14 Mar Diritto penale: precedenza alle norme interne o europee?
di Miriana Fazi 15/03/2017
Abbandonati lo spirito golliano (c.d. “politica della sedia vuota”) e la pretesa d’accentrare le competenze penali in seno ai soli Stati Nazionali, l’Unione Europea ha dovuto vieppiù prestare attenzione a un dilemma nascente nell’ambito del proprio quadro politico e legislativo. Le regole e i principali fondamentali del riparo di competenze sono le seguenti:
1) L’Ue non gode di una competenza penale diretta, difatti i rapporti tra diritto dell’Unione europea e diritto penale interno devono essere analizzati alla luce del “Trattato di Lisbona” del 2007, entrato in vigore il 1° dicembre 2009.
In primo luogo, non esiste una potestà sanzionatoria penale dell’UE, poiché nessuna norma dei Trattati attribuisce alle istituzioni europee la competenza a emanare norme penali incriminatrici.
Inoltre, il principio costituzionale della riserva di legge (art. 25 Cost.) impedisce l’ingresso, nel nostro ordinamento, di fonti penali europee. La riserva di legge, infatti, attribuisce esclusivamente al Parlamento nazionale (e al Governo) la competenza a emanare norme penali incriminatrici. La riserva di legge deve essere intesa, quindi, come riserva di legge statale, che verrebbe violata qualora si consentisse a norme europee di introdurre nel nostro ordinamento nuove figure di reato, individuando sia il precetto sia la sanzione, nonché nel caso in cui una legge statale rinviasse a una fonte europea per l’individuazione del precetto penale o di una parte di esso, con una formula del tipo “chiunque violi un regolamento dell’UE in materia di … è punito con la pena di ….”.
2) L’incidenza indiretta dell’UE sull’ordinamento penale … Il divieto, per l’UE, di introdurre direttamente fattispecie penali incriminatrici nei singoli ordinamenti statali non esclude, tuttavia, che l’UE eserciti comunque un’influenza notevole sui singoli ordinamenti. Infatti, gli atti dell’UE, e in particolare le direttive, possono prevedere:
−obblighi di criminalizzazione di determinate condotte a carico del legislatore penale statale;
−vincoli dettagliati sulla configurazione della fattispecie penale da parte del legislatore penale statale.
Da questa influenza non deriva alcun obbligo per i cittadini, che potranno essere assoggettati a sanzione penale soltanto se una legge nazionale, recependo le indicazioni provenienti dall’UE, preveda come reato il fatto commesso.
Normalmente gli Stati membri si conformano spontaneamente agli obblighi europei per evitare sanzioni. Numerosi settori del diritto penale italiano, soprattutto nell’ambito della legislazione penale complementare (si pensi, ad es., al settore del diritto penale alimentare) sono “dettati” dall’UE.
3) Sul giudice penale: il diritto dell’UE non vincola soltanto il legislatore nazionale ma anche il giudice penale. In virtù del principio di primazia del diritto dell’Unione sul diritto interno, le norme penali statali contrastanti con una norma europea dotata di efficacia diretta non saranno applicabili e devono, quindi, essere disapplicate dal giudice penale, il quale cioè non dovrà tenerne conto ai fini del processo. Le norme europee che possono rendere inapplicabili le norme statali, anteriori o successive a quelle sovranazionali, possono essere contenute nei trattati, nei regolamenti o nelle direttive (purché siano dettagliate e sia decorso il termine per la loro attuazione da parte dello Stato membro).
In caso di incompatibilità totale tra norma europea e norma penale interna, quest’ultima è neutralizzata in tutta la sua estensione: ad es., in materia di gioco e scommesse (v. l’approfondimento sulla Lezione di diritto penale n. 1), la normativa italiana (art. 4 L. 401/1989) punisce l’attività di raccolta delle scommesse svolta, per conto di una società con sede in un altro Stato membro dell’UE, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato italiano, ma la giurisprudenza ha ritenuto che tale attività non integra il reato in quanto contrasta con i principi europei di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Invece, in caso di incompatibilità parziale, la norma penale si applica nella parte in cui non sussiste contrasto con la norma europea.
Inoltre, il giudice penale nazionale ha l’obbligo di interpretare le norme interne in modo conforme alla normativa europea, scegliendo, tra le interpretazioni possibili, quella più conforme alla lettera e alla ratio della normativa europea.
4) Il ruolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Così come le norme europee non possono introdurre fattispecie incriminatrici nei singoli Stati, delineandone il precetto e la sanzione, anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo non può incriminare determinate condotte né prevedere le relative sanzioni, perché ciò contrasterebbe con il principio di legalità e di riserva di legge in materia penale (art. 25, co. 2, Cost.).
Le norme Cedu:
a) assicurano la tutela (anche penale) di dei diritti fondamentali, ponendo dei limiti alla libertà di azione statale per proteggere la persona da arbitri e abusi, attraverso tre tipologie di limiti (VIGANÒ):
– divieto di violazione diretta, da parte del legislatore penale nazionale, dei diritti fondamentali della persona;
– divieto di incriminare condotte che costituiscono esercizio di diritti fondamentali;
– obbligo di incriminare condotte lesive di diritti fondamentali.
Rispetto ai diritti fondamentali la Corte europea dei diritti dell’uomo accade spesso che la Corte europea interpreti le norme Cedu attribuendo al soggetto una tutela più ampia di quella riconosciuta dai giudici nazionali nell’interpretazione delle norme costituzionali corrispondenti. In queste ipotesi, le norme Cedu come interpretate dalla Corte europea arricchiscono il contenuto delle norme costituzionali, elevando il livello di tutela dei diritti fondamentali, e tale nuovo contenuto delle norme costituzionali vincola il legislatore italiano che debba legiferare su quella materia, il giudice penale che debba applicarle e il giudice costituzionale che debba valutare la legittimità costituzionale delle leggi penali.
Se si prende ad esempio l’art. 8 Cedu, questo disciplina il diritto al “rispetto della vita privata e familiare“: la Corte europea dei diritti dell’uomo ne ricava una serie di limiti alla possibilità, per lo Stato, di disporre l’espulsione dello straniero che abbia forti legami familiari o affettivi nello Stato dal quale dovrebbe essere espulso. Tali limiti devono essere rispettati dal legislatore nazionale nel prevedere i casi di espulsione dello straniero, dal giudice penale italiano nell’applicare la legge che disciplina l’espulsione dello straniero e dal giudice costituzionale che si trovi a valutare la legittimità della relativa disciplina.
Per quanto riguarda, invece, gli obblighi contenuti nella Cedu, rivolti ai singoli Stati, di incriminare determinate condotte, il principio di legalità ex art. 25 Cost. impedisce al giudice penale di rimediare alla mancanza di una norma penale incriminatrice conforme agli obblighi contenuti nella Cedu estendendo la portata di altre norme incriminatrici o introducendo nuove figure di reato: il giudice penale – ad esempio – non può rimediare in via interpretativa alla mancanza, nel nostro ordinamento, del reato di tortura.
b) Le norme Cedu, contengono obblighi internazionali alla cui osservanza il legislatore italiano è tenuto in base all’art. 117, co. 1, Cost., che impone al legislatore di osservare la Costituzione, i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e, appunto, gli obblighi internazionali. Ciò significa che il legislatore deve conformarsi agli obblighi internazionali e che una legge contrastante con tali obblighi sarà costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117 Cost., a meno che gli stessi obblighi internazionali siano in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione (c.d. controlimiti). Pertanto, anche le norme Cedu devono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali.
Prima di rivolgersi alla Corte costituzionale, però, il giudice deve tentare di interpretare le norme penali in maniera conforme alla lettera e alla ratio degli obblighi internazionali. Pertanto, dovrà interpretare le norme in modo tale da armonizzarle con la Cedu (e con le altre norme internazionali), anche per non esporre lo Stato italiano a una responsabilità sul piano internazionale. Se il contrasto tra norma interna e norma Cedu non è superabile in via interpretativa, deve sollevare questione di legittimità costituzionale della norma interna per violazione dell’art. 117 Cost.
Il contrasto tra norma interna e norma Cedu non può quindi essere risolto dal giudice penale disapplicando la norma interna contrastante con la Cedu, come invece accade in caso di contrasto tra norma interna e diritto europeo: il giudice penale deve, in prima battuta, verificare se sia possibile risolvere il contrasto in via interpretativa con un’interpretazione della norma penale conforme alla Cedu e, laddove ciò non sia possibile, rimettere la questione alla Corte costituzionale.
5) Effetti espansivi ed effetti riduttivi del penalmente rilevante. Per quanto riguarda gli effetti concreti che il diritto europeo e le norme Cedu possono produrre sul diritto penale interno, possiamo individuare effetti espansivi ed effetti riduttivi delle condotte penalmente rilevanti (precetto) o dell’afflittività delle norme penali (sanzione).
Gli effetti riduttivi possono essere l’esito di un’operazione di interpretazione della norma penale interna conforme alle norme europee o alle norme Cedu o di una dichiarazione di incostituzionalità della norma nazionale per contrasto con la norma sovranazionale, e possono avere ad oggetto il precetto penale – circoscrivendo l’ambito applicativo della norma – o la sanzione.
Il giudice penale, ad es., deve interpretare restrittivamente le cause di giustificazione, che sottraggono determinati fatti alla sanzione penale in contrasto con le esigenze preventive e sanzionatorie sottese al diritto penale nazionale ed europeo: ciò comporta che la legittima difesa dovrà deve essere interpretata restrittivamente dal giudice penale per non consentire l’uccisione di chi attenti esclusivamente a beni patrimoniali, in omaggio alle esigenze di tutela del diritto alla vita ex art. 2 Cedu, che consente l’uccisione dell’aggressore soltanto quando la condotta risulti assolutamente necessaria per respingere una violenza illegittima, ossia un attacco alla persona.
Gli effetti espansivi possono essere prodotti:
• dagli obblighi di incriminazione di determinate condotte contenuti in norme europee o
norme internazionali;
• dall’attività interpretativa dalle Corti europee;
• da un’interpretazione delle norme nazionali conforme alle norme sovranazionali.
Per approfondimenti:
Fiandaca- Musco : Manuale di diritto penale
Fornasari- Menghini: Diritto penale dell’unione europea
Pubblicazioni “Simone” sul diritto dell’unione europea
© L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata
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