12 Gen L’immagine-movimento nella cinematografia
di Maurilio Ginex del 13/01/2017
Correva l’anno 1885 e i fratelli Louis e Auguste Lumière davano alla luce quella che da lì a poco sarebbe stata la più grande forma di rappresentazione figurativa sotto forma di immagine in movimento, la cinematografia. Quest’ultima, nasce attraverso la creazione di uno strumento dall’omonimo nome, cinematografo, che i due fratelli francesi presentarono al pubblico del Grand Cafè del Boulevard des Capucines di Parigi.
Il cinema, oggi, vede l’incontro con il digitale – l’elemento del suo più alto sviluppo – il quale rappresenta una forma di linguaggio che trova la sua “voce” nell’immagine in movimento.
Il cinematografo proiettava sullo schermo la figura che era impressa sulla pellicola, la quale attraverso un processo fotografico, creava il movimento. Quello delle immagini, ovviamente, risulta essere una forma di linguaggio innovativo e immediato per quel tempo. Il cinema è una forma di rappresentazione del reale che nell’immediatezza dell’intuizione trova la “concretizzazione” dei propri concetti attraverso l’immagine.
A proposito dell’importanza che questa assume è lecito citare Deleuze che, parafrasando Ejzenstejn, asserisce che il montaggio rappresenta l’elemento più importante all’interno del cinema. Il montaggio, che rientra tra i codici identificativi di quest’arte, è il mezzo attraverso cui si delinea il linguaggio delle immagini. Il lavoro del montatore è al fondamento di tale disciplina, poiché è colui che decide – in base agli ordini prestabiliti con il regista – quali saranno le immagini che andranno tagliate e quali saranno, invece, quelle da tenere e raggruppare. La creazione delle “sequenze”, in seguito al raggruppamento di immagini, daranno vita ai capitoli del film.
Un sistema complesso quindi, quello del cinema, che presenta una struttura stratificata secondo cui ogni elemento o codice, che va dal montaggio, alla fotografia, alla sequenza, alla colonna sonora, ha una sua funzionalità specifica ai fini di una perfetta messa in atto di un linguaggio in movimento.
Il montaggio è una forma di composizione cinematografica, che ha la funzione di far fuoriuscire – attraverso una sua corretta messa in atto – l’idea dell’autore. Dunque quel particolare linguaggio, attraverso cui l’autore si mette in posizione dialettica con il pubblico, rappresenta un dato ineludibile e caratterizzante del cinema, dove il “movimento” rappresenta la sua più alta espressione.
Deleuze stesso fa un raffronto tra quelle forme di arte come la scultura o la pittura, che rimandano a idee immobili ed eterne nel mondo ideale e il cinema che rappresenta, attraverso quel movimento, le immagini verso una dinamicità dei concetti. Nel cinema, risiede il più grande erede delle arti figurative.
Domenico de Gaetano, che in quel meraviglioso saggio del 1995 dedicato al cinema di Peter Greenaway, riporta una frase che quest’ultimo amava utilizzare nelle sue interviste: “mi piace far riferimento alla pittura come a un modello di perfezione, una metafora della vista e dello sguardo; riconosco che il cinema è il più giovane erede di duemila anni di pittura”. Qui, in queste parole, è concentrato il senso dell’eredità del cinema e si può comprendere come una simile definizione possa essere il frutto di quel movimento dell’immagine nel cinema che Deleuze teorizza. La pittura ferma il concetto sulla tela creando il movimento nella mente dello spettatore che a sua volta decostruisce e interpreta. Il cinema crea quel medesimo movimento a partire da un movimento che ha di per-sé proprio il momento in cui viene preso in esame da mente e occhio dello spettatore e questa è un’ implicita caratteristica. Qui, ovviamente, ritorna l’importanza che assume il montaggio. Un buon montaggio determina una buona struttura del film e per “struttura” si intende un linguaggio costituito da taglio dell’immagine, fotografia, colonna sonora, sequenze, tutto un insieme che delinea alla fine l’intenzionalità del messaggio dell’autore. Il cinema è senz’altro una forma di strutturalismo determinato dalle immagini. Strutturalismo, poiché queste immagini sono messe in relazione dagli strumenti di cui si serve il cinema, strumenti che fanno da “codici” identificativi.
Il montaggio è legato alla stessa inquadratura, al piano sequenza, alla messa in scena, ed a tutti quegli elementi che fanno del cinema un sistema di relazioni e che permettono di far trapelare – attraverso la pellicola – i concetti che l’autore vuole rappresentare. All’interno di questo sistema, ricopre un’importanza rilevante il tempo e la sua rappresentazione.
In Immagine-movimento del 1983 Deleuze descrive come il montaggio, che verte sull’immagine-movimento, è ciò che fa venir fuori l’idea, ovvero “l’immagine-tempo”. Immagine-movimento e immagine-tempo sono strettamente connessi, proprio per una virtù implicita a quel movimento dell’immagine che crea le scene dell’inquadratura. Il tempo è costruito dal movimento in atto ed è l’essenza della pratica cinematografica. Proprio in questo frangente bisogna evidenziare la capacità dinamica che quest’arte possiede nel rappresentare la realtà e nel ri-produrre l’interpretazione dei concetti. Lo strutturalismo linguistico spiega come il linguaggio è costituito da differenze dentro il sistema dei rapporti, i quali – tra le immagini all’interno del cinema – non presentano una metodologia universale che le rapporta.
Vi è una differenza nella tipologia di utilizzo dell’immagine in movimento ed è in quest’utilizzo che risiede la firma dell’autore, la firma del suo stile, la sua poetica, il suo linguaggio specifico. Un dato importante, per esempio, all’interno dell’ottica di comprensione di uno stile di un determinato autore potrebbe essere rappresentato dalla sceneggiatura. Quest’ultima, come scrive Pasolini in Empirismo eretico, è quella tecnica che fa da legame tra il cinema e la letteratura. Attraverso una sceneggiatura e i suoi dialoghi, si potrebbe cogliere lo spessore che l’autore presenta nei confronti della trattazione dei temi. Il cinema è una forma immediata di rappresentazione che si serve dell’intuito dello spettatore attraverso un’attività di coesione di più arti. Pittura e letteratura trovano la loro sintesi nel cinema. La sceneggiatura potrebbe essere un segno che riporta al suo autore, ma importante è anche comprendere – attraverso l’occhio di Deleuze – come la differenza nell’utilizzo dell’immagine-movimento possa determinare la differenziazione dell’intenzionalità che sta dietro le opere dei registi. L’autore di Immagine-movimento fa una trattazione nei diversi utilizzi del montaggio, spaziando dal cinema americano a quello europeo, mettendo in luce il differente taglio delle immagini e il suo cambiamento nella trattazione dei temi, nell’intenzione che è alla base della rappresentazione: chi utilizza l’immagine a sfondo politico, chi a sfondo estetico, chi morale. L’intenzionalità dell’autore è indissolubilmente legata al montaggio delle scene. Un linguaggio, quello del cinematografico, particolarmente complesso che se non viene abilmente strutturato secondo i codici che lo costituiscono può facilmente decadere in una banale rappresentazione. La grandezza di un autore risiede nel comprendere, precedentemente alla messa in atto dell’idea, il cosa può far scaturire quella determinata scena (o sequenza all’interno della mente), che viene interpretata e decostruita, dallo spettatore. E’ importante comprendere che nel cinema è determinante captare il momento in cui ci si imbatte in ciò che funge da “traccia” dell’autore, come la intende Derrida. Traccia di ciò che non c’è fisicamente, un qualcosa che allude alla presenza di una non-presenza e questo qualcosa risiede nel concetto riportato dall’autore. Per una dialettica del concetto si intende ciò che non c’è fisicamente, ma che allo stesso tempo deve fuoriuscire attraverso l’interpretazione dell’immagine dello sceneggiato e tramite l’interpretazione che l’autore compie nell’estetica della scena stessa. Qui ritorna quella funzionalità, citata precedentemente, che riguarda l’operazione del montaggio, il quale fuoriesce attraverso un significato attribuitogli dall’esterno – da parte di chi guarda – dove si rischia di decostruire l’idea dell’autore: rappresentante del concetto storico sviluppato su pellicola: la traccia e il segno.
Per approfondimenti:
_G. Deleuze, Immagine-movimento, Milano, Ubulibri, 2002
_P. P. Pasolini, Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1977
_U. Eco, La struttura assente, Milano, Bompiani 1968
_D. De Gaetano, Il cinema di Peter Greenaway, Torino, Lindau cinema, 1995
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