Questa insostenibilità nell’essere

di Davide Bartoccini 15/09/2017

Quando capirà il mondo che nulla è sostenibile nel futuro se non si vuole cambiare davvero rotta alla base?
Viviamo costretti in un limbo di rimorso latente e perenne sotto l’indice mai pago dell’utopia del sostenibile. Dubbiosi se sia giusto acquistare quel succulento filetto di manzo argentino mentre riflettiamo sulle flatulenze che secondo alcuni sono la prima causa d’ingrandimento del Buco dell’Ozono; in delirio da stress davanti ai quattro secchielli colorati imposti dal comune per la ‘differenziata’ – con la paura di commettere lo sbaglio irrimediabile e il terrore che il portiere faccia la spia; praticamente fermi a trenta chilometri orari, in ritardo cronico su macchinine elettriche uscite direttamente da Paperopoli per andare in centro quando c’è il blocco del traffico per la ‘Domenica Ecologica’.
Siamo noi a volerlo davvero? No. È il rimorso che ci fa sentire in dovere di farlo. E la ragione è sempre la stessa: il sogno di un mondo migliore.
Riempirsi la bocca di buoni auspici e rosee prospettive è da decenni hobby preferito di tutto quell’entourage rampante, elitario, e rivoluzionario di post-capitalisti redenti con il pallino per la green economy e commercio equo e solidale che picchettano al grido di : “Salviamo il mondo riciclando le bottiglie di plastica finiscono nell’Oceano in scarpe da ginnastica per le nostre maratone ecologiche, che butteremo nella differenziata”. 
Tutto molto freak. Tutto molto bello. Tutto molto dolce.. e onanistico, e sterile, e fine a se stesso. La popolazione mondiale – che secondo il World Population Clock dello United States Census ammonta a 7,477220 miliardi – da sempre bilanciata nei grandi numeri da guerre, epidemie e stermini, vive nei falsi miti di progresso che auspicano e promettono il giorno in cui pace e prosperità regneranno indisturbate sul tutt’uno sociale, che soave e solidale, si moltiplicherà a dismisura senza tenere conto, nel futuro come nel presente, del collasso del sistema.
Una contraddizione in termini ahimè, che non tiene conto delle capacità già allo stremo di un pianeta, il quale non può più sopportare – in alcuno modo – la presenza ulteriore della piaga biblica dell’essere umano consumista: colui che più del petrolio (in esaurimento) è carburante per il capitale (sempre attivo nel soggiogare nuove tipologie di schiavi).
La mancanza di equilibrio logico nella stragrande maggioranza nell’ideale del sostenibile – estirpata pure la pigrizia figlia dell’egoismo o della disillusione dell’essere – è proprio quella del ‘numero’: come non arrivare al risultato della più prosperità tradotta in più consumismo? Quest’ultimo si materializzerebbe in più emissioni nocive, come fabbriche, allevamenti, automezzi e nella produzione di più rifiuti, i quali sono già ovunque ed infestano il mondo senza posa e senza soluzione.
Se si tiene conto di una vecchia stima fatta da Ericsson, nel mondo ci dovrebbero essere all’incirca 5 miliardi di telefoni cellulari, che negli Stati Uniti vengono sostituiti dal 44% di chi ne possiede ogni 2 anni. Quanti ne verranno gettati ogni anno nel 2050, quando secondo le stime saremo 9,7 miliardi? E quante auto verranno accese con connesse emissioni? Quante accartocciate e stipate in discariche a cielo aperto? Quanti chilogrammi di carne proveniente da allevamenti intensivi per garantire ad un nucleo familiare occidentale il fabbisogno minimo? Quante flatulenze in aumento dunque? Con che conseguenze?
Nel mondo del restyling cronico che induce il consumatore ad avere sempre l’ultima novità, ogni anno, ovunque, si getta il vecchio per il nuovo senza aver ancora trovato una soluzione adeguata allo smaltimento dei rifiuti (oltre 4 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anni). Nel mondo della bugia del progresso, ogni anno il 71% della popolazione mondiale continua a vivere sotto la soglia di povertà senza alcuna speranza di miglioramento a breve termine. Nel mondo reale per ogni piccola sensazionalistica crociata sulla sostenibilità del riciclo dei boiler dell’acqua o delle scarpe passate di moda sponsorizzata da una comunità di vegani molisani, il presidente di una super potenza mondiale non ratifica l’accordo sulle emissioni globali per favorire la propria industria pesante e sopperire alle richieste del consumo e ai prezzi del mercato (se non si vuole tenere conto dei paesi che producono al di fuori dei controlli e da sempre ne sono estranei).
Insomma.. Io potrei continuare per molti più caratteri di quanti ne abbia a disposizione in questa pagina: nel Mondo reale, la verità, è che la vera sostenibilità si può ottenere solo con la riduzione della popolazione. Piaccia o no ai fanatici terrorizzati per il calo demografico.

 

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