Riflessione sul modello economico di tipo comunitarista

Riflessione sul modello economico di tipo comunitarista

di Fabrizio Fratus 11/04/2017

Domani sarà tragedia, domani sarà insicurezza, domani sarà povertà. Sembra proprio che non si possa fuggire da questa previsione: il lavoro è destinato a diminuire per fattori molteplici e tutti sono concordi. L’aumento della popolazione come l’utilizzo delle macchine per sostituire le persone e aumentare i profitti contribuiranno a dare una svolta epocale a tutto ciò che chiamiamo lavoro retribuito: ovvero quella attività materiale o intellettuale per mezzo della quale si producono beni o servizi, regolamentata legislativamente ed esplicata in cambio di una retribuzione.

Da alcuni anni tutte le mansioni noiose, ripetitive e pericolose, vengono pian piano gestite dalle macchine. Se da un lato vi è una positività, poiché si diminuisce il rischio di incidenti alle persone sul lavoro dall’altro lato va osservato che il 70% dei lavoratori resta a fare lavori di tipo intellettuale (Indagine Caritas sull’aumento della povertà in Italia), creativo, di gestione di informazioni. Ma in molti settori queste operazioni vanno a diminuire grazie all’iper-tecnologizzazione.
La società e il lavoro stanno rapidamente mutando e le aziende non si modellano in rapporto ai cambiamenti ma mirano solo ad aumentare il proprio profitto non capendo quanto è già accaduto e si intensificherà: il crollo dei consumi. L’unica strada percorribile non è quella dello sfruttamento di manodopera meno costosa, la quale giunge da paesi meno sviluppati: questa non è la soluzione. Se si procede verso tale indirizzo, si aggraveranno le problematiche e aumentà in maniera drastico la povertà. 
Solo in Italia, nell’ultimo decennio, siamo passati da 1,8 milioni di poveri a oltre 4 milioni. L’aumento di oltre 2,2 milioni di poveri, ha comportato una diminuzione dei consumatori e di conseguenza meno posti di lavoro e più aziende chiuse.
Quale, dunque, una possibile soluzione? Secondo alcuni studiosi, rivoluzionare il mondo del lavoro tramite un nuovo patto sociale tra Stato, aziende e comunità, porterebbe ad una diminuzione di ore lavorative a parità di stipendio. Questa soluzione contribuirebbe ad un aumento delle persone impiegate e – utilizzando il tele-lavoro – diminuirebbe i costi per le aziende e lo spreco del tempo per gli spostamenti delle persone.
Molte delle attività di oggi possono essere svolte in ogni luogo e in qualsiasi orario; il lavoro intellettuale non dipende dal tempo e dal luogo, ma da obiettivi e cooperazione tra soggetti. Destrutturando il tempo e lo spazio è possibile creare una nuova modalità lavorativa in relazione agli obiettivi, i quali contribuiscono a diminuire le diverse problematiche per le aziende e per le società. Tra questi emergono l’inquinamento, i costi aziendali,  il risparmio energetico, gli incidenti sul lavoro e gli incidenti stradali. Questa tipologia risolutiva, contribuirebbe ad un aumento dei vantaggi di tipo personale, come anche nell’ambito sociale: fattori come il tempo libero, la gestione e soluzione di problematiche familiari, i costi sociali per inquinamento, il risparmio economico per le aziende, il rispetto della famiglia e il reddito per le molteplici persone.
La diminuzione delle ore di lavoro, unite all’utilizzo del tele-lavoro, garantirebbero alla società post moderna consumi e profitti. In una fase di transizione verso un nuovo modello economico e una società basata sul consumo collaborativo, ecco la soluzione basata su un’impostazione comunitarista di transizione. La nuova economia del futuro si dovrà basare sulla condivisione dei beni: gli esempi più noti sono il car-sharing come il bike-sharing che sono il passaggio verso una economia collaborativa, dove le persone – le quali condividono le competenze e i capitali – sono in grado di generare ricchezza grazie ai mestieri, alle conoscenze e alle iniziative specifiche.
Alcuni studiosi parlano di un nuovo tipo di capitalismo, dove la proprietà tradizionale dei grandi marchi si unirebbe ad un sistema di accesso su base paritaria. In realtà non si tratta di una nuova forma di capitalismo, ma di un sistema cooperativo in cui il profitto non è il fine dell’individuo, il quale  ha sempre come obbiettivo la tutela dell’ambiente, il consumo consapevole, il risparmio energetico, l’eliminazione dello spreco, la dispensa collettiva e tutte quelle forme in cui il denaro non è il principale mezzo di scambio.
Il futuro può essere dominato dall’uomo e la cooperazione tramite diverse competenze potrà contribuire a sviluppare un nuovo modello di economia di tipo comunitarista.

 

Per approfondimenti:
_Domenico De Masi, Ozio creativo, BUR, Milano 2006
_Giannino Malossi, La creatività nelle professioni della moda
_Giulia Settimo, M’Invento un Lavoro: piccola guida per trovare nuove opportunità, Red edizioni, 2013

 

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