Esegesi del “sublime” nella filosofia occidentale

di Liliane Jessica Tami del 24/09/2017

Il Sublime, parola di cui oggi si abusa troppo facilmente, solo negli ultimi secoli è diventato un concetto carico di pathos e collegabile alle manifestazioni meravigliose della Natura, vista come prodotto di Dio. Inizialmente – come è riportato nel celebre testo di estetica dell’antichità “Del sublime“, forse vergato dal retore imperiale Cassio Longino (Emesa, 213 a.C. – Palmira, 273 a.C.) – il sublime è nato con l’arte oratoria e designa uno dei quattro stili usati nella redazione di testi eroici. Ivi è riportato che: «Il Sublime trascina gli ascoltatori non alla persuasione, ma all’estasi: perché ciò che è meraviglioso s’accompagna sempre a un senso di smarrimento, e prevale su ciò che è solo convincente o grazioso, dato che la persuasione in genere è alla nostra portata, mentre esso, conferendo al discorso un potere e una forza invincibile, sovrasta qualunque ascoltatore».

In questo testo vi è anche riportato che solo un uomo dotato di grandi passioni, grandi idee e d’integrità morale ineccepibile può produrre opere sublimi. Tale perfetta sovrapposizione tra la vita privata dell’artista e le sue opere, erede del concetto ellenico di “anima bella in corpo bello”, è stata ampliamente ripresa dal filosofo e musicista Richard Wagner, che nel suo testo “Arte e rivoluzione” analizzando colui che crea le opere grandiose, questo non può esimersi dall’essere anche un rivoluzionario.

Una simile visione greca e morale dell’arte oggi, oltre settant’anni dopo la sconfitta del Reich hitleriano, è inconcepibile: mai, come nell’attuale era del post-moderno, si è vista una tale discrasia tra individuo ed opera e, come direbbe Nietzsche: “attualmente l’uccisione di Pan è stata totale”. È solo alla fine del XV secolo, grazie al critico letterario parigino Nicolas Boileau, che vengono distinti due tipologie di sublime, ossia il sublime che produce un’elevazione dell’anima e che crea piacere e il sublime inteso come stile letterario in grado di condurre il lettore all’estasi.

Caspar David Friedrich, Luna nascente in riva al mare (particolare) – Olio su tela 1822.

Per Friedrich Nietzsche esistono due tipi di uomini: i dominatori politeisti con la morale dei Signori e gli schiavi monoteisti appartenenti al filone semita dei timorati di Dio.
La percezione del sublime si divide in queste due grandi categorie: vi sono coloro che quando alzano gli occhi oltre i limiti umani, vengono colti dalla paura e, come dice Kant, da un momentaneo vacillamento dell’Io, da un blocco psichico, mentre vi sono coloro che – come gli antichi seguaci di Pan – vedono nel prometeico ambire oltre ai propri limiti un potenziamento dell’individuo. Per Nietzsche, la percezione del sublime allarga l’animo dell’Individuo e l’accresce senza disintegrarlo. L’Io avente volontà di Potenza, tanto criticato da Schopenhauer, è fondamentale in quanto è proprio il suo operare ed il suo genio a fondare l’arte apollinea.
Il sublime – ossia l’arte dionisiaca e tragica, la quale può anche rendere piacevoli le atrocità e il disgusto della vita -, è come la Tragedia greca: infonde energia panica e vitale all’intero popolo spettatore. La grande questione sul sublime è tremare di fronte al meraviglioso e disprezzare il mondo dei sensi, sentendosi orfani di Pan, senza alcuna tragica ambizione, verso il superamento dei propri limiti, o parallelamente ambire ad ergersi contro lo stupefacente terrore e con coraggio araldico superarlo, proprio come Lucifero nel tentativo di superare Dio o Prometeo nel raggiungere il fuoco.
Nel 1757, con Edmund Burke, il termine ha iniziato ad essere utilizzato correntemente per descrivere lo stato d’animo scaturito da percezioni grandiose legate a fenomeni naturali. Per Burke il sublime è “Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore“, esso può anche essere definito come “l’orrendo che affascina” (delightful horror), tema già messo in versi da John Milton ne “Il Paradiso Perduto” nella sua descrizione di Satana. Nella percezione del Sublime di Burke, come anche di Schopenhauer, vi è un macabro elemento di nichilismo, di prostrazione totale, di ascetismo o, per dirla in termine nietzscheani, di sottomissione femminea e semitica: l’io, di fronte alla grandezza di una percezione sublime, anziché riempirsi, come detto da Longino, viene annullato e dissolto.
Nella prefazione dell’edizione di Inchiesta sul Bello ed il Sublime di Edmund Burke, egli usa il termine “masochismo” per definire il sentimento di sottomissione ed annullamento dell’Io burkiano, per quanto egli dedicò parte della sua vita politica a difendere le istituzioni inglesi monarchiche dal pensiero provocatorio libertino. Profonda è infatti la riflessione di Burke attorno all’Eros ed al suo rapporto con la morte: la percezione della morte, il terrore, finché è lontano arreca diletto e piacere. Nel Sublime la morte viene erotizzata, la lussuria diventa violenta ed estatica proprio quando nell’elemento erotico si inserisce quello mortifero. La bellezza, per Burke, è la qualità in grado di rendere l’amore contemplativo e sereno, liberandolo dal gioco di dominazione-sottomissione e terrore-piacere, elementi dai quali scaturisce il Sublime. La passione causata è lo stupore, la terribile meraviglia che desta lo spietato Dio biblico al popolo da lui intimorito. Di contro per i pagani, la potenza dell’Uomo, come dice il poeta romano Quinto Orazio Flacco, sta proprio nel guardare la Natura senza esserne intimoriti.

Joseph Mallord William Turner, L’incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni (particolare).

Immanuel Kant ne “la Critica della Capacità di Giudizio”, analizza a fondo la questione della percezione estetica, del gusto (giudizio), del bello e del sublime. Innanzitutto è importante notare che per il filosofo “non esiste una regola del gusto oggettiva“, per via del giudizio propriamente umano inerente al gusto, il quale è legato alla percezione estetica ed al sentimento del singolo soggetto e non ad un concetto fondamentale di determinazione dell’oggetto.
Se per Kant l’agire morale – seguendo la celebre massima “agisci sempre come se ogni tua azione dovesse divenire una massima universalmente valida” – è oggettivo, la percezione del bello e del sublime è invece soggettiva, in quanto dipende strettamente dalla propria percezione e dal proprio gusto. Un uomo gretto e dall’animo chiuso se posto sulla cima di una maestosa montagna non ne percepisce il sublime, perché non possiede la disposizione d’animo adatta.
Il Gusto è, per Kant, una facoltà che si ha in proprio e non esiste un principio “del gusto” avente criterio universale. Diversamente per tornare a Burke, “il gusto” si forma dalla facoltà della mente di formare un giudizio sulle percezioni, le arti e le opere d’immaginazione, ed è universale e comune a tutti. Secondo Burke alcune persone, hanno il gusto traviato o rovinato, e diverse sensibilità.
Dal momento in cui l’animo è predisposto a percepire il sublime, esso può coglierne di due tipi: “matematico” e “dinamico”. Il primo nasce dalla percezione dell’infinito e dello sterminato, in confronto alla piccolezza dell’uomo – a riguardo pensiamo al celebre dipinto di Friedrich “Il viandante sul mare di nebbia”, in cui a meravigliare è la grandezza del cielo nuvoloso, oppure al quadro di Giorgio Belloni “La calma”, conservato presso le Gallerie d’Italia della Banca Intesa san Paolo -; mentre il secondo è dato dal possente movimento degli elementi, come nel caso di una tempesta, di una cascata o un’eruzione vulcanica.

Giorgio Belloni, Calma (Particolare) – 1913.

Friedrich Nietzsche ne “La Nascita della Tragedia”, scritta grazie ai consigli del suo amico Richard Wagner, a più riprese critica Schopenhauer. Per il filosofo malinconico, e dalle tendenze buddhiste, la Volontà di Vivere deve essere annientata affinché si riesca ad uscire dalla grotta platonica o sollevare il velo di Maja. Bisogna dire che questa posizione assai grama, è certamente figlia di una sua situazione infelice: Schopenhauer, a differenza di Richard Wagner che era un gran amatore di donne, ha vissuto perlopiù una vita carica d’invidia nei confronti della madre, di odio verso l’universo femminile e di disprezzo grettamente monoteistico,verso ogni forma di piacere estetico e sensuale.
Tale è la sua critica verso il mondo dei sensi e della materia che, nella sua opera “Il Mondo come volontà e rappresentazione”, arriva persino a criticare le nature morte dipinte dagli olandesi perché troppo “realistiche” ed incitanti alla bramosia alimentare. Per Schopenhauer, infatti, il sublime è il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che può distruggere chi l’osserva. Questa visione infelice del Sublime, percepito come modalità di annullamento della volontà dell’individuo, affinché egli estraniandosi dal mondo possa vederlo come una mera rappresentazione. Tale visione  non è poi così diversa dai monaci flagellanti, i quali arrivavano a suicidarsi logorandosi le carni col pretesto dell’avvicinamento all’idea di Dio: il “Soggetto Puro della Conoscenza”, ossia l’asceta, osserva le idee eterne e percepisce il mondo a distanza senza lasciarsi coinvolgere dal contingente e dall’effimero.
La visione sublime aiuta ad annullare la propria volontà per calarsi momentaneamente nei panni dell’Asceta, il quale vede il mondo attraverso un occhio puro ed oggettivo. L’artista senza più una volontà individuale, definito anche Genio, è colui che riesce a rappresentare le idee del Cosmo in modo universalmente valido. L’uomo mediocre, di contro, percepisce il mondo in modo soggettivo e se crea opere d’arte si limita ad esprimere la propria opinione o a copiare quella altrui. Per quanto il genio schopenhaueriano possa essere brillante nel contemplare l’assoluto, se castrato del proprio spirito individuale, vitale e dionisiaco, esso perde ogni possibilità di farsi creatore di opere grandiose. Hans Sachs, nell’opera musicale “I maestri cantori di Norimberga” di Wagner, asserisce infatti “Proprio questa è l’opera del poeta: che egli interpreti e noti il suo sognare”.

 

Per approfondimenti:

_Nietzsche, La nascita della Tragedia – Edizioni piccola biblioteca Adelphi;

_Edmund Burke, Inchiesta sul Bello ed il Sublime – Edizioni Aesthetica Palermo, 2017;
_Immanuel Kant, Critica della capacità di giudizio – Edizioni BUR Biblioteca;
_Arthur Schopenhauer, “Il mondo come volontà e rappresentazione” – Edizioni Rizzoli.

 

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