Si tratta di un autore, che ha rappresentato nel modo più immediato e più potente i temi della religione cristiana. E a tal punto l’ha fatto seppure con una consapevolezza che tardi si è avuta della sua grandezza assoluta, che oggi risulta tra i pittori definiti “classici” il più amato dal pubblico, superato Michelangelo Buonarroti che fino all’ottocento era considerato l’indiscusso maestro della “maniera” classica. Oggi Caravaggio lo sopravanza. Perchè Caravaggio oggi è più amato di Michelangelo? Perchè c’è un desiderio più morboso, c’è una fascinazione più forte perchè il Caravaggio (nome di battesimo Michelangelo Merisi) si occupa di realtà e non di idee come il celebre Michelangelo. Ma non basta. Uno è il pittore di sempre (Michelangelo): è stato amato nel cinquecento, nel seicento, nel settecento, nell’ottocento ed è stato amato ed è amato nel novecento e oggi. Caravaggio no. Come sostengono i maggiori critici d’arte come Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi ed altri, egli è un pittore del 900, per la percezione che noi ne abbiamo che è maturata in modo molto lento.
Caravaggio è un pittore lombardo (nato a Milano), la sua famiglia è di Caravaggio (paese in provincia di Bergamo) ed è singolare che nella storia dell’Arte gli artisti più grandi siano conosciuti con il solo nome di battesimo (come gli stilisti o come i cantanti). Quando nasce Michelangelo Merisi, il posto di Michelangelo è già occupato da Buonarroti e Caravaggio che molto presto capisce di essere un genio ripiega sul nome della sua città natale. E’ un modo per dire: “Io sono un marchio” si affida alla storia avendo lasciato alle spalle il cognome. Allievo di un assistente di Tiziano, non si hanno fino a venti anni sue opere lombarde, poichè egli esplode a Roma. Caravaggio a 23 anni arriva a Roma e frequenta aristocratici, nobili, preti, cardinali che ne capiscono il talento: vedono che ha una capacità straordinaria di rappresentare il reale ed egli subito ne dà prova nelle sue primissime opere. Caravaggio, come Pasolini ha comunque una doppia vita e di notte va nelle osterie, uccide un uomo, sfida a duello la gente, vive come un guascone e dipinge quadri bellissimi. Allora il Caravaggio maledetto ha fatto sì che il primo libro della critica “moderno” di Mariano Luigi Patrizi si chiami “Caravaggio: pittore criminale”: quello che interessa è che sia un criminale e così è stato mostrato nel rilancio della sua arte del primo 900.
Ma ai suoi esordi negli anni 90 del 500 arriva a Roma, subito pensa che non sia il suo compito dipingere cose sacre, ma dipinge i ragazzi di strada, dipinge quello che vede e dipinge ben presto un ragazzo ameno, assoggettandolo al Bacco.
Partiamo dal Bacco sano e dal Bacco malato: c’è una rivoluzione, la prima: immette nessuna differenza tra il dipingere il corpo dell’uomo e una natura morta, per lui hanno la stessa importanza. Seconda rivoluzione: dipinge il Bacco sano, ma dipinge anche il Bacco malato (è come se avesse l’aids) dipinge la parte negativa del mondo, non solo quella bella, anche quella mortificata, malata.
Terza rivoluzione: passano pochi mesi e nel dipinto della Maddalena penitente, Caravaggio prende per la prima volta in posa una ragazza dal popolo e non una modella e questa (poverina) non essendo professionale si addormenta e qui scatta la Quarta Rivoluzione pittorica: ritraendo una donna in posa (la posa è la negazione dell’istantanea) questa addormentandosi induce Caravaggio a ” rubargli il sonno”. Normalmente un pittore avrebbe svegliato la modella, Caravaggio invece la lascia dormire e la ritrae così come la vede, ritrae l’istante del sonno ed è l’inventore della fotografia. Inoltre è il primo pittore nella storia a dipingere il “vero sonno”. Per cui non è una Maddalena pentita, non recita tormentosamente la sua sofferenza o il suo pentimento, ma è una bambina, è una ragazza che dorme e perchè sembri una Maddalena, lui le aggiunge una lacrimuccia. L’idea incredibile di un artista che lascia dormire la sua modella. Un “istantanea fotografica” che prende la realtà come ce l’abbiamo davanti: ecco la sua rivoluzione, aver dipinto la realtà come è, non come deve essere, non la realtà dell’idea, ma la realtà della realtà.
Ecco da dove viene fuori il pittore della realtà: ragazzo morso da un ramarro 1595/1596. Nel dipinto il ragazzo in posa (anche lui) viene morso improvvisamente da un ramarro e dimenandosi, compie una smorfia mista a paura e a dolore ed anche lui cade preda dell’istantanea del Caravaggio. Ecco l’idea: vedere la realtà dall’altra parte. Non rappresenta la realtà come la pensa, ma come la vede.
Nel dipinto “la conversione di San Paolo” questi cade da cavallo, con un incredibile ribaltamento della posizione tradizionale, il protagonista non è più l’uomo, ma l’animale: il cavallo è più importante dell’uomo: continui ribaltamenti della realtà, come mai nessuno l’aveva vista: il santo è a terra, la fiera è rampante.
La sua capacità di far arrivare le notizie lontano fa sì, che non c’è un solo pittore d’Europa che non voglia venire a Roma per vedere le sue opere. C’è una vera e propria rivoluzione pittorica: Spagna, Fiandre, Germania, Francia, i paesi dove i pittori scendono a Roma per vedere Caravaggio.
Pieter Paul Rubens è tra questi, il quale arriva a Roma nel 1605, ma guarda caso mentre Rubens arriva, Caravaggio “annoiandosi” uccide un uomo ed è costretto a fuggire: prima scappa a Paliano, poi in Sicilia, poi a Malta e Rubens lo insegue e non lo incontra mai. Il pittore fiammingo comprerà anche un opera “la morte della Vergine”. Anche questo dipinto tradizionale è “stravolto” da Caravaggio: che sia morta una vergine o una madonna, per lui è morta comunque una donna. Dipingerà per una Madonna morta, una ragazza, morta annegata nel Tevere: la ragazza ha la pancia piena d’acqua, ha il volto tumefatto, non ha niente di spirituale e il dipinto viene bocciato, la chiesa non lo vuole perchè è troppo forte. Così lo compra Rubens ed è per questa ragione che il dipinto passato ai Gonzaga è andato a Parigi e l’Italia l’ha perso.
A Roma per circa venticinque anni dopo la morte di Caravaggio ci sarà un via vai di artisti. L’europa si infiamma per un quarto di secolo, ma già verso gli anni 50/60 del 600, si affaccia un bravissimo scrittore d’arte che si chiama Giovanni Pietro Bellori, il quale non sopporta Caravaggio per la sua pittura contrastata, per le sue situazioni al limite della decenza, di conflitto, di disarmonia, di disordine. La Chiesa inizia a guardare con circospezione Caravaggio (morto nel 1610) e le sue opere, per la sua pittura di luoghi sordidi, di gente sporca, gente di malaffare, di bari, tutto questo clima di una società peccaminosa è mal vista dalla Santa Chiesa.
Quindi un pò per le ragioni morali, un pò per le ragioni estetiche Bellori riabilita il bello e l’idea pittorica, non la realtà…e allora rispetto a Caravaggio, rivaluta Annibale Carracci, rivaluta Raffaello (che torna ad essere il pittore dell’idea) e lentamente condanna Caravaggio. Quando nel 1672 il Bellori pubblica il suo libro sui pittori Caravaggio è già dimenticato e poi comincerà quel Barocco, che sarà del Bernini, di Pietro da Cortona, delle grandi Cupole, del Baciccio, il tutto certamente non drammatico e caravaggesco. La nemisi di Caravaggio sarà a Venezia e risponderà al nome di Tiepolo: il pittore degli eroi, degli Dei e del cielo, un pittore che non guarda la terra, che non vuole avere rapporti con la gente sporca. Nel 1672 Caravaggio sprofonda nell’oblio e non torna più. Non torna nel 700, nell’800 (dominato da Raffaello e da Guido Reni) e fino ad un certo punto del 900. Lo scorso secolo ha avuto inizialmente una sorta di curiosità, verso il “pittore criminale” e Roberto Longhi (grande critico d’arte, oggi scomparso) comincia a studiare Caravaggio e i Caravaggeschi intorno al 1916/17. Si ritorna lentamente, sempre grazie a Longhi alla riconsapevolezza di una pittura della realtà, così insieme a Caravaggio si studiano nuovamente: Mattia Preti, Orazio e Artemisia Gentileschi, Bartolomeo Manfredi con Longhi che diventa un mago perchè si (ri)accorge del genio del Caravaggio. Si riscoprono opere, finchè nel 1951 a Milano viene fatta la prima grande mostra di Caravaggio. Per questo Caravaggio può considerarsi (come provocazione chiaramente) un autore del 900, perchè la piena consapevolezza della sua grandezza si ha pienamente nel 1951. Caravaggio è il primo pittore della sensibilità moderna, il pittore della società, del popolo, davanti ai poteri forti è il pittore antico, più vicino a noi. Caravaggio immortala la realtà nei suoi dipinti con una drammatica evidenza.
Anallizzerò alcuni ultimi dipinti.
Morte della Vergine – 1604. Anche questo dipinto tradizionale è “stravolto” da Caravaggio: che sia morta una vergine o una madonna, per lui è morta comunque una donna. Dipingerà per una Madonna morta, una ragazza, morta annegata nel Tevere: la ragazza ha la pancia piena d’acqua, ha il volto tumefatto, non ha niente di spirituale e il dipinto viene bocciato, la chiesa non lo vuole perchè è troppo forte. Così lo compra Rubens ed è per questa ragione che il dipinto passato ai Gonzaga è andato a Parigi e l’Italia l’ha perso.
Seppellimento di S.Lucia: la Santa non si vede quasi, perchè ormai è terra e davanti vi sono due “mostri” immondi, schifosi, due giganti, brutti, inespressivi che sono davanti a noi e sono protagonisti del quadro e vediamo la loro brutalità e pensiamo che per loro quello non è il corpo di una santa, ma è niente è una cosa, abbiamo la sensazione drammatica e terribile della forza del male che è nell’energia di questi due personaggi e nell’altra intuizione del pittore, in cui il dipinto “non è dipinto” tutto è schiacciato a terra dove i due personaggi si piegano con le vanghe, metà del dipinto sembra un quadro di Burri. Questo dipinto sembra proprio un masso che pesa e spinge verso il basso i due carnefici che stanno con la massima brutalità seppellendo questa povera santa. Tutto questo è l’opposto di Tiziano.
La Vocazione di S.Matteo è forse il dipinto più importante e più famoso di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Nella locanda, dove pur Cristo arriva, abbiamo un interno con una finestra sporca e la luce (che è sì, la luce vera) ma simbolicamente è la luce che accompagna il Cristo, che insieme a S.Pietro arriva in questa locanda dove c’è un gruppo di persone che giocano, barano, stanno lì in questa posa e la meravigliosa espressione del bene e della vita è in quella mano che trema nell’ombra (la mano di Dio) che sta indicando una persona dei seduti, esclamando “TU! Vieni con me” ecco la vocazione di Matteo. E Matteo stordito mentre era lì, che stava divertendosi con i suoi amici, alza la testa e esclama: “Io?” “tocca a me, proprio a me?”. Nel frattempo il bimbo guarda e si sta domandando chi sarà l’intruso l’innocenza e la bontà gli fanno percepire la sacralità dell’evento ed è l’unico che partecipa al gioco; l’altra persona che guarda Cristo non lo riconosce, infine gli altri due ignorano il Cristo, completamente ignari, indifferenti continuano a contare le monete. Un osteria, il gioco, l’indifferenza, Matteo chiamato. Questo è Caravaggio.
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