29 Apr Theodor Adorno, servizio del metodo dialettico
di Maurilio Ginex 29/04/2017
Per comprendere determinate caratteristiche peculiari della ricerca adorniana bisogna partire dalle critiche alla matrice speculativa dei neopositivisti. Adorno considera illogico che i neopositivisti rifiutino ogni forma di lettura totalizzante della realtà. Da questo rifiuto dipana le sue posizioni, chiaramente contrarie, poichè difensore del metodo dialettico. Questo, rappresenta un dato importante per comprendere l’essenza delle posizioni filosofiche di Adorno e anche degli altri intellettuali francofortesi, come Herbert Marcuse e Max Horkheimer.
Questi sviluppano le loro teorie in un contesto socio-politico che ha segnato la storia del Novecento. È l’Europa della Seconda Guerra Mondiale, dell’avvento dei totalitarismi, della crisi della ragione che produce scempi come la Shoah e Auschwitz, l’epoca dello sviluppo tecnologico mosso dall’incombere di un capitalismo pervasivo portato all’eccesso. Un periodo storico in cui agisce Adorno e la scuola di Francoforte tutta, in cui le contraddizioni diventano l’essenza che è alla base della vita della società. Nell’ottica critica di Adorno, queste contraddizioni non possono essere superate solo attraverso l’approccio neopositivista nei confronti della realtà. Adorno critica al neopositivismo di fermarsi solo alla manifestazione dei fatti, quasi come se l’obiettivo finale nella ricerca della verità fosse la superficie delle cose. Nel momento in cui si parla di contraddizioni che costituiscono il reale sembra quasi illogico l’arrestarsi di fronte a un fenomeno senza che ci sia una decostruzione dell’essere in sé, criticando ai neopositivisti proprio questa legittimazione del reale. Le contraddizioni sociali, politiche, etiche della realtà che viviamo possono essere messe in risalto, quasi come se ci servissimo di una lente di ingrandimento, unicamente dal metodo dialettico. Sono propriamente queste le tesi che Adorno sostiene e difende al Congresso di Tubinga nel 1961. Nella Logica delle scienze sociali, entra in conflitto con i neopositivisti e in particolar modo con Karl Popper, il quale sosteneva che la scienza e la sociologia non potevano essere analizzate attraverso un metodo differente da quello deduttivo tipico appunto di ogni scienza. Adorno in contrapposizione alle tesi di Popper, evidenzia come il metodo dialettico fosse alla base di una corretta analisi del sistema sociale, poiché soltanto attraverso tale metodo potevano essere messe in risalto le contraddizioni del mondo reale e riuscire così a risolverle.
La dialettica adorniana si ritrova, dunque, ad essere definita come “negativa” per questa sua caratteristica peculiare di avere l’intenzione di smascherare il contraddittorio senso della realtà sociale e di mettere in luce la magmatica mole deteriorante di contraddizioni che lacerano l’uomo. La negatività in questione è rappresentata da una realtà che è costituita da contraddizioni etiche e morali contemporaneamente. Risulta così essere l’incarnazione di quel “non-identico” a quell’identità originaria priva di contraddizioni. Alla base di tale critica, nel tentativo adorniano di istituire un metodo di indagine vi è la soggettività dell’individuo che ha trovato il suo crollo in un universo oggettivato dal capitalismo più imperante. Una dialettica negativa, che per dirla con Gramsci diviene filosofia della prassi che scova l’assenza di logica. La critica che Adorno muove al neopositivismo trova le sue radici in questa concezione di ricerca della verità che risiede unicamente nella dialettica, dunque, logicamente non può essere accettata dal filosofo una metodologia come quella dei neopositivisti che si basano unicamente sulla descrizione del fatto per come è e non giungono all’essenza e al perché di quel determinato fatto. In un contesto sociale come quello in cui vive Adorno, un’Europa sbiadita dal terrore, dalle strategie di tensione, dagli uomini di potere che dominano la ragione e la utilizzano come strumento per esercitare il male più oscuro, un’Europa dilaniata dalla disperazione causata dai totalitarismi, da un capitalismo pervasivo e subdolamente orwelliano che atomizza la società rendendo gli individui solo tasselli uguali di un mosaico illogicamente strutturato, questo è il compito di una scienza sociale che attraverso la dialettica, identifica e localizza le negatività che contraddicono l’identità originaria di un sistema che risulta essere l’ultimo prodotto di uno sviluppo senza progresso di un male. Quella del neopositivismo, che per Adorno, dunque, legittima la realtà per come essa è e si presenta, non poteva che essere considerata una filosofia al servizio del sistema da combattere.
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