Dell’attentato di Parigi e dell’Isis

di Giuseppe Baiocchi del 14/11/2016

La Francia si mobilita, e la mobilitazione è da sempre indice inconfondibile della preparazione alla guerra. Ma andiamo con ordine.
Ieri Parigi, capitale della Francia e cuore dell’Europa, è stata colpita per la seconda volta in un anno da un attentato terroristico rivendicato dallo Stato Islamico, l’ISIS.
Questa volta le vittime sono ingenti: 40 le vittime, distribuite tra lo stadio nazionale parigino, mentre si giocava la partita di qualificazione agli Europei, e tra i diversi bar e ristoranti della città. L’eccidio più sanguinoso è stato però quello del teatro Bataclan che, con le sue 118 vittime, passerà ormai alla storia come una vera e propria esecuzione.
All’alba del giorno successivo, ogni popolo europeo si riscopre in cuor suo francese.
Buonsenso suggerirebbe di versare una lacrima anche per le vittime civili libiche al tempo falciate dal raid aereo francese per la cattura di Gheddafi, ma d’altronde la storia insegna che esistono sempre due pesi e due misure.
Dubbi permangono sulla vera natura del Califfato, la cui sola sigla basta per incutere terrore in Occidente. Facciamo chiarezza.
L’ISIS, o IS, sta per “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”. Trattasi di un gruppo terroristico di natura jihadista che incarna quel fondamentalismo islamico che, attraverso una multiforme costellazione di soggetti e raggruppamenti, promuove la ‘jihad’, guerra santa, contro coloro che a vario titolo sono considerati infedeli.
L’Isis nasce come una costola di Al Qaeda: Al Baghdadi fu infatti il primo successore di Abu Musab al Zarqawi, il capo di Al Qaeda dopo la morte di Osama Bin Laden.
Lo scopo dell’Isis è la creazione di un Califfato nei territori conquistati dai militanti dello Stato Islamico in Siria e Iraq. I jihadisti impongono qui la “Sharia”, ovvero la legge islamica.
Abu Bakr al Baghdadi ha annunciato la nascita del Califfato nel giugno 2014. Questa sanguinosa storia comincia però nel 2012, quando al Baghdadi sostiene la nascita in Siria di Jabat al Nusra, una falange qaedista mirata a rinnovare la strategia di al Qaeda evitando gli errori commessi in Iraq.
All’inizio, infatti, si è cercato di adottare un approccio accondiscendente nei confronti della popolazione locale, reclutando milizie volontarie del luogo e non solo stranieri, come invece faceva al Qaeda. La situazione muta radicalmente all’atto di fondazione dell’ISIS, che arriverà ad inglobare Jabat al Nusra.
Non sono certamente mancati gli scontri interni al gruppo: Al-Joulani, uno dei capi del gruppo, si staccó presto dall’Isis dichiarando di essere fedele ad Al Zawahiri, il nuovo capo di Al Qaeda.

Nella foto (da sinistra a destra): Osama Bin Laden, Abu Musab al Zarqawi, Al-Joulani, Al Baghdadi

La rete dell’Isis, però, ha finito per ammortizzare queste secessioni interne estendendo i suoi tentacoli anche al di fuori dei confini dell’autoproclamato Califfato. Fregiandosi del titolo di organizzazione terroristica più ricca di sempre, finanziando le proprie casse attraverso gli introiti derivanti dai riscatti pagati e agli ingenti finanziamenti proveniente dal Qatar, l’ascesa dell’ISIS appare oggi incontrollabile.
Tuttavia, grazie agli sforzi congiunti dell’esercito siriano e di quello iracheno, ma soprattutto grazie all’intervento di Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa il Califfato sta arretrando sia in Siria che in Iraq e non gode più dello stesso sostegno mediatico, economico e diplomatico che inizialmente gli era stato concesso.
L’Isis ha annunciato attentati contro la Russia in seguito all’intervento militare di Mosca partito il 30 settembre, col quale sono stati sistematicamente colpiti più di 1600 obiettivi dei jihadisti in tutto il territorio siriano e con conseguente avanzata dell’esercito governativo siriano.
Intanto, sono molti gli occidentali reclutati grazie al web e convinti a unirsi a questa controproducente guerra tragicamente denominata “santa”.
 
“Combattete nella via di Dio, contro coloro che vi faranno guerra, però non accedete, poichè Dio non ama quelli che eccedono.
Uccideteli quindi ovunque li trovate e scacciateli da dove essi vi avranno scacciati. Però non li combattete presso il tempio sacro, almeno che essi non vi attacchino in quello, e se essi attaccheranno uccideteli:
tale è la ricompensa dei miscredenti. Se però essi desistono, certamente Dio è indulgente e compassionevole. Combatteteli finchè non vi sia più discordia civile e sia la religione solo quella di Dio; se però essi desistono, allora non vi sia più ostilità se non contro gli iniqui.”
Sebbene tali parole siano contenute nel testo sacro dell’Islam, il Corano, la retorica del “musulmano cattivo” nell’opinione pubblica inscindibile dall’intera comunità islamica, va combattuta. Difficile è raccontare, in special modo alle famiglie delle vittime innocenti, che lo spettro di “Allahu akbar” (Allahu è grande) è stato, se non creato, ingigantito da noi stessi occidentali che, qualche anno fa, invocavamo a gran voce la caduta dell’ultimo grande leader nord africano, il colonnello Gheddafi, avvenuta poi proprio grazie ai raid aerei francesi in una controversa operazione per giunta mai approvata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.
I bombardamenti francesi non autorizzati non hanno però provocato nella comunità internazionale uno sdegno per le sorti della popolazione libica di eguale portata a quello cui assistiamo in queste ore per la Francia.
 
Questa provocante affermazione non vuole certamente essere un’apologia di Gheddafi, dittatore sanguinario, ma vuole piuttosto analizzare come l’Europa abbia incentivato la formazione del Califfato, anche grazie alla distruzione dei capisaldi che, nel bene e nel male, arginavano il caos che oggi ci si ritorce contro. L’immigrazione incontrollata cui stiamo assistendo da anni non è che l’ennesima conseguenza del crollo di queste barriere. L’Italia, dal canto suo, non ha mai mostrato di essere in grado di gestire una politica estera autonoma che fosse espressione di una volontà nazionale decisa, al punto che ancora oggi la fermezza mostrata da Craxi a Sigonella nell’ottobre 1985 è ricordata con nostalgia e orgoglio. I terroristi dell’Isis, coloro che oggi festeggiano gli eventi di Parigi e minacciano Washington, Londra e Roma, sono stati addestrati, armati e finanziati dalle stesse potenze occidentali che ora rischiano di essere colpite da nuovi attentati terroristici.
La speranza è che i musulmani presenti in Europa, gli stessi che oggi invece condannano il sangue sparso in nome del loro Dio, non dovranno sopportare la nuova violenza mediatica degli islamofobi di entrambi gli schieramenti.
 
Gli eventi di Parigi richiedono una soluzione, anche militare se necessario. Carl von Clausewitz nel suo celeberrimo saggio “Della Guerra” asseriva come la guerra, appunto, non sia che una prosecuzione della politica con altri mezzi. Quel dialogo che andrebbe sempre ricercato tra le parti, oggi appare un metodo di risoluzione datato è inutile. Un conflitto armato, del resto, non arresterà il fondamentalismo islamico su scala internazionale, ma è innegabile che la sconfitta militare dell’Isis ne attenuerebbe di molto l’influenza, sia propagandistica che religiosa. Dunque, la mia proposta di risoluzione è quella di un intervento armato risolutore che dia una spallata finale alla guerra santa di questi criminali, per poi analizzare e reimpostare un discorso di salvaguardia, non solo dell’Europa ma anche delle popolazioni civili siriane e irachene, duramente colpite da questi mesi di assedio e bombardamenti. Tristemente nota è la vendita delle schiave siriane che cadono nelle mani del Califfato. La guerra dovrebbe essere sempre evitata. Ma, come affermai tempo addietro per l’antica Palmira, davanti a certe forme di orrore pare ormai un passo inevitabile da compiere.
 
 
Per approfondimenti:
_http://www.cittanuova.it/…/Libia_e_Isis_Chi_fornisce_le_arm…
_http://www.lintellettualedissidente.it/…/la-lotta-tra-russ…/
_http://www.repubblica.it/…/news/missili_elicotteri-12953581/
_http://associazionedasandere.blogspot.it/…/la-caduta-degli-…
 
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