Napoleone II: un destino di grandezza negato

di Giuseppe Baiocchi del 24/01/2019

Nel dicembre del 1940, Parigi è una città sconfitta e occupata dalla Wehrmacht tedesca. Il sentimento francese è diviso in due: c’è la Repubblica collaborazionista di Vichy, ci sono gli appelli alla Francia libera lanciata da Charles André Joseph Marie de Gaulle (1890 – 1970) dal suo rifugio di Londra e ci sono davanti agli occhi di tutto il mondo le immagini di Adolf Hitler (1889 – 1945) vittorioso in visita a Parigi. Il Führer non vuole più apparire come un conquistatore: tenterà di ammorbidire il senso di odio e di ribellione nei suoi confronti, concedendo così un regalo ai francesi. Di notte alla Gare de l’Est, arriva una bara la quale viene caricata su una macchina nera che attraversa la città buia e deserta, fino all’Hôtel des Invalides: all’interno le ceneri di un personaggio che poteva diventare grande nella storia, ma che fu solo semplice comparsa, Napoleone François Charles Joseph Bonaparte (1811 – 1832), unico figlio di Napoleone Bonaparte I (1769 -1821).

Nelle due foto (da sinistra a destra): Hitler nel 1940 visita il mausoleo di Napoleone I; statua marmorea di Napoleone I, in abiti imperiali, sopra la tomba del figlio Napoleone François Charles Joseph Bonaparte.

Le Roi de Rome, così come venne denominato per aver regnato dal 22 giugno al 7 luglio del 1815, non muta minimamente l’opinione del popolo francese, che rimane indifferente, tanto che per le strade di Parigi, aleggia una battuta: «i tedeschi ci hanno restituito delle ceneri, noi avremo preferito del carbone».
Ancora oggi l’Hôtel des Invalides è l’ospizio per veterani e invalidi di guerra fatto edificare nel Seicento da Luigi XIV (1638 – 1715) e all’epoca della traslazione del sarcofago pochissime persone furono presenti: qualche dignitario di Vichy, qualche gerarca nazionalsocialista, tanto che un testimone asserì come sullo spiazzo si respirava una «atmosfera da cospirazione». Tra svastiche e corone di fiori ce ne è una che porta scritto «il Cancelliere Adolf Hitler al duca di Reichstadt».
I titoli per Napoleone II sono diversi e molteplici, ma tutti privi di quello spessore politico che aveva contraddistinto il padre: Roi de Rome, duca di Reichstadt, Grand Aigle e Gran collare dell’Ordine della Legion d’Onore, Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona Ferrea, Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Reale di Santo Stefano d’Ungheria, Senatore di Gran Croce S.A.I. Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Il protagonista di questa storia è custodito sotto la cupola del Duomo dell’Hôtel des Invalides: attraversato il cortile, passati sotto la cupola e scesi nel mausoleo di Napoleone, in disparte è situata una nicchia con una lapide dove è scritto «Napoleone II, Roi de Rome 1811 – 1832», questa è dominata da una statua marmorea di Napoleone I in abiti imperiali, ma sulla figura di suo figlio, nulla. Il confronto con il padre è drammatico: il mausoleo che custodisce le spoglie di Napoleone I è enorme, un monumento funebre degno di un faraone con al centro un sarcofago di pietra immenso ed intorno scolpite in cerchio i suoi successi politici, diplomatici e militari. Sicuramente un colpo d’occhio estremamente diverso dalla spoglia lapide del figlio. Anche le circostanze del ritorno in patria del generale còrso avviene in una modalità totalmente differente, poiché Napoleone Bonaparte viene restituito dagli inglesi nel 1840, su richiesta del Re Louis Philippe I di Borbone-Orléans (1773 – 1850), in un clima di riconciliazione nazionale, un monarca – erede dei Re pre-rivoluzionari, ma di stampo liberal-borghese – riconosce la grandezza di Napoleone e lo ammette nel Pantheon dei grandi di Francia: una cerimonia solenne che commosse tutto il Paese. Sarà lo stesso Victor Marie Hugo (1802 – 1885), nel suo “I funerali di Napoleone”, che commenterà così l’evento: «rue du four: la neve si infittisce, il cielo si fa nero, i fiocchi di neve lo seminano di lacrime bianche, sembra che anche Dio voglia partecipare». Il figlio Napoleone II torna, di contro, in sordina, di nascosto, accolto quasi con vergogna, restituito da un invasore detestato: eppure per lui gli eventi erano iniziati con una piega molto diversa, il suo doveva divenire un destino di grandezza. «Io sono stato Filippo, lui sarà Alessandro», proferì alla sua nascita Napoleone Bonaparte I, padre insieme alla madre Maria Luisa Leopoldina Francesca Teresa Giuseppa Lucia d’Asburgo-Lorena (1791 – 1847); il loro amore fu il frutto di un innesto tra antichi e nuovi poteri, tra vecchie e nuove energie: un frutto che non maturò mai e che marcirà a soli 21 anni. Il conte Montbel, Guillaume Isidore (1787 – 1861) scrivendo nel suo “Le Duc de Reichstadt” appuntò sul giovane Napoleone: «La mia nascita e la mia morte, ecco tutta la mia storia, non sono che un imbarazzo, fra la mia culla e la mia tomba, c’è un grande zero».
Napoleone François viene al mondo per il problema dinastico del padre: Napoleone I, una volta divenuto Imperatore il 18 maggio 1804, non viene riconosciuto legittimo da nessuna corte monarchica (Trono e Altare) europea. Il suo è un impero non riconosciuto, frutto dei moti rivoluzionari che hanno tagliato la testa a Luigi XVI: un erede rafforzerebbe la sua leadership e assicurerebbe un erede alla Francia bonapartista.
La prima moglie Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie di Beauharnais (1763 – 1814) a trentasette anni, dopo quattro anni di matrimonio, non è ancora riuscita a donare un erede a Napoleone. La Costituzione imperiale creata dallo stesso Bonaparte cita all’art.4: «Napoleone può adottare i figli o i nipoti dei suoi fratelli, premesso che abbiano compiuto diciotto anni e che lui stesso non abbia figli maschi al momento dell’adozione. I suoi figli adottivi entrano nella linea di discendenza diretta».
Quel figlio adottivo affermato nella costituzione, almeno secondo le voci di corte c’è già: è il piccolo Napoleone Carlo, figlio di Luigi Bonaparte (1778 – 1846) e di Hortense Eugénie Cécile di Beauharnais (1783 – 1837), raffigurato all’interno del celebre quadro del pittore Jacques-Louis David (1748 – 1825) “L’incoronazione di Napoleone” del 1808; un bambino di due anni che tiene per mano la sua mamma. Non è ufficiale, ma tutti sono convinti che un giorno l’Imperatore sarà lui, poiché rappresenta la perfetta unione di entrambi i clan familiari dei Bonaparte e dei Beauharnais. La sua investitura durerà poco: morirà a breve per una difterite, lasciando aperta la partita per la successione dell’erede imperiale. Napoleone dirà «non c’è solidità nella mia dinastia se non ho figli, i miei nipoti non possono rimpiazzarmi, la nazione non comprenderebbe. Un bambino nato nella porpora è per la nazione e per il popolo tutt’altra cosa che il figlio di mio fratello».
Durante il cesarismo del bonapartismo, Napoleone avendo avuto un figlio dalla sua amante polacca Maria Walewska (1786 – 1817), capisce che il problema dinastico è riconducibile a sua moglie Marie-Josèphe, che lentamente e inesorabilmente inizia ad essere posta da parte, fino al divorzio del 1809. Dopo la vittoria francese sull’Impero austriaco di Francesco I d’Austria, sposerà la diciottenne Maria Luisa d’Asburgo-Lorena che darà alla luce Napoleone François. Dall’Aiglon di André Castelot (1911 – 2004) il giovane Napoleone François Charles Joseph ricorderà come: «mio padre sarebbe dovuto rimanere sposato con Marie-Josèphe, se Josèphine fosse stata mia madre, lui non sarebbe andato a Sant’Elena e io non sarei lasciato a languire a Vienna. Mia madre è buona, ma priva di forza, non è la sposa che mio padre meritava». Il paradosso del secondo matrimonio di Napoleone fu proprio che Maria Luisa, nata all’interno del Palazzo di Schönbrunn, era stata educata fin da bambina a temere e detestare il futuro marito, considerato dagli Asburgo un orco, un demone: anche per lei la politica non avrà cuore, ma solo testa. Alla proposta di matrimonio che Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein (1773 – 1859) farà alla giovane Asburgo-Lorena, questa risponderà: «quando si tratta dell’interesse dello Stato è a esso che devo conformarmi e non ai miei sentimenti. La volontà di mio padre è sempre stata la mia. La mia felicità sarà sempre la sua. Con il permesso di mio padre, io dò il consenso al mio matrimonio con l’Imperatore Napoleone». Nelle corti europee nasce la voce che la giovane Maria Luisa fu consegnata alle “fauci del minotauro”. L’unione avvenne l’undici marzo in matrimonio religioso a Vienna, per procura, con Napoleone non presente: fu rappresentato dall’arciduca Carlo, lo zio di Maria Luisa.

Litografia austriaca di Napoleone François Charles Joseph Bonaparte (1811 – 1832).

Dopo pochissimo tempo, la giovane austriaca resta in cinta del còrso e suo figlio, l’infante Napoleone François Charles Joseph Bonaparte avrà il titolo di “Re di Roma”. Il titolo non è casuale: oltre che l’Impero romano, tramontato da lungo tempo, la capitale dello Stato Pontificio era anche il fulcro della cristianità cattolico-romana. Tale appellativo stava a significare un riavvicinamento ideale e romantico verso il Pontefice (esiliato) e un controllo “titolato” della cristianità. Nel 1801 Napoleone da Primo Console, aveva firmato un concordato con Papa Pio VII, ma nel 1806 da Imperatore, quando il Pontefice aveva intensificato i suoi legami diplomatici con i “nemici della Francia”, gli scrisse: «Sua Santità è Sovrano a Roma, ma io sono l’Imperatore: tutti i miei nemici devono essere i Suoi». Per rafforzare tale tesi scriverà il 22 febbraio al cardinale Joseph Fesch (1763 – 1839), suo ambasciatore a Roma: «dite che io ho gli occhi aperti, che vedo bene quello che succede e non mi faccio ingannare, dite che io sono Carlo Magno – spada della Chiesa e Suo Imperatore – e devo essere trattato come tale». Napoleone rivendica a sé il diritto di nominare i vescovi in Francia, poiché sono servitori della Chiesa, ma prima sono accoliti e sudditi dello Stato. Il conflitto con Pio VII da sotterraneo, diviene conclamato fino a quando nel maggio del 1809, Napoleone annette Roma e l’Umbria: il Papa risponde con una bolla di scomunica il 10 giugno dello stesso anno – “Quum memoranda” – affissa sulle basiliche di Roma: «per l’autorità di Dio onnipotente, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo che l’invasione di Roma, dopo la violazione sacrilega dei patrimoni di San Pietro da parte delle truppe francesi, tutti coloro che hanno agevolato queste violenze o le hanno eseguite essi stessi sono incorsi nella scomunica maggiore». Napoleone non viene nominato in forma esplicita, ma è chiaro che il soggetto della scomunica è lui medesimo; così in risposta l’Imperatore dei francesi farà arrestare il Papa, il quale sarà in conclusione condotto a Savona. Famose le parole del Sommo Pontefice, davanti all’ufficiale napoleonico entrato al Quirinale il 5 luglio del 1809: «Non possiamo. Non dobbiamo. Non vogliamo». Per dimostrare il suo mancato pentimento Napoleone Bonaparte, per il suo erede, concederà il titolo di ottavo Re di Roma: un’onorificenza scomparsa dai tempi dei sette Re romani.
Dopo i 101 colpi di cannone che annunciarono al popolo francese, il 20 marzo 1811 – alle nove del mattino, la nascita dell’erede tanto atteso, Napoleone François Charles Joseph Bonaparte diverrà presto l’icona per eccellenza imperiale, foraggiata e sponsorizzata dal padre, il quale già da tempo aveva iniziato un vero e proprio culto – attraverso scultura e la pittura – propagandistico sulla sua persona.
Al contrario di sua madre, che possedeva un’educazione aristocratica, Napoleone I prova un grande trasporto per il figlio: vuole vederlo ogni mattina a colazione, prenderlo in braccio, giocare con lui. Commissiona agli architetti dell’arco di Trionfo, l’incarico di progettare il Palazzo del “Re di Roma” – grande come quello di Versailles, nel luogo dove oggi sorge la Torre Eiffel. Una folla oceanica accorrerà per il battesimo a Notre-Dame: occasione imperdibile per dare una sbirciata al futuro Imperatore, una cerimonia monumentale, che ribadisce la saldezza del potere di Napoleone. Ancora da “L’Aiglon” di Castelot, Napoleone dichiara: «Lo invidio, la gloria lo attende, mentre io ho dovuto correrle dietro; per afferrare il mondo non dovrà che tendere le braccia». La scelta del palazzo per il Roi de Rome, nell’ex capitale dello Stato Pontificio, sarà il Quirinale. Una delle lunghe sale, sarà divisa in tre porzioni dagli architetti francesi: la Sala Gialla, la Sala di Augusto e la Sala degli Imperatori. I lavori andranno avanti per tutto il 1812, un anno fatale per l’Imperatore: c’è stata la guerra di Spagna (1808-09) e la campagna di Russia (1812) che si conclude in autunno con l’annientamento della Grande Armée. Il giovanissimo Napoleone, soprannominato l’Aiglon (“l’aquilotto”) – reso popolare dall’omonima opera postuma di Edmond Rostand (1868 – 1918) -, non potrà mai passeggiare all’interno degli appartamenti romani fatti ristrutturare dal padre. Napoleone François è biondo, bello e in salute, cresce felice e accudito, i suoi giocattoli preferiti sono bandiere, trombe, tamburi e un grande cavallo con una sella di velluto rosso; una sorella di Napoleone regala al piccolo bimbo un calesse guidato da due pecorelle con cui scorrazza per i giardini del Palazzo delle Tuileries.

Georges Rouget, Napoleone François nei giardini delle Tuilieries a Parigi (particolare).

Il 4 maggio del 1814, infatti, dopo il precipitare degli eventi bellici, Napoleone Bonaparte verrà esiliato all’isola d’Elba: si congedò dalla moglie e dal figlio Napoleone François che non rivedrà mai più. Maria Luisa e il bambino partono, dopo un breve soggiorno francese, per Vienna, mentre Napoleone dall’Elba si sfoga: «mio figlio mi è stato tolto, come in altri tempi si toglievano i figli ai vinti, per adornare i trionfi dei vincitori». I contatti con suo figlio sono impossibili per volere dell’Imperatore d’Austria.
Ma la conclusione della parabola bonapartista non si è ancora conclusa, poiché il 1°marzo 1815, inizieranno i famosi 100 giorni, dove il generale Bonaparte sbarca nuovamente su suolo francese e mette in fuga Re Luigi XVIII, dopo aver inglobato senza spargimenti di sangue l’esercito reale mandatogli contro. Scriverà ancora una lettera alla moglie, ma Maria Luisa è stata riassorbita nel mondo degli Asburgo e non vuole, anche per volontà propria, raggiungere con il figlio il marito.
Dopo la sconfitta di Waterloo il 18 giugno del 1815, Napoleone viene esiliato in una isoletta sperduta dell’Atlantico e chiuderà per sempre i conti con la storia: suo figlio di appena quattro anni, prigioniero di sua madre, avrà comunque il tempo di essere nominato dal padre Napoleone II, carica che detenne dal 22 giugno 1815 al 7 luglio dello stesso anno. Tale onorificenza gli verrà presto tolta, per via della sua “residenza forzata” a Vienna e per la sua giovanissima età. Napoleone François Charles Joseph è prigioniero nella corte del nonno Imperatore d’Austria senza rendersene conto e viene spogliato da tutte le cariche, compresa quella di “Re di Roma”, per acquisire il ducato di Reichstadt dal 1818. Diventa anche a tutti gli effetti un figlio illegittimo, poiché il secondo matrimonio di Napoleone I, con il Papa Pio VII in esilio, è da considerare nullo: il primo matrimonio del padre con Marie-Josèphe non è mai stato annullato dalla Chiesa di Roma.
La madre diviene duchessa di Parma, dove regnerà con la consapevolezza che suo figlio non avrebbe ereditato il ducato, per volontà espressa di suo padre Francesco I: mai nessun Bonaparte doveva più regnare su suolo europeo.
Nella sua prigionia dorata, per il piccolo Napoleone François si sprecano tutori e insegnanti, tutti austriaci, tutti militari. Presto sogna di divenire un importante soldato, un generale, di comandare uomini ed eserciti: è ancora piccolo, ma immagina già di ricalcare le orme paterne. Quando il 5 maggio del 1821 il padre muore a Sant’Elena, François – oramai chiamato Franz – lo scoprirà solo due mesi dopo. La madre, forse morsa da qualche senso di colpa per il volontario abbandono del figlio a Vienna, gli regalerà in gran segreto la sciabola del padre, ma nemmeno una delle centinaia di lettere che il padre gli scriverà dal suo esilio, gli giungerà mai nelle sue mani: su tale punto Francesco I è irremovibile.
La carriera militare, avviata brillantemente nei primi anni di apprendistato verrà frenata da Klemens von Metternich che temeva l’astro nascente del nuovo Bonaparte: François sarà tenuto lontano da incarichi sia civili che militari. Il fanciullo, oramai divenuto ragazzo ama i cavalli e le divise austriache, indottrinato alla perfezione dalla rigida educazione di corte.

Raymond Desvarreux, Ritratto di Napoleone François Charles Joseph Bonaparte a cavallo (particolare).

Un anno dopo la rivoluzione del 1830 – dove per le strade di Parigi si gridava al suo nome, l’attenzione per il giovane rampollo Bonaparte si riaccende -, ottenne finalmente il comando di un battaglione austriaco, ma non gli fu mai permesso di agire sul campo di battaglia. In realtà, in gran segreto, Napoleone II studierà sempre la storia del padre e le sue gesta, senza mai far trapelare a corte alcunché. Parma, nel frattempo, infervorata dalla rivoluzione, mette in pericolo il regno della madre Maria Luisa, la quale fugge dal ducato: François vorrebbe organizzare una spedizione militare per andare a restaurare il trono della madre in Italia, ma il diniego del nonno e del governo austriaco, gli fanno definitivamente capire la natura della sua residenza forzata. Napoleone François cerca di opporsi e di partire ugualmente, ma verrà fermato alle porte di Vienna e riconsegnato a Schönbrunn in giornata. Poco tempo dopo, la madre tornerà sul trono di Parma, senza l’aiuto del figlio.
Il giovane, oramai ventenne, è cresciuto con lo sguardo fiero del padre, ma è ombroso; si millanta che abbia avuto una storia d’amore con la moglie dell’arciduca Francesco Carlo (1802 – 1878), figlio dell’Imperatore d’Austria, Sophie Friederike Dorothea Wilhelmine Prinzessin di Baviera (1895 -1872) bella, colta e ambiziosa. La salute non lo assiste: alto e magro, soffre di problemi respiratori e chiederà di raggiungere Parma e l’Italia, dove vigerebbe un clima più mite, ma neanche davanti ad una presunta malattia, suo nonno acconsente: le ragioni di Stato sono la priorità per gli Asburgo.
Trascorre sempre più ore immobile e affaticato, tanto da chiamare il medico italiano Giovanni Domenico Antonio Malfatti (1775 – 1859), già medico del compositore Ludwig van Beethoven (1770 – 1827). Il dottore prescrive bagni termali, una dieta a base di latticini, un’attenzione particolare agli sbalzi di temperatura caldo-freddo, acqua minerale frizzante, nessuno sforzo e soprattutto nessuna emozione: Malfatti teme un collasso del fegato, confidando all’Imperatore Francesco I che il nipote ha un insieme di strane patologie. Qualcuno insinua che lo si voglia morto, per eliminare ogni futura pretesa dinastica bonapartista sull’Europa; altri accusano la corte, arrivando a sospettare perfino l’anziano Metternich e i suoi servizi segreti governativi. Sicuramente il Cancelliere ha una repulsione verso il giovane Bonaparte per via di quello che ancora può arrivare a rappresentare, ma mai nessuna prova di avvelenamento è stata provata nei suoi confronti. Avvelenato pian piano o meno, è emblematico come Napoleone François Charles Joseph Bonaparte dai diciotto anni in avanti si indebolisce con precocità. Il dottor Malfatti, si pronuncerà infine per un principio di tubercolosi. Nel 1831, nonostante i consigli, il medico italiano lo trova afono che cerca di gridare ordini al suo battaglione durante delle inutili manovre di esercitazione a Vienna. Infiammazione alle mucose, spossatezza, fegato ingrossato: l’ordine medico risponde a due mesi di completa immobilità e viene trasferito presso la residenza imperiale dell’Hofburg, dove risiede all’interno delle sue stanze. Solo poche passeggiate sono concesse e il giovane ne abusa, aggravando le sue condizioni: tosse e debolezza. Riportato nella sua “prigione” di Schönbrunn, dove il 24 giugno arriverà al suo capezzale la madre Maria Luisa, forse tenuta all’oscuro della salute del figlio o sopraffatta dalla repulsione che quel giovane bellissimo sembra scatenare nella sua famiglia austriaca. A 21 anni, quello che doveva essere “Re di Roma”, sembra un guscio vuoto, privo di forze: la pelle giallastra è fine come quello di un ottantenne, la voce flebile, arrochita e devastanti eccessi di tosse. Ancora qualche mese di sofferenza, poi la fine: il 22 luglio del 1832, Roma perde senza nemmeno saperlo, il suo ottavo Re. Suo nonno scriverà: «la morte di mio nipote è stata una benedizione per se stesso e forse anche per i miei figli e il mondo in generale, ma è un’enorme perdita per me». Per lui i funerali sono solenni e viene seppellito nella Cripta dei Cappuccini, luogo delle salme di tutti i Sovrani e dei membri della famiglia Asburgo: un ultimo tributo verso un giovane dal destino sfortunato, da un cognome troppo pesante.
Dopo la sua morte l’oblio immediato: verrà ricordato da alcuni autori francesi, tra cui Victor Hugo, che lo etichetteranno come diafano eroe romantico, dalla vita infelice. Il figlio di Napoleone che doveva dominare l’Europa dei Fori Imperiali di Roma, il bimbo per cui tutta la Francia aveva pianto di gioia, l’erede dell’orco – bello come nessun altro bambino del mondo, sparisce dalla storia. 108 anni più tardi, Adolf Hitler lo riporterà a Parigi, di notte, di nascosto, senza cerimonie, sconosciuto alla storia.

Nella foto, l’attrice statunitense Maude Ewing Adams Kiskadden interpreta Napoleone François Charles Joseph Bonaparte nel dramma teatrale L’Aiglon.

Riscoperto nel 1900 dal drammaturgo e poeta francese Edmond Rostand nel suo dramma in sei atti “L’Aiglon”, in scena al Théâtre de la Ville, con l’attrice Sarah Bernhardt (1844 – 1923), il personaggio vedrà nuovamente la luce della ribalta. Il contagio di pubblico è immediato: anche in America viene portato sul palco il personaggio di Napoleone II, sempre da una donna, l’attrice Maude Ewing Adams Kiskadden: il figlio di Napoleone è uscito dalla storia, entrando nella mitologia romantica teatrale che lo ha consacrato nel simbolo delle occasioni perdute, del destino imprevedibile, dei sentimenti sacrificati alla Ragion di Stato.

 

Per approfondimenti:
_Alessandra Necci, Il prigioniero degli Asburgo. Storia di Napoleone II re di Roma, Marsilio, 2011;
_Alberto Lumbroso, Napoleone II. Studi e ricerche, Modes e Mendel, 1902;
_Georges Lefebvre, Napoleone, Laterza, 2009.

 

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