Adolf Loos: una questione di decoro

di Giuseppe Baiocchi del 27/05/2016

Oggi vi parlerò di un architetto che è considerato un grande erede dell’esperienza classica, un uomo che si è sempre battuto contro ogni cedimento alle nuove forme di naturalismo dello Jugendstil e riprende con forza la direzione della conoscenza dell’identità delle cose e della costruzione come rappresentazione di tale identità. Adolf Loos, personaggio in merito al quale questa associazione, attraverso la sua rivista Das Andere, è stata fondata.

Adolf Loos

L’architetto nato a Brno nel 1870 e defunto a Vienna nel 1933 è considerato uno dei pionieri della architettura moderna. Riferendosi alla sua concezione di architettura, si esprimerà in questi termini che successivamente analizzeremo: “Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Questa è architettura.”

Un aforisma che ha carattere di chiarezza e profondità, una questione di metodo dove la conoscenza del tema, lo studio dei luoghi e la ricerca della forma (con il decoro che si applica all’atto costruttivo) si incontrano fondendosi.

Il luogo dell’architettura è il bosco, un luogo della natura con cui una forma, si confronta. Questa forma, il tronco di piramide, possiede precisi rapporti dimensionali (tre piedi per sei) e quindi chiare proporzioni ed è costruita dall’uomo attraverso l’uso di uno strumento, la pala. Le proporzioni della piramide sono chiare e rappresentano con evidenza la sua destinazione. Ci fanno emozionare e in questo caso, vista l’opera “ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo”.
La forma è creata dall’applicazione del decoro all’atto costruttivo del manufatto ed una volta creato questo passaggio si può parlare di architettura, proprio perché è identità rappresentativa. Da qui le parole finali: “Questa è architettura”.
Una considerazione fondamentale è la dicotomia (spesso confusa) fra decoro e ornamento. Per chiarire con semplicità l’equivoco basta basarci sulla definizione di Vitruvio: “il decoro è la ricerca delle forme convenienti”. Quindi fondamentale è il loro grado di necessità, poiché attraverso il decoro gli elementi della costruzione assumono le loro forme rappresentative diventando principio necessario, mentre l’ornamento racconta una storia parallela al senso dell’edificio applicandosi alle sue forme in modo didascalico.
Da qui Loos nel 1908 scriverà in “Ornamento e delitto” che l’ornamento è contraffazione, ma bisogna prestare attenzione alla definizione degli elementi attraverso la ricerca della loro forma appropriata. Loos ricercherà sempre il senso verso una forma archetipa, elementare, il tumulo e la destinazione da dare ad esso.
Il tumulo dell’architetto viennese è privo di ornamenti, ma la sua forma si compie attraverso il principio del decoro, non si ha solo la mera terra, ma una forma rappresentativa della propria identità e destinazione.
Per citare un esempio, un sostegno non è una colonna, una apertura non è una porta o una finestra. Perché questi elementi si rendano riconoscibili è necessario trasformare le forme tecniche in forme architettoniche. Tale trasformazione è compito della decorazione, intesa come millantava Vitruvio in “ricerca delle forme convenienti”.
Tutta l’architettura moderna apre la questione del rapporto fra tipo, costruzione e decoro con la volontà di superare la dicotomia, tutta ottocentesca, fra tecnicismo e storicismo.
Adolf Loos come altri suoi colleghi si pone contro la separazione delle forme tecniche dalle forme storiche, contro l’idea che l’unica possibilità di senso delle forme architettoniche sia quella di riportarle alla loro necessità tecnico-costruttiva e alla loro capacità di evocare le forme storiche. Tuttavia se escludiamo l’art-Nouveau, quella scuola/pensiero che ragionò di risolvere il linguaggio delle costruzioni attraverso l’uso di un naturalismo alquanto ingenuo, vediamo che la contrapposizione tecnicismo/storicismo dura a lungo ed è tutt’ora operante.
Adolf Loos ha la forza e il talento di stabilire un nuovo e vincente rapporto con gli architetti dell’illuminismo e trovando nel loro lascito le indicazioni necessarie per andare oltre le dicotomie ottocentesche.
Egli parte con l’individuazione, nuovamente iniziale, del rapporto fra costruzione e decoro per una nuova definizione formale.
Mentre Auguste Perret arresta la sua ricerca formale non riconoscendo che gli elementi dell’architettura moderna perdono le sembianze organiche proprie dell’architettura antica, l’architetto austro-ungarico va oltre: l’impraticabilità della forma organica e la possibilità unica di evocarla attraverso la citazione costituiscono il suo punto di vista. Diversamente da Perret, lui non attarda a ridare forma alla colonna che rimane in modo più assoluto quella della antichità; la si può citare, ma non semplificare poiché l’architettura classica è irriducibile. Si intende, allora, la forma degli elementi architettonici come rappresentazione della loro identità, attraverso le forme geometriche. E’ la geometria che si sostituisce alle forme organiche.
Se ragioniamo sui suoi progetti di case unifamiliari, ci appaiono volumi elementari che manifestano l’idea della casa come unità. Per raggiungere questo obiettivo, Loos userà il sistema “murario finestrato” e lo definirà con un muro intonacato, una superficie continua attraverso cui viene definito il volume dell’edificio per il suo riconoscimento. Il sistema trilitico, con il suo rapporto colonna/architrave si affianca a questo nuovo elemento per essere confrontato con esso.
Una citazione che evoca proprio questa metodologia è quella del celebre drammaturgo tedesco Johann Wollfgang Goethe che riferendosi all’architettura la definì “musica congelata”, poiché la musica è composizione e l’architetto deve essere un maestro d’orchestra abile ed elegante.
Se pensiamo alla composizione, non possiamo non soffermarci sulla Looshaus sita in piazza Michaelerplatz a Vienna. Il confronto fra le due parti, la parete finestrata diventa il nuovo elemento della costruzione della abitazione. Tale elemento sembra risultare dalla riduzione all’essenziale di tutte le pareti finestrate della storia urbana in Europa. La loro costruzione a meno dell’ornamento, ma non a meno del decoro.
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I rapporti fra vuoto e pieno, così come le dimensioni delle finestrature, sono ricercati volendo definire una forma stabile di questo elemento architettonico. D’altronde è proprio Loos, il più autorevole nemico dell’ornamento, a rivendicare continuamente l’importanza delle forme architettoniche, ad insistere sulla distinzione fra ornamento e decorazione, che sono nella sua architettura due termini antitetici.

Il monumento funebre dedicato a Max Dvorak ci può dare la consapevolezza di ciò che si è detto. L’analogia del monumento con la casa, la sua evidente costruzione in blocchi di pietra, il tetto a gradoni, sono tutti elementi di identificazione. Nessuno di questi appartiene al mondo dell’ornamento, tutti fanno parte del principio del decoro, attraverso il quale l’edificio assume una sua chiara e manifesta identità. Come la costruzione del tumolo in una forma che rende riconoscibile il luogo di una sepoltura.
Costruzione e decoro sono dunque due aspetti inscindibili della forma architettonica. La costruzione non è mai riconducibile ad un fatto tecnico: in quanto tale non apparterrebbe al mondo della architettura e perché vi appartenga è necessario che le sue forme siano espressive del senso dell’edificio e delle sue parti.
Questo è il programma di Loos per l’architettura che diventa l’istituzione dell’architettura moderna più avanzata. La dicotomia ottocentesca sembra definitivamente superata.
Il pensiero di questo grande uomo riassume un punto di vista già formato nella cultura illuminista e lo pone alla base del progetto della architettura moderna. Insomma una questione di decoro.

 

Per approfondimenti:

_Auguste Perret, la costruzione moderna

_J.W.Goethe, scritti sull’arte e sulla letteratura

_Adolf Loos, vecchi e nuovi orientamenti nell’architettura

_Adolf Loos, Parole nel vuoto

_Vitruvio Pollione, De Architectura

 

© L’altro – Das Andere – Riproduzione riservata

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