggezza e di molto coraggio, se la Santa Chiesa deve liberarsi da questa terribile calamità, e, sebbene qualunque prova che cada su di lei sia solo temporanea, può essere straordinariamente dura nel suo decorso». Autorevole fu «il richiamo dell’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed oggi Pontefice f.r., che denunciò in un famoso libro-inchiesta Rapporto sulla Fede – la deleteria presenza d’uno spirito anti: presenza dell’inimicus homo e della zizzania da lui seminata a piene mani nei solchi della Chiesa conciliare e postconciliare per renderne difficile il discernimento secondo la Fede e stemperarlo nel possibilismo, nel relativismo, nell’immanentismo del pensiero moderno. Poco prima d’ascender al soglio di Pietro, fu ancora il card. Ratzinger, nel memorabile e drammatico testo per la “Via Crucis” del venerdì santo 2005, a parlar di “sporcizia”… nella Chiesa, anche fra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Dio, di “superbia… autosufficienza… e mancanza di Fede”, e concluse con una preghiera che fa rabbrividire: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti» (J. Ratzinger, Via Crucis, Tip. Vatic. 2005, pp. 63-65). Non era stato da meno il suo predecessore, il quale, nonostante tutto il suo ottimismo tipicamente “conciliare”, aveva dovuto costatare che il Cattolicesimo europeo è in uno «stato d’apostasia silenziosa».
Storico anche il suo discorso sul comunismo, poiché fu uno dei primi vescovi a toccarne l’argomento: «che dicono i comunisti? Dicono che la religione è un’alienazione. Si, è vero, la religione è un’alienazione, nel senso che noi doniamo i nostri corpi, le nostre anime, la nostra intelligenza, la nostra volontà nelle mani di Dio. Noi ci alieniamo per donarci interamente a Dio, interamente a Colui che ci ha creati. Voi vi alienerete per un partito, per degli uomini. Voi mettete tutta la vostra natura, tutta la vostra forza, tutto ciò che avete nelle mani degli uomini».
No Comments