Tra tanti eventi non certo positivi, si arrivava, grazie finalmente ad un uomo politico audace e spregiudicato, l’ungherese Andrassy, nel 1878, dopo il Congresso di Berlino, che poneva un punto fermo alla storica inimicizia tra gli Imperi Russo ed Ottomano, il congresso da cui l’Italia seppe solo uscire con le “mani nette”, alla assegnazione all’Impero Austro-Ungarico, della Bosnia-Erzegovina in amministrazione fiduciaria, che nel 1908 sarebbe divenuta annessione, rafforzandolo nei Balcani e dando inizio a quel lungo periodo di pace. Periodo di cui si giovò l’intera Europa, ma particolarmente l’Impero asburgico, per la parte economica e per lo sviluppo industriale, anche se nel suo interno crescevano le rivalità delle nazionalità componenti questo grande insieme multietnico, di oltre cinquanta milioni di abitanti, ed apparivano degli spunti antisemita. In questo scenario la figura di Francesco Giuseppe, fotografato in centinaia di occasioni diveniva simbolica e quasi carismatica, assurgendo ad elemento unificatore, anche se negli ambienti più qualificati culturalmente e politicamente si capiva che il mantenimento dello “status quo” non solo non risolveva i problemi, ma lentamente li aggravava e quindi non bastava a fermare il declino la ripetuta immagine dell’Imperatore, ancora alto, snello e sempre elegante nelle sue divise, sia nei balli di Corte che nelle riviste militari od anche a caccia che era forse la sua unica passione oltre il lavoro di ufficio. Ed in tutte queste manifestazioni e nelle sue vacanze nei territori dell’Impero, sembrava essere vicino al popolo, anche se riservava la stretta della sua mano solo all’alta nobiltà! E di questa sterile nostalgia c’è chi si nutre ancor oggi in varie parti dell’ex impero, meno in Austria, tranne forse il Tirolo.
In questo periodo di pace, che permetteva anche al giovane Regno d’Italia, di consolidarsi all’interno e di trovare il suo ruolo nel concerto europeo delle grandi potenze – dove “Europa” voleva dire “il Mondo” -, sia Vittorio Emanuele II, nel 1873 ed Umberto I , nel 1881, si recavano in visita a Vienna, visite ricambiate da Francesco Giuseppe a Venezia, non volendo venire a Roma, dove il Pontefice non riconosceva l’annessione all’Italia, considerando i cattolici Savoia, come usurpatori. Nasceva così in Italia, il problema dell’irredentismo, con la relativa reazione anti-italiana, da parte austriaca, con punte di frizione come quando il triestino Guglielmo Oberdan(k), per un presunto possibile attentato all’Imperatore veniva impiccato nel 1882, malgrado la domanda di grazia presentata dalla madre e gli appelli di numerose personalità tra le quali Victor Hugo. In questa ed in altre occasioni il governo italiano, considerando l’alleanza difensiva conclusa con gli Imperi Germanico ed Austro-Ungarico, si comportò sempre con estrema correttezza nei confronti degli alleati, come quando Giolitti, Presidente del Consiglio, nel 1911, fu costretto a censurare l’ode di Gabriele d’Annunzio, “La Canzone dei Dardanelli”, in quanto “ingiuriosa verso una potenza alleata e verso il suo sovrano”, censura da cui derivò il vero e proprio odio del poeta per Giolitti , culminato nel 1915, in quanto nella canzone Francesco Giuseppe era indicato come “(…) angelicato impiccatore, l’angelo dalla forca sempiterna (…)” e l’Austria come “(…) la schifiltà dell’aquila a due teste,che rivomisce come l’avvoltoio, le carni dei cadaveri indigesta (…)”.
Nessuno in tutto questo periodo voleva una guerra e realisticamente il Regno d’Italia pensava a soluzioni diplomatiche per la soluzione degli italiani irredenti, se non fosse intervenuto il 28 giugno del 1914, a Serajevo, capitale della Bosnia –Erzegovina, l’attentato e la morte dell’ Arciduca Ereditario, Francesco Ferdinando, e della moglie morganatica Sofia Chotek, ricordati, anche loro, nel centenario del triste evento, incredibile a dirsi, dalle poste della repubblica austriaca, con l’emissione di un “foglietto”, contenente due francobolli con i loro ritratti! Francesco Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe, in quanto figlio del fratello minore dell’Imperatore, succeduto nella linea ereditaria, dopo la morte dell’unico figlio maschio, l’arciduca Rodolfo, era uomo dal carattere deciso come aveva dimostrato anche nel caso del suo matrimonio con una nobile di modesto rango, che non sarebbe mai potuto diventare imperatrice, né i suoi figli ereditare il trono, ed era di temperamento autoritario, diverso da quello dello zio. Poco amato dalla popolazione, aveva progetti di ristrutturazione dell’impero per dare spazio a boemi e slavi, cambiandone completamente il volto e frenandone la dissoluzione. Questo assassinio all’inizio, oltre allo sdegno, non aveva generato particolari reazioni, ma fu successivamente preso a motivo, da parte della classe dirigente militare e politica, più austriaca che ungherese, per dare al Regno di Serbia, considerato mandante dell’attentato e da alcuni definito “il Piemonte dei Balcani”, una solenne lezione, dimentichi che sugli slavi ortodossi esisteva l’alta protezione dell’Impero Russo. Così si ripeteva l’errore dell’ultimatum del 1859 e si metteva il vecchio, ottantaquattrenne, Imperatore, quasi di fronte al fatto compiuto.
In effetti Francesco Giuseppe non era più per le guerre, ricordando Solferino, con le migliaia di morti e feriti, lui che lì era stato presente, ma “ingravescente aetate” , non aveva più sufficiente energia per opporsi ai suoi sconsiderati ministri, che arrivavano anche ad affermare fatti inesistenti, per cui, con la stanca mano appose la firma alla dichiarazione di guerra alla Serbia, mai pensando che con quella sottoscrizione avrebbe dato inizio a quella che fu poi definita “Prima Guerra Mondiale” e posto fine non solo al suo impero, ma a tutto il principio monarchico predominante in una Europa che al momento vedeva solo tre repubbliche: Portogallo, Svizzera e Francia. Successivamente si sarebbe visto proprio l’Austria proclamare la repubblica e la decadenza della sua Casa e cadere altri tre imperi, germanico, russo ed ottomano, tutti, anche loro, sostituiti da repubbliche, cambiando così l’aspetto geopolitico ed istituzionale dell’Europa.
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