Non si tratta della danza di una nazione, della celebrazione della gloria di un popolo, e nemmeno dell’espressione di un esiguo gruppo sociale – si tratta di corpo, del corpo più vivo del danzatore, l’individuale assoluto dell’interprete, fatto di carne viva, desiderio, azione. Tutti i movimenti e le figurazioni che si sviluppano, dalle iniziali lascivie, sviluppano in direzione infinita il tema dell’abbraccio. Durante il ballo nessuno parla. Si balla per ballare, ogni gesto è estremamente comunicativo ed allacciato a ciò che viene suonato dagli strumentisti: vi è un unico grande anello di trasmissione imparziale tra musica, danza e sensazioni, trasfuso attraverso l’intero momento del tango.
Quando un cantore aprirà le danze col proprio canto, potremo parlare di “Nuova Guardia”, dove gli strumentisti prendono degli accordi tra di loro prima di iniziare a suonare e va seguito un testo – ovvero, quando si smette, a poco a poco, di improvvisare completamente.
A questa decrescita e al successivo impreziosimento dell’esecuzione musicale, ed alla crescente risonanza estera del genere, consegue inevitabilmente un impoverimento delle figure della danza rispetto a quelle originarie.
Il bandoneon, strumento inventato in Germania verso la metà dell’ottocento, originariamente per accompagnare i canti durante le processioni, fu portato da emigranti tedeschi in Argentina all’inizio del XX secolo; il suo futuro destino lo avrebbe consacrato come protagonista delle orchestre di tango.
Le suggestioni del genere si avvicinano all’habanera, danza di origine cubana dal ritmo lento e sinuoso, largamente usata dai compositori a partire dall’Ottocento. Celebre è l’Habanera di George Bizet, sulla quale costruisce un’aria nell’atto I della sua celebre opera “Carmen”, “l’amor est un oiseau rebelle”, in cui notiamo un ritmo inconfondibile nel canto sopra l’ostinato dei bassi; oppure, l’Habanera di Maurice Ravel, terzo movimento della sua Rapsodie Espagnole (1907), dove notiamo i medesimi echi, nei vari strumenti.
È dall’habanera che si sviluppa, parallela al tango, la milonga, danza popolare, di origine uruguayana, di tempo binario e perfetta per una sala da ballo – viene detta anche l’habanera dei poveri. Tuttavia è sempre il primo a detenere la maggiore popolarità, così che i generi finiscono per confondersi.
La componente ritmica è fondamentale e trascinante. Un esempio perfetto si trova in Milongueando en el quarenta, di Annibal Troilo, dove sentiamo chiaramente la sincope 1…23 1…23. Fondamentale ed intrecciato col ritmo nel tango è il compas (el compas del corazòn), ovvero la metrica caratteristica del genere, è quel suo movimento che “pulsa” all’interno del tempo, l’articolazione della melodia, e che le orchestre rendono il tratto inconfondibile della propria identità. Ecco che i forti vengono eseguiti con strappate, o picchiate, e i toni più dolci e soavi vengono rallentati, o viceversa, in una mutevolezza di toni dalle grandi tinte chiaroscurali.
In Europa l’accoglienza è cauta, pacata; lo si “assolve” solo quando vengono attenuate le sue presunte trivialità intrinseche. Solo così può, dunque, fare il suo ingresso in società. L’anno 1911 è quello di presentazione nei saloni europei.
Vi è, in effetti, una sottile patina “tribale”, un gusto per un qualcosa di antico. Pare che la parola ‘tango’ nasca in Sudamerica come onomatopea, in richiamo al suono del tamburo, e che si sia estesa poi ad evocare quel preciso passo di danza al suono del tamburo.
In latino, ‘tangere’ indica propriamente il ‘toccare’, in senso figurato e fisico.
Anche in Europa, però, troviamo un “tango”: è quello diffuso in Aragona, chiamato anche ‘jotà’, ma non ha nessun legame con quello argentino: il ritmo è ternario e il movimento più vivo, in una sorta di walzer. È invece simile il tango flamenco, della medesima origine spagnola, anche nelle figurazioni.
Negli anni sessanta del novecento la musica si evolve nel cosiddetto Tango Nuevo, di cui Astor Piazzolla è iniziatore – lo stile interpretativo del Tango ballato è del tutto nuovo, e viene consacrato dall’opera di determinati ballerini quali Gustavo Naveira, Fabian Salas e Mariano “Chico” Frumboli. Infine gli ultimi sviluppi sono quelli del cosiddetto Tango Elettronico dove al “compas” della tradizione si sostituisce il “beat” elettronico.
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