Expò, tra luci ed ombre

di Giuseppe Baiocchi del 26/03/2015

Queste le parole di Michele Molè dello Studio Nemesi, che sta progettando il Padiglione italia.
Alla inaugurazione dell’Expò (esposizione internazionale) di Milano 2015 manca poco più di un mese e non abbiamo sotto agli occhi “un paesaggio straordinario, il cui aspetto ricorda un’isola, ricca di spazi verdi e interamente circondata dall’acqua”, ma abbiamo un enorme cantiere di oltre 1 milione di mq che nonostante i 4000 operai e il lavoro 24 ore su 24 rischia di non essere completato nelle giuste tempistiche per clamorosi ritardi iniziali.
L’Italia ce la deve fare, l’Italia spero ce la farà: l’Expò di Milano che durerà 184 giorni sul tema del “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” è una grande occasione per ottenere commissioni a livello architettonico, ottenere posti di lavoro che al giorno d’oggi mancano e soprattutto far conoscere l’Italia e le nostre bellezze artistiche e culinarie.

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Ad oggi il nostro paese sarà visitato da 145 partecipazioni di nazioni diverse, e sette aziende internazionali hanno deciso di costruire una propria struttura a Milano, purtroppo dato allarmante 4 di esse saranno cinesi con il risultato che in tutta Expò ci saranno più padiglioni cinesi, che italiani.
Dati ufficiali riferiscono che l’investimento pubblico è pari a circa 1,3 miliardi di Euro con un contributo privato stimato sui 350 milioni di euro. L’investimento delle istituzioni internazionali sembrerebbe essere di circa un miliardo di euro di cui più della metà (600 milioni) è relativo alla costruzione di infrastrutture e il restante si riferisce alla loro gestione. Tutto per accogliere 20 milioni di visitatori previsti.
Il Padiglione Italia dello Studio Nemesi è certamente il manufatto centrale del complesso ed è l’unico che rimarrà sicuramente nel “dopo Expò”.
Posto lungo il cardo del Castrum progettuale, il Padiglione italia è situato al centro dell’articolazione urbanistica godendo della posizione privilegiata che si riserva al paese ospitante, come fosse il fondale scenico dell’intera composizione. Nasce seguendo il concetto identitario italiano della comunità tipica dei borghi italiani riunendosi in una piazza intorno a una serie articolata di volumi più o meno connessi.
Il manto della sua epidermide ci appare come una immensa foresta pietrificata, fitta di linee di forza ed ombre: 900 pannelli tutti diversi e brevettati appositamente da Italcementi pensati con una tecnologia fotocatalitica e biodinamica, capace cioè di “mangiare lo smog”. Un fattore, questo, che si aggiunge al fotovoltaico contribuendo il padiglione Italia ad essere classificato come edificio ad emissione 0. E’ costituita da quattro volumi, sei piani fuori terra per un totale di oltre 13000 mq.
I volumi puri sono divisi in blocchi funzionali e articolati intorno ad un grande vuoto centrale: a ovest la zona espositiva, a sud la parte auditorium ed eventi, a nord gli uffici e le rappresentanze, infine a est la zona meeting, il tutto raccordato sotto una grande copertura conica vetrata per far piovere luce naturale nella hall a tripla altezza.
La scoperta interna del suo gradevole percorso espositivo introduce il visitatore in un architettura “naturale” di gusto dove sui rooftop vi sono un ristorante di livello, una terrazza panoramica e spazi istituzionali di rappresentanza.
Tantissimi, come era prevedibile sono i progettisti italiani coinvolti: Expò è stata un ottima occasione per lavorare e acquisire visibilità internazionale.
_Studio Nemesi ha progettato il Padiglione Italia e il Padiglione dell’azienda cinese Joomoo
_Italo Rota ha lavorato per il Padiglione promosso da Vinitaly e al Padiglione del Kuwait
_Piuarch ha ideato l’edicola della Caritas ambrosiana e il padiglione Enel
_Michele de Lucchi insieme a Rampello ha progettato il Padiglione Zero e quello di Impresa S.Paolo
_Carlo Ratti Associati ha progettato il Future Food District, un supermarket Coop ed una piazza
_Mario Cucinella il Padiglione Granarolo
_Antonio Citterio e Patricia Viel hanno curato l’accessibilità al sito
La parola d’ordine è stata quella dell’eclettismo e della provvisorietà, visto che le strutture saranno quasi tutte smontate e in alcuni casi rimontate.
Dal mio personale punto di vista a livello architettonico nonostante alcuni Padiglioni gradevoli e di interesse come quello Belga, austriaco, francese, inglese e polacco l’esposizione rimane “sbiadita” ovvero rispetto al tempo in cui le esposizioni universali celebravano la modernità, con gli stati nazionali che gareggiavano per chi avesse il Padiglione più eclettico e con gli architetti che sperimentavano tutto il loro ingegno, questo Expò, è lontano anni luci dai tempi “eroici” di Buckminster Fuller che costruì una delle sue più grandi cupole geodesiche nell’Expò di Montreal del 1967 o di Kenzo Tange che all’Expò di Osaka 1970 realizzò un’enorme manufatto metabolista sospesa su quattro pilastri e delle dimensioni di circa 100 metri per 200, pari a quattro campi di calcio, ma anche gli altri progettisti non furono da meno: chi realizzò strutture pneumatiche, chi costruzioni interrate, chi arditi grappoli di capsule prefabbricate e fra i tanti ricordo un giovanissimo Renzo Piano allora ai suoi esordi.
E’ da numerosi Expò che non si vede una concentrazione di Padiglioni degni di nota, “il dramma del nostro tempo è che non c’è più il futuro di una volta” manca un’idea di futuro che muova gli animi e convinca gli espositori ad abbandonare ciò che attrae perché semplicemente scenografico in favore di ciò che conquista perché profetico.
Certo, in questo Expò di Milano l’idea iniziale era certamente nobile: costruire poco e dare la parola alla terra e al cibo, sostenendo che oggi per generare progresso occorra fare un passo indietro.
Come detto, però, l’ipotesi espositiva era troppo forte e forse poco scenografica comportando una cooperazione di intenti fra troppe realtà nazionali ed economiche. Così si è deciso di “sbiadire” il tutto allestendo un Expò piacevole, ma lottizzando per padiglioni come tanti altri. Forse ce ne saremo dimenticati della loro importanza appena verranno chiusi e si dovrà tirare le somme.
 
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