Storie della Roma Bizantina a S. Maria Antiqua

di Elisa Di Agostino del 14/01/2017

Sono stati versati fiumi d’inchiostro sulla chiesa di Santa Maria Antiqua, questo perché si tratta di uno dei luoghi di culto più emblematici ed importanti dell’alto medioevo romano.

La sua origine risale al VI secolo, quando i bizantini, guidati dal generale Belisario, riconquistarono gran parte dell’impero romano d’occidente, tra cui anche Roma. Nel periodo in cui la città eterna fu sotto il loro dominio, vennero ripristinati gli acquedotti, ricostruite le vie di comunicazione, i palazzi, le terme e molti antichi edifici. L’imperatore Giustiniano sognava di ripristinare la gloria dell’antico impero e non badò a spese per cercare di restituire alla capitale la sua antica gloria. Fu in questa occasione che, riutilizzando parte di una struttura precedente (di epoca domizianea) fu fondato uno dei primi edifici dedicati al culto della Vergine di cui si abbia notizia, la così detta Santa Maria Antiqua. La nuova chiesa si ergeva ai piedi del colle Palatino nel pieno centro di Roma in una zona particolarmente importante dal punto di vista simbolico poiché in quest’area sorgevano le antiche residenze degli imperatori.

Il riutilizzo di edifici precedenti fu piuttosto comune in epoca medievale, sia per ragioni economiche che pratiche. Tuttavia a Roma quest’uso, iniziato già in epoca paleocristiana, assunse anche un valore simbolico di continuità e riconversione: ciò che era pagano diventa cristiano, ciò che era degli imperatori diventa della chiesa, ciò che un tempo era gloriosa testimonianza del grande impero può rivivere trasformandosi. Questo è il secondo edificio di culto cristiano ad installarsi nel cuore della città,  dopo il foro e la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Ma gli eventi gli riserveranno una storia radicalmente diversa. La nuova struttura cambierà gli ambienti preesistenti: come si legge in “Santa Maria antiqua tra Roma e Bisanzio” “(…) il quadriportico, probabilmente su due livelli e con impluvium centrale, fu trasformato in tre navate e gli ambienti di fondo diventarono rispettivamente protesi, diaconico e presbiterio, dove solo in un secondo momento fu aggiunta, scavandola nel muro di fondo,l’abside”.

Tuttavia la particolarità di questo edificio sta nei suoi 250 metri quadri di decorazione pittorica, tutti in stile “bizantino” e tra i pochi esempi rimasti perfettamente conservati di quest’epoca perché sopravvissuti all’iconoclastia e non soggetti ad interventi posteriori. Santa Maria antiqua venne infatti isolata completamente nell’847, quando un terremoto la rese inagibile: fu quindi ricoperta di terra e ricostruita con il nome di Santa Maria Nova (oggi santa Francesca Romana). La chiesa fu scavata e studiata solo nel 1900 a cura di Giacomo Boni e presto divenne quello che La Mantia definisce “(…)un monumento che, per l’eccezionalità delle sue decorazioni pittoriche, sarebbe ben presto divenuto una ‘bussola’ nella storiografia artistica alto medievale”. Quello che ci è arrivato è dunque una testimonianza diretta di un’epoca travagliata, in cui Roma fu centro di influenze diverse, tra cui quella bizantina che a più riprese lasciò tracce in questa chiesa incredibile. Ad oggi vi sono ben sette strati ben identificabili ed alcuni databili con precisione grazie ai personaggi presenti con il nimbo quadrato e quindi ancora viventi all’epoca dell’esecuzione degli affreschi. 

In particolare la parete a destra dell’abside è chiamata parete palinsesto perché è l’unica in cui questi strati sono tutti visibili. Una prima decorazione tardo-antica, a contatto con il muro in laterizio, risale al IV o V secolo ed è presente anche in altre aree della struttura. La seconda decorazione è in intonaco e risale probabilmente al secolo V: i resti di questo strato sono molto esigui. Il terzo strato, risalente al VI secolo, fu eseguito prima della realizzazione dell’abside in quanto vi è rappresentata la Vergine in trono con bambino e un angelo. Probabilmente vi era un angelo anche dall’altro lato di Maria, poiché queste composizioni erano di solito simmetriche, ma con l’apertura del catino absidale una parte della decorazione deve essere andata perduta.

Sul Palatino sorgeva in epoca imperiale il palatium degli imperatori: il nome che deriva proprio dal toponimo di questo colle. Ancora oggi viene rievocato in tutte le lingue di derivazione latina: “palazzo” in italiano, “palais” in francese, “palat” in rumeno e “palacio” in spagnolo. Il quarto strato mostra invece i frammenti del volto della Madonna e di un angelo che costituivano probabilmente un’Annunciazione. E’ stato datato alla prima metà del VII secolo ed altri frammenti della stessa epoca sono stati rinvenuti in altre parti dell’edificio. Per la tecnica quasi impressionistica ed i colori splendidamente sfumati, la figura è stata soprannominata “l’angelo bello”. Del quinto strato restano solo piccoli frammenti e due volti con nimbo quadrato nella calotta absidale.

Il penultimo strato è datato al pontificato di Martino I (649-653) poiché due figure mostrano una pergamena con allusioni al concilio lateranense del 649. Il settimo ed ultimo strato risale agli inizi dell’VIII secolo e ve ne sono brani sia sulla parete palinsesto che nelle pareti laterali dell’abside. L’abside fu ridipinta per l’ultima volta sotto Paolo I tra il 757 e il 767. L’importanza di questi strati e delle loro diversità e peculiarità risulta per noi fondamentale per capire come è evoluto lo stile bizantino e come questi dipinti influenzarono l’arte a Roma durante l’alto medioevo. Secoli di concili, la fuga dall’iconoclastia, papi di provenienza e di tradizioni diverse, intenti educativi differenti, tecniche ed abilità artistiche varie, secoli di storia della Chiesa e della cristianità, di un impero in rovina e di un nuovo assetto politico, tutto questo e molto altro si può leggere sui muri di Santa Maria Antiqua che costituisce quindi “(…) un’eccezionale testimonianza dello sviluppo della pittura romana e di tutto il mondo greco bizantino alto medioevale: l’iconoclastia, infatti, cancellò gran parte delle immagini sacre di quell’epoca. L’edificio, con i suoi dipinti, ha giocato un ruolo centrale nella cristianizzazione del Foro Romano post-classico e nel rapporto di Roma con Bisanzio e la sua cultura, in un’area strategica dove si andavano concentrando la vita religiosa e i servizi di approvvigionamento per cittadini e pellegrini

 

Per approfondimenti
– Maria Andaloro, Giulia Bordi, Giuseppe Morganti, Santa Maria antiqua tra Roma e Bisanzio, Electa
– Pierluigi De Vecchi, L’arte nel tempo, Bompiani
– Giuseppe Morganti, Giacomo Boni e i lavori di S. Maria Antiqua: un secolo di restauri, colloquium
– Giulia Bordi, Santa Maria Antiqua: prima di Maria Regina, in “L’officina dello sguardo”, Gangemi editore
– Serena La Mantia, ‘Santi su misura’: la parete di Paolo I a Santa Maria Antiqua, Comune di Cividale del Friuli editore

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