10 Giu Riuso Urbano, Ri-Pensare Ri-Abitare la città
10 giugno 2016 – Sala Cola Dell’Amatrice, ore 18.00 – Ascoli Piceno (AP)
Introduce: Giuseppe Baiocchi
Relatore: Luigi Prestinenza Puglisi
Invece di continuare a far esplodere le città, con periferie inadeguate, dobbiamo farle implodere, dobbiamo cercare di riassorbire i vuoti urbani provocati dal processo di deindustrializzazione, dobbiamo cercare di recuperare quei “vuoti” provocati dalle aree industriali che si vanno liberando, man mano che la città, crescendo, rende necessario lo spostamento delle attività produttive. L’architetto deve sanare questi vuoti e intraprendere la via della sostenibilità.
Questa battaglia ideologica durerà a lungo, poiché le periferie, ovvero quella parte urbana che possiamo anche chiamare città diffusa, compongono la città del divenire o del “non” divenire. Se questa sfida verrà perduta, l’Italia più di molti altri paesi Europei pagherà un prezzo molto alto.
Mediamente l’80, il 90% delle persone vivono in periferia e non ci è nulla di male, se non che il nome periferia sia associata all’aggettivo degradato, lontano, abbandonato, triste e oggi francamente questo non può più essere immaginabile, perché proprio nella periferia risiede il futuro urbano.
Questa la grande scommessa. Come primo punto, sicuramente si deve partire dal presupposto di non crearne di nuove per la semplice motivazione della insostenibilità. Oggi si parla spesso di sostenibilità e il nuovo costruito è la prima insostenibilità. Basta con le nuove periferie. Allargare a macchia d’olio le città, per esplosione, significa creare quartieri che devono essere serviti da strade, da impianti, dalla raccolta dei rifiuti, dalle fogne, da molteplici fattori che rendono insostenibile l’urbe stessa, la quale si frammenta, si disperde in forza.
Questa aspetto può essere considerato sia tecnico/economico, sia umano: una periferia non connessa si trasforma proprio in una “periferia” come la si può intendere nel suo carattere di mono-funzionalità più becero.
Mediamente l’80, il 90% delle persone vivono in periferia e non ci è nulla di male, se non che il nome periferia sia associata all’aggettivo degradato, lontano, abbandonato, triste e oggi francamente questo non può più essere immaginabile, perché proprio nella periferia risiede il futuro urbano.
Questa la grande scommessa. Come primo punto, sicuramente si deve partire dal presupposto di non crearne di nuove per la semplice motivazione della insostenibilità. Oggi si parla spesso di sostenibilità e il nuovo costruito è la prima insostenibilità. Basta con le nuove periferie. Allargare a macchia d’olio le città, per esplosione, significa creare quartieri che devono essere serviti da strade, da impianti, dalla raccolta dei rifiuti, dalle fogne, da molteplici fattori che rendono insostenibile l’urbe stessa, la quale si frammenta, si disperde in forza.
Questa aspetto può essere considerato sia tecnico/economico, sia umano: una periferia non connessa si trasforma proprio in una “periferia” come la si può intendere nel suo carattere di mono-funzionalità più becero.
No Comments