Nuova Russia: tra il nichilismo europeo e quello russo (8)

di Francesco Di Turi del 30/06/2016

Esiste un popolo, in realtà è più un crogiolo di popoli storicamente uniti, che ha lo strano ed unico destino di essere pienamente europeo e pienamente asiatico in un sol tempo; parliamo della Russia naturalmente. Il mondo storico russo poi, ciò che ruota intorno come un cardine allo «spirito russo», certo non si limita semplicemente all’interno degli immensi confini politici dell’attuale Federazione che, già di per se stessi, costituiscono un vero e proprio continente che si estende dagli Urali alla Kamchakta sull’asse est/ovest, e dai molteplici Mari del Nord al Mar Nero e all’Asia più profonda interamente tagliata a metà su quello Nord/Sud. La sfera d’influenza russa infatti parla a tutto il mondo slavo aspirando anche, cosa tutt’altro che secondaria nella nostra nuova epoca, alla leadership politico-religiosa all’interno dell’Ortodossia, e ciò in virtù della posizione di Mosca quale terza Roma naturalmente legittimata alla guida delle autocefale e litigiosissime chiese nazionali ortodosse.
Nel corso della sua lunga storia, ma soprattutto a partire dalla svolta occidentalista fondamentale impressa da Pietro I il Grande (1682-1721), il mondo storico russo è stato un Giano bifronte assorbendo e rielaborando alla luce della propria anima tutto ciò che proveniva dall’Asia e dall’Europa. La dialettica Est-Ovest, Europa-Asia, che fonda il russo, lo pone oggi quale uno dei massimi interpreti e protagonisti del nuovo mondo storico figlio del riflusso in atto. Tuttavia oggi, la Russia, non ha semplicemente la possibilità di ripensare la propria storia in termini propositivi al fine di plasmare il suo domani ma, alla luce della crisi radicale e profonda dell’Europa che, come già detto, non riesce a fare strutturalmente altrettanto, si candida di diritto e di fatto come l’unica vera Potenza che (oltre alla Chiesa di Roma e, forse ma solo forse, alla Germania) può realmente «salvare» il mondo storico europeo dalla sua dispersione, dalla sua Selbstvernichtung.

Ritratto di Pietro il Grande

Il nichilismo filosofico e politico europeo infatti non è lo stesso nichilismo che pure trova nella cultura russa esempi notevolissimi. Nichilismo è termine stesso che ha origine (eccetto l’utilizzo che ne fa Jacobi nella celebre lettera a Fichte) nella letteratura russa dell’Ottocento; lo troviamo utilizzato in accezione ben precisa in Turgenev; eppure, a differenza di quanto accade con il nichilismo europeo, il quale ha radice filosofica profonda ed è fenomeno che va ben al di là della nascita di un mero nome, esso nella cultura letteraria e politica russa non presenta quelle caratteristiche erosive e cancerogene che invece lo caratterizzano all’interno del mondo storico europeo. Il nichilismo russo è stato un fenomeno reale e di costume che si è propagato grazie alla grande letteratura anche nell’Europa strettamente intesa, ma che, tuttavia, resta pur sempre legato ad una specifica temperie culturale, esistenziale e politico-sociale. É solo per il mondo storico russo, e magari per le sue influenze culturali nell’Europa ottocentesca, che possiamo parlare di nichilismo come stile di vita, adesione al principio «nessun principio», contestazione radicale e totale dell’ordine tradizionale religioso, politico, culturale. Il nichilismo europeo invece è fenomeno toto cealo differente in qualità, natura, origine e conseguenze, sia rispetto a quello russo sia nei confronti di qualsiasi altro verso cui si pone solo in termini di omonimia. Vale tra i due fenomeni la discriminante fondamentale che passa tra il nichilismo in quanto concetto che sta nella testa di qualche filosofo o individuo, e che quindi si fa stile di vita, adesione al principio «nessun principio» o contestazione dell’ordinamento vigente; e l’altro nichilismo, quello ben più profondo, serio e carico di conseguenze, ossia quello storico-filosofico che agisce nelle comunità e negli individui indipendentemente dal fatto che questi ultimi ne abbiamo in testa un concetto adeguato, e ciò proprio perché quest’accezione di nichilismo non è un concetto, ma storicità che si sviluppa e che agisce per lo più proprio quando gli individui e le comunità credono di non esserne soggette.

Il rischio più grave, certamente il vizio più diffuso nel mondo culturale e sociale europeo, è proprio questo continuare a considerare il nichilismo come un concetto, senza prendere atto di ciò che veramente è ed è stato, senza portare alla coscienza più viva la sua natura storico-filosofica, ossia il suo essere evento che ha agito e continua a farlo a prescindere dalle nostre eventuali adesioni o condanne di esso.
È altrettanto vero che i prodotti ideologici del nichilismo europeo hanno trovato nella storia russa espressioni potentissime, tra tutte, ovviamente, spicca la grande esperienza che ha origine con la Rivoluzione di Ottobre e che ha dominato lo spirito russo per ben settant’anni; ma, appunto, essendo stata quest’esperienza elaborata dall’esterno e declinata all’interno di una storicità dialetticamente in relazione con quella del nichilismo europeo da cui deriva l’ideologismo marxista che si fa leninista e russo, ecco che al suo tramontare, il socialismo reale, lungi dall’aver fagocitato tutto il mondo storico russo nella crisi dei suoi fondamenti e nello sbandamento post-ideologico, ha in realtà riattivato tutte quelle risorse ed energie che oggi vediamo all’opera e che rispondono con sempre maggior eloquenza e appropriatezza politica alle esigenze del nuovo riflusso in atto a livello globale.
Quando si farà davvero la storia del XX e del XXI secolo si vedrà, come uno dei più grandi paradossi della storia, che la Potenza sconfitta nella Guerra fredda sarà quella che in verità avrà vinto la partita storica più importante, quella di una proiezione futura che la pone al cuore delle dinamiche storiche oggi in atto con una lucidità politica e strategica di cui gli USA sono completamente privi. Vladimir Putin, non a caso avversato ferocemente dagli USA e dal blocco dei paesi subalterni alla potenza americana, ha capito tutto questo, e ha riattinto – con un’abilità davvero notevole che lo pone come uno dei rarissimi Statisti di scala planetaria e di respiro storico – dalle sacche della spessa storicità russa tutte quelle risorse fino a ieri subordinate al principio egemonico ideologico comunista al fine esplicito di rivivificare e riproporre un autentico e schietto spirito russo protagonista nelle sfide della nuova epoca.
Il neozarismo putiniano, così ricco di simbolismo politico atavico russo, a cominciare dalla riscoperta e promozione dell’Ortodossia slava e annessa ritualità di un potere intrinsecamente connesso alla tradizione religiosa popolare russa; potere che non esita nell’attuazione di un giro di vite politico che rigetta i dogmi del nichilismo europeo a cominciare dalla sua narrativa efficacissima in occidente in tema di libertà e diritti – che in verità sono solo cortine fumogene ideologiche che disintegrano i popoli e le comunità che ne assumono le direttive – si rivela essere un esempio perfetto, insieme a quello turco, di corrispondenza adeguata ed appropriata al nuovo spirito del tempo da parte di alcune élites politiche le quali, sempre più consciamente, aderiscono a quella verità custodita nella propria storicità subcosciente ricreando in tal modo mondi storici inediti figli della loro Tradizione.
 
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