Rococò: tra classi sociali e creazioni alchemiche

di Liliane Jessica Tami del 05/09/2016

Dopo la tremenda guerra dei trent’anni, che dal 1599 al 1649 disintegrò l’europa con le sue insurrezioni e guerre civili, le grandi monarchie si impegnarono per cercare di ridare ordine ad una società lasciata nell’incertezza e nel disordine. La Francia del Re sole, l’Impero Asburgico nella Mittel Europa, La reggia du Madrid del re Carlo III, gli Hohenzollern in Prussia che resero Berlino “L’Atene d’Europa”, l’Inghilterra di Giacomo II Stuart diventata grande grazie ad Oliver Cromwell e la piccola casata dei Savoia ebbero l’onere, ma anche l’onore, di redimere il popolo dalla miseria e dalla povertà in cui i conflitti l’avevano gettato.

da sinistra a destra: Luigi XIV di Borbone, detto il Re Sole – Carlo Sebastiano di Borbone III, Re di Spagna – Federico II Hohenzollern, Re di Prussia – Giacomo II Stuart, Re d’Inghilterra, Carlo Emanuele I di Savoia.

Fu così che le grandi Monarchie scelsero lo stile del  Rococò, ancor più del Barocco, per tentare di inaugurare un’era di “democratizzazione” degli usi e dei costumi dei grandi signori. Oro e pietre preziose, educazione e filosofia del buon gusto, ideale di vita colta e raffinata non potevano restare lussi esclusivi per le élites ed i nobili.
Così les philosophes e i grandi sovrani illuminati si impegnarono affinchè anche la media borghesia potesse aver accesso ad oggetti di grande bellezza e qualità, prodotti per la prima volta nella storia del mondo, su scala industriale. Sempre più spesso anche il sapere accademico inerente le belle arti, fino al settecento monopolizzato dall’Académie Royale di re Luigi XIV , veniva divulgato alle masse, permettendo così la nascita della figura del “dilettante” di pittura, ossia un amateur o connaisseur,
ben distinto dall’accademico.

Jean-Léon Gérome, ricevimento del Gran Condé da parte di luigi XIV a Versailles nel 1674.

Nei trattati di Jonathan Richardson (The connaisseur, 1719) e nel saggio sopra la pittura di Francesco Algarotti, in cui si espone il perchè il connaisseur è in grado di consigliare meglio gli artisti rispetto all’accademico, viene appunto elogiata la cultura libera degli appassionati autodidatti. Sempre in quegli anni nell’ambito della filosofia prendono vita le prime teorie sulla filosofia estetica ed il gusto, ed in particolare ricordiamo Baumgarten e Montesquieu. Filosofi come Hogart, nella sua “Analisi della bellezza” scritta nel 1753, coglie nella linea curva dei riccioli la vera essenza del sublime, ed è proprio nella fluidità degli elementi naturali che ha sede l’anima del Rococò, che appunto deriva dal termine Rocaille, figura con ghirigori e conchiglie di pietra.
Fondamentale per il Rococò sono le pietre preziose che uniscono la vita delle donne d’epoca: oltre ai primi accenni di emancipazione sessuale e libertinismo nei disegni di Francois Bucher e nelle licenziose pulzelle di Honoré Fragonard, i gioielli composti da finte pietre preziose, che finalmente possono ornare le chiome anche di quelle donne troppo povere per potersi permettere rubini e diamanti veri.
Nella storia della frivolezza del gentil sesso, l’invenzione della pasta di vetro agli inizi del 1700 permise anche alle dame della media borghesia di agghindarsi di quei colori che fino ad allora erano loro proibiti per una mera questione economica. La pasta di vetro, inventata nel 1676 da George Ravenscroft, proprietario della Savoy Glass House di Londra, scoprì che aggiungendo dell’ossido di piombo al normale vetro di silice poteva ottenere pietre finte brillanti quasi come quelle vere.
Di fronte alla bellezza di tali creazioni alchemiche nemmeno le dame più ricche, come Madame du Barry, potevano tirarsi in dietro: celebri sono infatti i suoi orecchini celesti forgiati proprio in umilissima pasta di vetro. Il più celebre orafo che adoperò la pasta di vetro fu George Frederic Strass ( 1701-73), che nel 1730 andò a Parigi a scatenare la gran moda dei gioielli finti. Nel 1767 nacque anche l’associazione dei Bijoutiers-faussetiers, che contava ben più di 300 membri. E, per il dispiacere di quei gioiellieri come Pouget, che producevano solo per i nobili, venne a crollare il binomio gioiello=ricchezza.
Madame de Pompadour, la favorita del Re di Francia, nel 1763 promosse l’attività della manifattura di Sèvres, affinché tutti i suoi cittadini potessero beneficiare di un’educazione estetica che iniziava proprio col pranzo del primo mattino servito in piatti di degna bellezza. Graziosi piatti decorati con motivi floreali, tazzine fini e delicate da lasciar passare la luce tra le loro pareti e brocche smaltate finalmente a portata di tutti i medio borghesi: le grandi rivoluzioni, se non mirano a portare pace tra le classi sociali offrendo anche agli ultimi gli stessi privilegi estetici ed etici del Re, non servono proprio a nulla. E la porcellana, in virtù dell’ottimo rapporto tra qualità, bellezza e prezzo, era lo strumento perfetto per iniziare a portare un po’ di bellezza anche nella greve casa d’un contadino.
La storia della porcellana europea è un grande esempio di come, nel 1700, si verificò il grande passaggio dall’artigianato all’arte industriale.
Qualcuno attribuisce la venuta della porcellana in Europa a Marco Polo, ma di fatto è stato il progredirne del commercio, inaugurato dai portoghesi nel XVI secolo con le terre dell’est, che ne diffuse l’uso. Grandi sforzi fece poi Francesco Maria De’Medici per promuovere la creazione della porcellana ed altrettanti ne vennero fatti nelle manifatture francesi di Saint-Cloud a Ruen, in Francia, ma ancora non si conosceva l’ingrediente segreto della porcellana più pregiata ed essa era ancora relegata al rango di arte minore. Per scoprire il segreto per forgiare la porcellana perfetta ci volle un alchimista: Johann Friedrich Böttger, alchimista esperto nello studio di terre colorate, dedicò la sua vita al tentativo di creare l’oro in laboratorio.

Johann Paul Adolf Kiessling, Olio su Tela, Scoperta a Meissen

In realtà la sua vita, nonostante riuscì a scoprire il segreto per forgiare l’oro bianco, fu estremamente straziante: a soli diciotto anni venne preso come amico-prigioniero del Re di Sassonia Augusto II e rinchiuso in una meravigliosa ala del castello in cui poteva beneficiare di ogni tipo di lusso e ricchezza, al prezzo della libertà.
Il sovrano, storico coltissimo e collezionista d’oggetti di ogni genere, voleva quel giuovin talento tutto per sé per consacrarlo, ed immolarlo totalmente, alla ricerca della formula perfetta per ottenere una porcellana ancora più bella e pura di quella cinese. Dopo anni di tentativi ed esperimenti tra alambicchi ed atanor (i forni alchemici) che scatenarono non poche polemiche tra il popolo, giacché il sovrano svuotò le casse di stato per finanziare questo progetto, Böttger finalmente scoprì l’ingrediente perfetto per ottenere tazzine così lisce e delicate da sembrare prodotte dagli Dei. L’alchimista, nei suoi laboratori, mettendo a punto un impasto a base di caolino, feldspato e quarzo, sostanze che conferiscono alla materia bianchezza, traslucidità e consistenza, riuscì a far cuocere nel “Gran fuoco” a 1550° gradi gli elementi e poi nel “piccolo fuoco” a 900 gradi, riuscì ad ottenere i primi servizi da tavola dell’ambito oro bianco.
Il 25 gennaio 1710 viene fondata a Meissen la prima manifattura europea di porcellana, i cui prodotti vengono finalmente divulgati sul mercato nel 1713 a Lipsia, in occasione della festa pasquale, ottenendo un successo strepitoso. La ricetta della porcellana, essendo frutto di decenni di lunghi lavori, era ovviamente segreta ed il Re Augusto II, che voleva tenere il monopolio di questo commercio, aveva imposto a Böttger, oramai divenuto uno schiavo coperto d’oro rinchiuso nello Jungfernbaste, di non divulgarla a nessuno.
Ma si sa: il mestiere più antico del mondo, dopo la dispensatrice d’amore, è il dispensatore di notizie: un’abile spia, nel 1719, forse in veste d’artigiano, riuscì ad insinuarsi nel palazzo del Re e nei laboratori di porcellana per rubarne la ricetta segreta. In breve tempo vendette a carissimo prezzo la formula segreta alla Manifattura di Vienna da dove poi venne divulgata in tutta Europa, inaugurando un fiorente commercio. Le più celebri manifatture di porcellana nacquero poco dopo: nel 1743 Carlo di Borbone, a Napoli, nello splendido palazzo Capodimonte, diede vita all’omonima fabbrica, e nel 1775 anche Carlo Teodoro del Palatinato, a Frankenthal, aprì la sua celebre manifattura. Nel 1763 Federico il grande, ricalcando le orme di Madame de Pompadour a Sèvres, inaugurò a sua volta un laboratorio di porcellana. Il mercato di queste creazioni, non essendo forgiate esclusivamente per le fasce più ricche della popolazione, fu amplissimo ed ancora oggi molte manifatture storiche come quella del marchese fiorentino Carlo Ginori producono ancora oggetti di qualità e grande bellezza. Peccato che da una cinquantina d’anni a questa parte la porcellana, producibile in modo eco-compatibile e di rara bellezza, sia stata sostituita dalle brutture in plastica usa-e-getta prodotte col petrolio ed il lavoro nei paesi del terzo mondo.

 

Per approfondimenti:
_Storia dell’Arte, dal quattrocento al settecento, Atlas, 2008, Gillo Dorfles, Stefania Buganza, Jacopo Stoppa
_Guida al piccolo antiquario, Paolo de Vecchi, Edizione CDE, Milano
_Storia dei gioielli, Anderson Black, istituto geografico De Agostini, Novara
_Antiquariato, Alessandra Migliorati , riconoscere gli stili, atlanti universali Giunti, Milano, 2003

 

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