Andrea di Pietro della Gondola, questo il vero nome di Palladio, (1508/1580) è un architetto del Rinascimento, nella sua architettura egli non si sofferma sul singolo aspetto ma ha avuto il talento per riuscire ad osservare la città, il tema del progetto, fino al linguaggio analizzando tipo e costruzione.
Nel suo famoso trattato di architettura consegnato alla storia: “I Quattro libri sull’architettura” l’architetto veneto sostiene che il passato è il tempo e il luogo dove cercare “quel che serve” per costruire il presente, per edificare una città immersa nella natura, ma che allo stesso tempo abbia forti caratteri di monumentalità.
La modernità di Palladio trasmette quell’entusiasmo dato dal desiderio di raggiungere la magnificenza degli antichi partendo dalle condizioni poste dal suo tempo.
Bisogna infatti sfatare un importante mito Palladiano: che egli basi la sua architettura sulla riproposizione del linguaggio classico. Per Palladio, il linguaggio classico è solo uno strumento per costruire una nuova architettura all’interno di un contesto ampio, che comprende la natura. Possiamo considerarlo un vero maestro in questa disciplina.
Ricercare la giusta forma di architettura nel tempo in cui si vive: ecco perché le sue opere ancora ci parlano, ci trasmettono emozione. Sono una speranza esaudita perché racchiudono una metodologia riproponibile in qualsiasi epoca. Il codice classico è un campo di variazioni per Palladio, non un prontuario di regole.
In questa ricerca delle forme rispondenti, i sistemi di riferimento sono quelli dell’architettura classica: la Natura, la Tecnica e a Storia.
Palladio crede che esista una natura di tutte le cose e che le forme debbano corrispondere a tale natura. Questo vale sia per le forme degli edifici e del loro rapporto con il luogo in cui sorgono, sia per le forme degli elementi della costruzione.
La ricerca sulla forma passa dalla costruzione. L’architetto è certamente un abile costruttore soprattutto con la tecnica muraria (Il 500 è il secolo della tecnica muraria, degli studi sulle volte e sulle cupole dell’architettura romana) dove l’atto costruttivo, attraverso il decoro, diventa linguaggio, rappresenta se stessa divenendo metafora della costruzione.
Sulla Storia: Palladio amava l’architettura Greca e Romana, ma non amava i ruderi e non aveva uno spirito antiquario; cercava in questi una lezione di architettura. Cercava, trovando nei resti dell’architettura romana, la soluzione al problema del rapporto fra le parti.
Moderno, realista, razionale, monumentale: la vita di Palladio trova nella città le ragioni della architettura.
Sarà con Palladio che l’architettura svilupperà, sui temi posti dalla città e dai suoi nuovi modi di costruzione, l’introduzione della campagna.
La sua città si articola attraverso i palazzi, i grandi spazi sulla laguna, ma è con la progettazione delle ville dislocate in prossimità dei centri urbani che Palladio nobilita la campagna inglobando l’architettura nella natura, instaurando un rapporto di solidi equilibri.
Ma Palladio, inoltre, riesce ad introdurre nella città, un’ innovazione straordinariamente avanzata rispetto al tempo, che ritroveremo solo nell’architettura illuminista: la teatralità del progetto.
Ogni edificio è all’interno di questo programma e si sviluppa a partire da questo.
Questa consapevolezza porta Palladio a riconoscersi soprattutto nelle piante dei suoi edifici. Le planimetrie sono il risultato di una ricerca in cui si stabilisce un rapporto fra l’architettura e la realtà esterna, in cui la disposizione delle parti di un edificio corrisponde ad un programma posto dalla realtà.
Pensiamo alle piante delle ville. Palladio affronta il tema della villa come un problema prevalentemente insediativo e tipologico, anticipando un punto di vista che emergerà in tutta la sua importanza due secoli dopo. Le ville di Palladio danno forma alla campagna veneta. Il linguaggio classico sarà importante per dare stabilità a quella forma, per distoglierla dalla precarietà delle costruzioni rurali in genere.
Una delle ville più significative è la Villa Maser dove si manifesta per intero il suo intento di stabilire un rapporto con la natura.
Villa Barbaro a Maser è una villa veneta, costruita da Andrea Palladio tra il 1554 e il 1560
La posizione dominante della villa sottolinea il suo vero rapporto con il territorio, un rapporto reciproco, reso monumentale dalle forme della villa e necessario dalla campagna circostante.E’ la campagna la ragione di quella villa, senza la campagna non avrebbe avuto motivo di essere costruita. Vi è anche una forte coesione fra la parte destinata ai proprietari terrieri e quella destinata ai contadini, data dallo schierare l’edificio in un’unica composizione frontale che pone la villa padronale al centro delle due barchesse laterali. Infine: la forma delle parti della villa con la disposizione delle statue dà la sensazione che coloro che la abitano si affaccino in ordine simmetrico su un largo palco, come attori alla fine della rappresentazione.La villa centrale (destinata ad un membro della ricca aristocrazia) ha la forma del tempio ed è ricca di ornamenti. Le barchesse laterali, destinate a chi lavora la terra, sono ridotte alla loro più severa semplicità. Alle estremità del fronte, due grandi meridiane concludono la composizione. La villa che porta all’estremo il rapporto fra l’edificio e la campagna associandolo magistralmente con il binomio casa-natura, facendone una sorta di “manifesto programmatico” è la Rotonda di Vicenza (Villa Almerico 1566).
Villa Almerico Capra detta La Rotonda (conosciuta anche come Villa Capra Valmarana) del 1566
Un manufatto a pianta centrale aperto sui quattro punti cardinali con quattro fronti identici fra loro, tutti riproduzioni del fronte del tempio.
Si presenta anche questo come un edificio sopraelevato con una posizione dominante rispetto alla natura, la quale diventa vero e unico attore della villa stessa. La figura geometrica del quadrato domina la scena in planimetria creando un modello, per via della serialità con cui verrà ripetuto tante volte in molti contesti diversi.
Il Palladianesimo, attraverso l’Inghilterra, si diffonderà in America dove il rapporto con la natura è uno dei cardini, forse il principale, della cultura architettonica statunitense. La scelta dello stile palladiano scaturì dalla devozione dell’architetto veneto verso la natura.
Il rapporto con la natura è ancora una forma del rapporto con la realtà, la quale produce sempre una simmetria, un principio d’ordine.
Un principio che consente il riconoscimento delle parti, le loro relazioni, la loro gerarchia. La simmetria è un principio della composizione che ha caratteri di razionalità e una finalità che è il riconoscimento dell’identità degli edifici come dei loro elementi costitutivi.
Tornando alle piante dei progetti di Palladio, non si può non notare come esse siano, quasi sempre, sollevate dal suolo e disposte su un basamento. Questo fatto è ciò che stabilisce il rapporto fra quelle piante e il territorio circostante, fra i suoi edifici e la città.
Se osserviamo “La Malcontenta” (Villa Foscari, 1570) possiamo osservare come sia composta da un parallelepipedo, di cui si riconosce la precisione geometrica, sul quale è appoggiata una loggia a forma di tempio, elevata su un basamento che la distacca dal suolo.
Villa Foscari, detta La Malcontenta, è una villa veneta progettata da Andrea Palladio nel 1559 a Malcontenta
Il basamento alla Malcontenta è un elemento importante poiché pone la loggia in posizione dominante e la distacca dal piano di campagna trasformandola in uno straordinario luogo di osservazione, facendoci contemporaneamente osservare la loggia in una prospettiva che dal basso si muove verso l’alto. Il fronte del tempio esastilo induce un sentimento di rispetto e di ammirazione.
Negli edifici religiosi Palladio affronta l’impianto tipologico. La riduzione ad un’unica grande navata composta da luoghi diversi è il risultato di una ricerca che parte da una motivazione liturgica (ogni parte ha funzione diversa) e giunge alla costruzione di uno straordinario luogo unitario, espressivo delle sue unità.
Nella chiesa del Redentore (1576/1577) tutta la navata è sopraelevata su un basamento ed è raggiungibile da una grande scalinata.
La basilica del Santissimo Redentore del 1577 è situata sull’isola della Giudecca a Venezia
A San Giorgio o San Francesco della Vigna, invece, le semicolonne del fronte della chiesa corrispondenti alla navata centrale, si appoggiano su alti piedistalli e stabiliscono una gerarchia con quelle delle navate laterali. Il basamento è ridotto al basamento delle colonne, mentre il piano della navata rimane al livello del sagrato o poco più alto, con un risultato più simbolico che reale.
Una precisazione: in Palladio il basamento non è retorica. Il basamento non serve ad attribuire un valore che non c’è, non è un espediente per dare importanza ad un edificio senza valore. Serve a renderne evidente il carattere, a rappresentarlo isolandolo dal contesto circostante.
Le facciate delle chiese veneziane sono una sovrapposizione di due fronti di templi di dimensioni diverse. Questa sovrapposizione risolve il problema della diversa altezza delle navate e dà al fronte una forte immagine evocativa. La costruzione del fronte, dal punto di vista tecnico è affidata alla parete muraria.
Il disegno dei templi è la metafora di un modo diverso della costruzione: è l’autorità del tempio a giustificare questa grande allegoria, il fatto che il fronte della chiesa, la sua opulenza, debba essere “all’altezza del tempio”.
Come in Leon Battista Alberti, anche in Palladio troviamo il chiarimento fra il sistema murario e il sistema architravato. Gli archi, essendo una modalità dei muri, devono andare a terra con i pilastri (tratti di muro) e non con le colonne, che sono elementi individuati e devono reggere gli architravi. La compresenza dei due sistemi costruttivi nell’architettura del Rinascimento, addirittura la loro sovrapposizione, fa intendere che il sistema architrave/colonna, quando è applicato al muro, vuole evocare la nobiltà di un sistema costruttivo che non coincide con quello murario.
Dunque la composizione di ordini diversi, di diverse dimensioni, consente di costruire i fronti degli edifici dando loro grande profondità e forza.
Quello a cui teneva l’architetto veneto, nella costruzione dei fronti delle sue chiese era proprio il rapporto fra i due templi, uno a cavallo dell’altro: uno più imponente e austero e il secondo più disteso e posto in secondo piano. Un rapporto che rafforza la figura del tempio raddoppiandolo.
Concludendo, volevo citare due progetti che si basano molto sul concetto di teatralità e monumentalità delle quali si è discusso sopra. Un’ architettura manifesto mai realizzata dal maestro è quella per il Ponte di Rialto a Venezia sul Canal Grande (1554).
Ponte di Rialto di Andrea Palladio – planimetria, prospetto, assonometria. Presente il dipinto del Canaletto: “Capriccio con edifici palladiani”
Il progetto si presenta come una parte di città sospesa sull’acqua e destinata al commercio ma realizzata in forme monumentali.
Palladio riesce ancora una volta a stabilire un rapporto: (in questo caso con la città gotica di Venezia) costruendo i capisaldi per una nuova città rinascimentale che prese forma con le sue chiese.
Palladio dà importanza (prima che al progetto) al luogo, e lo fa con l’idea dell’incrocio che fa cadere la scelta della forma del tempio ripetuta sui quattro fronti del ponte, seguendo due assi di simmetria coincidenti con gli assi di traffico.
E’ alla città, prima che alla costruzione del ponte, che Palladio pensa, quando progetta il Ponte di Rialto.
L’urbe di Venezia si sarebbe arricchita di un nuovo e straordinario edificio monumentale, diverso per concezione e forma dai ponti medievali così legati alla loro necessità tecnica, che avrebbe rafforzato la dominanza classica.
Ultima opera che vi spiegherò è il teatro Olimpico di Vicenza, primo teatro stabile a riaprire al pubblico dopo la loro chiusura del periodo medievale (nel medioevo i teatri vengono aboliti e chiusi perché ritenuti pagani dal Cristianesimo).
Il Teatro Olimpico del 1580 sito a Vicenza. È il primo e più antico teatro stabile coperto dell’epoca moderna
Basandosi su un impianto teatrale romano, Palladio apporta importanti e rivoluzionarie modifiche. La più evidente riguarda le scene fisse che egli progetta e Scamozzi realizza, al di là del grande arco centrale e dei due portali laterali del proscenio. Lo spazio è molto profondo ed è destinato alle scene, con la cavea che viene ridotta leggermente, che consentiva di accogliere le rappresentazioni all’interno di un paesaggio urbano o naturale, a seconda dell’opera messa in scena.
Il Teatro Olimpico, planimetria e sezione prospettica
Vi è una diversità fondamentale dallo scena-fronte del teatro romano (rappresentazione del palazzo dell’imperatore) poiché Palladio inserisce l’architettura del fronte in secondo piano per attirare l’attenzione sulle prospettive urbane. Ancora una volta viene esaltata la scelta del realismo.
La grandezza di Andrea di Pietro della Gondola è quello di aver saputo eguagliare la magnificenza degli antichi costruendo la città del suo tempo, ma con un mondo di forme intelligibili che rendono riconoscibile il pensiero che le ha prodotte.
E’ quel pensiero che ha valore assoluto. Le forme sono solo un modo della sua manifestazione. E’ quel pensiero che rende felici chi lo comprende e lo condivide.
Questa in fondo è l’unica, vera, insuperata lezione dell’arte classica.
_M.Tafuri, Venezia e il Rinascimento
_A.Palladio, I quattro libri dell’architettura
_J.S.Ackerman, Palladio, Michelangelo e “pubblica magnificenza”
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