02 Mar Fantomas, l’anti-borghese
di Giuseppe Baiocchi del 02/03/2018
Personaggio dimenticato nei giorni nostri, è stato l’unico erede dei grandi mostri dell’ Ottocento: dei Frankenstein, dei dottor Jeckyll, dei Dracula.
Di chi sto parlando? Di Fantomas, creatura fisicamente e intellettualmente “regolare”, la quale rappresentava l’irruzione del Male nella spensierata società borghese della Belle Epoque. Il demolitore di ogni regola, il Grande Sovvertitore. Occorre tornare indietro ai deliri erotico-libertari del marchese de Sade, per trovare una simile esaltazione del male, e una fantasia tanto ricca nel praticarlo.
Le avventure del primo personaggio noir della storia hanno trovato ad oggi svariate trasposizioni letterarie, cinematografiche, illustrative e fumettistiche allietando orde di appassionati, ma fu creato in Francia tra il 1911 e il 1913, quando due giornalisti francesi Pierre Souvestre e Marcelle Allain si presentarono negli uffici dell’ editore Arthème Fayard, in rue Saint-Gothard a Parigi.
L’idea era quella di creare un personaggio “surreale” avventuroso-poliziesco-straordinario così fecondo nella Francia della Belle Epoque.
Erano i tempi di Xaviere de Montépin, Emile Gaboriau, Pierre Decourcelle, stavano uscendo i romanzi di cappa e spada di Michel Zévaco e Il fantasma dell’ Opéra di Gaston Leroux.
Dunque, Fantomas, dal francese appunto “Le Fantome” il fantasma.
La saga ebbe in Francia un successo incredibile, che va reso ancor più importante poiché la professionalità non era dei massimi livelli: era scritta, difatti, a ritmi forzati con trecento pagine al mese dettate alle dattilografe, senza rileggere, l’uno all’insaputa dell’altro, dopo aver deciso la trama ed essersi divisi i capitoli. Leggere queste migliaia di pagine significa entrare in un mondo parallelo e vivace: seguire lo spietato criminale Fantomas e i due uomini che gli danno la caccia: il poliziotto Juve e il giornalista Fandor in un territorio immenso, tra i moltissimi personaggi e ambienti disegnati.
Nella ambientazione si avverte una sorta di clima decadente, di quella nobiltà francese che verrà fagocitata dalla Prima guerra mondiale, la presenza dei famosi “apaches parigini” che fanno parte dei bassifondi della città, donne perdute e corrotti magistrati, corse di cavalli clandestine, circhi e investigatori americani con qualche episodio ambientato nella Russia zarista e nel Sud Africa coloniale. Fino ad arrivare, con qualche amore romantico in tinta rosso sangue, alla epica conclusione che nell’ultimo romanzo chiude il filo-logico della saga.
Fantomas ha capovolto la tradizionale moralità del romanzo popolare e poliziesco, che vuole il malvagio punito e la giustizia ristabilita: i suoi travestimenti, che strappano l’ applauso per la loro varietà e molteplicità, i suoi atroci delitti in ogni parte del mondo, con qualsiasi mezzo, i suoi amori hanno fatto inorridire e segretamente deliziato la buona società, solleticata nelle corde più profonde. Questo Genio del Male, ultima incarnazione dell’ eroe romantico, è provvisto di tutti i connotati del superuomo, in lotta per un ideale negativo.
Fa ribrezzo, ma suscita ammirazione e, soprattutto, paura!
Utilizzando gli strumenti della narrativa popolare con ritmi industriali si raccontò attraverso questo personaggio la crisi Europea di quegli anni e lo scivolamento repentino verso dissoluzione dei grandi imperi centrali e la carneficina della prima guerra mondiale con un leggero riflesso al nazifascismo.
Proprio in questo senso va inteso: Fantomas anticipa gli orrori che avrebbero spazzato via i modi di vivere della quotidianità, il suo pugnale insanguinato ha voluto rappresentare anche gli eccidi che iniziavano ad esserci in un mondo in radicale trasformazione. L’opinione pubblica fu scossa da Fantomas poiché questi fu accostato ad un classico dell’immagine tradizionale: l’uomo mascherato in abito da sera.
Mentre si cercava un’ illustrazione per la copertina del primo volume, venne fuori da una cartella dimenticata da un disegnatore (rimasto sconosciuto) uno schizzo di manifesto che doveva propagandare le Pillole Pink: raffigurava un uomo mascherato in abito da sera che campeggiava a gambe larghe sui tetti di Parigi lasciando sfuggire dalla mano destra una scia di pillole. Alle pillole fu sostituito un pugnale, e la figura di Fantomas, diffusa anche in manifesti stradali, prese subito il suo posto nell’inconscio collettivo diventando anche fonte d’ ispirazione per vari artisti, fra cui René Magritte, che sostituì al pugnale una rosa (il ritorno di Fiamma 1943).
Magritte accanto alla sua opera di lui disse:
“Fantomas non è più il pretesto di una storia; la storia è al suo servizio. Le opere di Fantomas non possono essere distrutte nè subire modifiche (…) Fantomas esige più dagli altri che da se stesso. Egli non è mai visibile per intero: si può vedere il suo ritratto attraverso il suo volto. Quando è perseguitato dai ricordi, segue il suo braccio che lo trascina. Si muove come un automa, sposta i mobili o i muri che si frappongono sul suo cammino (…) La scienza di Fantomas è più preziosa
della parola. Non la si indovina e non si può dubitare della sua potenza“
Magritte incontra per la prima volta Fantomas in un manifesto cinematografico nel 1913, dipingendone il volto nel 1927.
Quel ritratto può essere considerato l’alter ego di Magritte: un “eroe” trasversale in romanzi, pellicole cinematografiche e fumetti, che incarna la trasgressione di ogni regola borghese, “l’eroe” della città, della notte, onnipresente. E’ crudele e accorto, delinquente sfrenato e allo stesso tempo meticoloso. In lui convive ogni possibile contraddizione senza schizofrenie di alcuna sorta. Sfida il mistero della realtà con i suoi agguati e sembra vivere in una dimensione esistenziale in cui non c’è nessuna regola, se non quella di portare a termine nel miglior modo possibile il proprio gioco.
In Fantomas, Magritte vede la possibilità di sfuttare una mitologia costituita da fatti, cronaca quotidiana e clamorose imprese. E, attraverso lo scardinamento del velo della tranquilla e borghese quotidianità, la possibilità di raggiungere una dimensione del mistero che non è più quella desolata delle piazze di De Chirico, ma che vive in ogni cosa intorno a noi.
Fantomas è il mistero e i suoi agguati non possono che ripetersi all’infinito: il mistero può infatti assumere qualsiasi forma ed è capace (come l’arte contemporanea) di riprodursi e riproporsi. Fantomas, inoltre, torna sempre sul luogo del delitto. Allo stesso modo Magritte ritorna sui suoi quadri, sui temi a lui più cari, senza per questo risultare mai ripetitivo, a differenza di molti altri artisti accusati di esserlo e di essere troppo spesso rifacitori di se stessi.
Fantomas, viaggia oltre il romanzo popolare, approdando nel mondo letterario e cinematografico. Cominciò nel giugno 1914 il periodico “Soirées de Paris” diretto da Guillaume Apollinaire, pubblicando una poesia dedicata a Fantomas da Blaise Cendrars, il quale dava all’ epopea del crimine di Souvestre e Allain la definizione di “Eneide dei tempi moderni“.
La saga di Fantomas produsse ben cinque film: nel 1932 Paul Féjos realizzò il primo Fantomas parlato, poi vennero i Fantomas di Jean Sacha nel 1947, di Robert Vernay, nel 1948, di André Hunebelle, in chiave comica con Jean Marais, nel 1965.
Nel 1944, Robert Desnos di cui Radio-Paris nel 1933 trasmise, con la musica di Kurt Weill, il Lamento di Fantomas in ventisei strofe, fra i cantori figurò persino Pablo Neruda. E il sofisticatissimo André Malraux, nella Condizione umana (1933), impersonò Fantomas nel barone de Clappique, vestito con un anacronistico smoking. Mentre Jean Cocteau, in uno scritto sul Figaro littéraire in occasione del cinquantenario del Re del Male, scriveva: “Fantomas ci affascina da cima a fondo per la sua disobbedienza alle regole e per l’ istintivo coraggio con cui fa a meno dell’ intelligenza”.
In Italia, la Salani di Firenze ne tradusse i 32 Fantomas subito negli anni Dieci, per poi ristamparli negli anni Trenta, in edizioni integrali.
L’edizione italiana massacrerà il testo originale, dove avverrà il trionfo di un ipocrita perbenismo, tutto borghese dove avviene (puntuale) il rischio di non capire la successiva evoluzione del personaggio di Souvestre-Allain.
Questo capolavoro meritava più rispetto.
Il diabolico personaggio antiborghese fu tradotto in quaranta lingue, con tirature di milioni di copie In Francia, dove il gusto del romanzo popolare è tuttora sviluppatissimo. Le ristampe si sono susseguite e nel 1970 dove è avvenuta una riedizione completa nel prestigioso “Cercle du livre précieux“.
Nel 1987 la collezione “Bouquins” ha presentato in tre volumi di quasi quattromila pagine una scelta di dodici Fantomas, dottamente curata dal migliore specialista del genere, Francis Lacassin. Il successo è stato tale, che si è dovuta mettere in cantiere l’ intera serie.
CAPITOLO I: IL GENIO DEL DELITTO – Fantomas!
– Come dite?
– Fantomas!
– Che significa?
– Niente…e tutto!
– Ma pure, chi è?
– Nessuno…e tuttavia qualcuno!
– Insomma, che fa questo qualcuno?
– Fa paura!!!
Fantomas, l’anti-borghese.
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