All’estremità sud sarebbe invece stato costruito un arco, simile all’Arco di Trionfo di Parigi, ma anche in questo caso, molto più grande: alto quasi un centinaio di metri, avrebbe potuto contenere quello di Parigi all’interno della sua apertura.
Lo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939 fece rimandare la costruzione alla fine della guerra per risparmiare materiali strategici.
Nel 1938 le autorità decisero che il Palazzo della Cancelleria avrebbe dovuto essere ricostruito in scala di grandezza superiore al precedente e Alber Speer produsse in tempi brevissimi uno scenario adeguato. Grazie all’amicizia e al suo talento di fine disegnatore, ogni suo pensiero e proposta veniva approvata dal Führer. Grande elemento che contraddistingue l’architetto tedesco è la sua incredibile precisione, anche nel minimo dettaglio. Il salone e l’ufficio personale di Hitler si dipartivano da un lungo corridoio di stampo imperiale e neoclassico, che attraversava una serie di spazi formali per giungere in una corte d’onore, un atrio, una stanza interamente decorata da mosaici ed un salone rotondo. Dalla parte opposta, invece, si trova la sala del Consiglio dei Ministri. A livello planimetrico va concesso all’architetto grande sensibilità e eleganza nella scelta della forma assiale, con una composizione spaziale viva e un tratto elegante unito all’ornamento. L’uso di materiali pregiati – prelevati dai territori occupati e da tutta la Germania – rendeva il complesso vivace a livello cromatico, pur mantenendo la raffinatezza datagli dalle forme doriche. Nel 1945 con la sconfitta della Germania nazista questo piccolo gioiello architettonico fu interamente distrutto dalle armate comuniste e dai bombardamenti alleati. Quasi nessun edificio progettato per la “Nuova Berlino” venne mai costruito, simbolo – insieme all’abbandono della Liutpoldarena – di come in Germania la questione nazionalsocialista sia una ferita aperta, ancora da rimarginare.
E’ il 1942 e dopo la morte – per incidente – del ministro Fritz Todt, l’architetto tedesco viene nominato ministro degli Armamenti e della Guerra. La sua precisione e soprattutto l’organizzazione torneranno utili al tedesco, che organizzò la produzione dell’industria bellica nazista con grande efficacia fino a raddoppiare la produzione.
L’uso di mano d’opera tedesca sotto-retribuita e l’utilizzo di operai stranieri che lavoravano in totale costrizione coercitiva, gli furono fatali alla fine della guerra, nel processo di Norimberga.
In molti gli attribuiscono anche un grande merito: quello di aver ostacolato con tutti i mezzi il cosiddetto “Ordine Nerone”, con cui Hitler ordinava di fare terra bruciata di fronte agli alleati, che avevano ormai invaso la Germania e che fecero perdere all’architetto molto consenso da parte dei vertici del partito.
L’Albert Speer del 1946 è un uomo disilluso anche nella sua fede più ferma: il nazismo e la tecnica. Scrisse nelle sue memorie di Spandau: “Abbagliato dalle possibilità della Tecnica, l’ho servita negli anni decisivi della mia esistenza. Ora, al termine di questa mia esistenza, essa, la Tecnica, trova davanti a sé il dubbio“. Quale il significato di questa frase per un architetto? Speer si è servito fortemente dell’industria, ma ha compreso che questa – senza un’altra importante componente che plasma il termine architettura non ha valore e diventa dubbio.
Il problema posto da Speer non è isolato ed ancora oggi attuale per tutti coloro che studiano la scienza dell’architettura: il termine architettura si compone in archè (dal greco ἀρχή) e da tèchne (dal greco τέχνη). In maniera semplice questi due termini riassumono i principi primi a guida delle tecniche: il bello, il vero, il buono. In archè risuona tutta la filosofia dell’occidente e in tèchne viene rappresentato il mondo reale, della presenza dei manufatti tangibili. La parola architettura possiede due dimensioni tangibili: la tècne che lavora sulle cose concrete (che puoi misurare, prendere in mano, elaborare) su ciò che è visibile, mentre l’archè è quella radice che ci fa capire l’indominabilità, poiché noi non possiamo dominare la verità, la bellezza, la bontà, non possiamo dominare nulla, noi possiamo interpretare, questi indominabili. L’archè lavora su ciò che è invisibile, che appartiene all’indominabile e ciò è molto più potente del visibile e del dominabile della Tecnè. L’assenza, nel regime, del secondo elemento ha fatto crollare il suo mito, gli ha fatto capire i “limiti” dell’esserci del possibile dati dalla Tèchne.
Durante il processo fu l’imputato che parlò con maggiore sincerità e autocritica del suo coinvolgimento nel regime, riconoscendo di avere colpe e responsabilità nei crimini della Germania nazista e negandone altre che gli venivano imputate.
Speer fu certamente consapevole di molti dei crimini del regime nazista: era a conoscenza che fosse in atto la deportazione della popolazione ebraica, ma per tutta la vita negò di sapere dell’Olocausto. La sua figura è una delle più discusse nel giudizio degli storici: amico personale di Hitler, ma con scarso interesse nella formazione dell’ideologia del partito, nonostante la sua iscrizione alla fine degli anni venti. Uno dei ministri più importanti del Reich, ma poco coinvolto nell’organizzazione delle principali atrocità del regime. Forse proprio il suo “tecnicismo” fu l’elemento che non lo spinse a compiere quelle barbarie che molti dei suoi colleghi hanno compiuto.
A Norimberga venne condannato a venti anni di carcere per crimini di guerra e crimini contro l’umanità: l’uso di manodopera straniera nelle fabbriche di armamenti fu la prova dell’accusa.
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